C’è chi è ancora togo

Immagine di cartellone con la scritta “Abbiamo i clienti più toghi del mondo!”

Questo cartello visto a un distributore di benzina in Sardegna ha attirato la mia attenzione perché era parecchio tempo che non sentivo o leggevo l’aggettivo togo, che ritenevo ormai caduto in disuso. Invece anche sui social si trovano occorrenze recenti, in particolare al plurale in locuzioni come sono troppo toghi!

La mia impressione però è che l’uso sia ristretto ad alcune fasce d’età (persone non giovanissime) e probabilmente anche a diverse provenienze regionali.

I dizionari concordano sul significato di togo (magnifico, eccellente, di lusso, di gran classe), sul registro scherzoso e sull’entrata in uso verso la fine del XIX secolo, ma non su altre marche d’uso e sull’origine, che è incerta.

Da cosa deriva togo?

Per il Vocabolario Zingarelli togo è di uso settentrionale e centrale e potrebbe derivare dalla forma maschile di toga, forse con con allusione alla magnificenza della sopravveste. Per il Vocabolario Treccani invece l’uso è dialettale e gergale e deriverebbe dall’ebraico ṭōb, “buono, eccellente”. Stesso possibile etimo anche per il Vocabolario Devoto Oli e per il Dizionario De Mauro, che classifica togo come di basso uso.

Il biscotto Togo

immagine di confezioni di biscotti TOGO

Togo è anche il nome di un “biscotto-bastoncino ricoperto al cacao” in commercio dal 1970 e prodotto da Pavesi, che spiega che il marchio rimanda all’Africa e all’espressione dialettale piemontese usata per dire “eccezionale!”. Inoltre, la prima campagna pubblicitaria del biscotto “richiamava con un gioco di parole la forma del prodotto: Togo, il dritto”.

Variazioni diacroniche

Lo slogan del biscotto ora suona parecchio datato e mi pare anche una conferma indiretta che l’aggettivo togo ha passato già da tempo il suo picco d’uso. La mia impressione è che sia stato sostituito in gran parte da figo, parola più recente (anni ‘70) e molto più produttiva (esempi: figata, fighetto, figaccione, figaccitudine…) e che negli anni ha perso eventuali connotazioni volgari. Forse però l’aggettivo figo è ritenuto ancora troppo colloquiale da chi ha ideato il cartello visto dal benzinaio.

20 commenti su “C’è chi è ancora togo”

  1. Anna B.:

    Cara Licia, grazie per questo post. “Togo” fa parte del mio “lessico famigliare”: era una delle parole preferite di mio papà, classe 1943, piemontese. Confermerei quindi la tua impressione sull’uso da parte di persone non più giovanissime.

  2. Francesco:

    Nell’articolo non viene menzionato l’unico modo per cui un 25enne come me (non piemontese) conosca questa espressione al di fuori della marca di biscotti, cioè grazie al personaggio di Silvano Rogi, il ragioniere che a 30 anni viveva ancora dalla mamma, della serie tv Camera Cafè (nata ormai 15 anni fa) che come tormentone aveva proprio “togo!” o “Troppo togo!”

  3. Enrico:

    Credo che le occorrenze sul web di “Troppo togo!” derivino, in parte, anche da una serie TV di qualche anno fa, “Camera Cafè”, in cui un contabile mammone e “sfigato” usava quest’espressione per essere più socialmente accettato (con scarsi risultati).

  4. m.fisk:

    Lei studia troppo e vede troppa poca televisione! L’aggettivo “togo” è stato rispolverato e portato in nuovo auge dalla nota striscia televisiva Camera Café, ove veniva costantemente utilizzato dal bel Silvano.

  5. Matteo:

    Sono di Roma, nato nel 1990, e non mi è mai capitato di sentirlo né dalle mie parti, né in Friuli, dove ho passato diverso tempo…

  6. Asandus:

    In Piemonte si usa ancora; lo pronunciano “togu” e a seconda del sistema di riferimento lo potrebbero scrivere “tògo”, con la “ò” accentata che si pronuncia O e quella senza che si pronuncia U. Però, prima che rispolverassero termini così retrò a “Camera Café”, non avevo più sentito “togo” da decenni! E giustappunto a CC l’hanno messo in bocca allo sfigato di turno…

  7. Dioniso:

    Nella mia vita ho sentito usarlo solo da un compagno di scuole superiori reatino. Infatti pensavo si trattasse di un termine dialettale reatino.

  8. Daniela:

    Usato in tutta la mia adolescenza-giovinezza, in tutt’altra zona d’Italia (punta dello stivale). Circolava anche la versione “toco” ma, se ricordo bene, era considerata una po’ tamarra….

  9. alessandro:

    A Spezia, quand’ero bambino (cioè negli anni sessanta), tutti i bambini usavano “togo”.
    E, sì, mi sembra sensato dire che sia stato sostituito in gran parte dal ben più diffuso “figo”, con tutti i suoi derivati (figata, fighetto, figaccione, strafiga, fighettoni ecc.).
    Tuttavia i redattori correggono sempre “figo” in “fico”, di cui ritengono “figo” una variante settentrionale.
    E certamente nel resto d’Italia ci saranno molte persone che dicono “che fico!” o (forse) anche “che fica!”. Ma davvero ci sono pure persone che dicono “ficata”, “fichetto”, “ficaccione”, “strafica”, “fichettoni” ecc.?
    Io ho l’impressione che usino altre parole, più o meno gergali, di significato analogo. Ma potrei sbagliarmi.
    Qualcuno sa illuminarmi?

  10. Mauro:

    Come già scritto su Twitter: ho 50 anni e in Liguria mai sentito (per lo meno di sicuro non era usato quand’ero ragazzo o dopo nelle provincie di GE e SV, SP ho cominciato a frequentarla da adulto e IM la ho sempre frequentata poco).
    Ai tempi, aggiungo, frequentavo spesso anche Milano e neanche lì mai sentito.

  11. alessandro:

    @Mauro, visto che hai una decina d’anni meno di me, i conti tornano: come dicevo, ricordo che “togo” fosse usatissimo a SP negli anni sessanta, tra noi bambini. Già nei settanta, in età da medie superiori e oltre, non ricordo casi in cui si usasse, anche se non saprei dirti se a quel punto fosse stato abbandonato anche dai bambini. In ogni caso, a SP era stata sempre considerata una parola da bambini: era togo un giocattolo, forse un cartone animato, un album di figurine, ma credo che nessuno abbia mai definito togo “Quarto potere” o l’album bianco dei Beatles o “Se una notte d’inverno un viaggiatore”…

  12. Lele:

    In Oltrepò pavese, nei primi anni Settanta, si usava. C’era perfino chi aveva creato il superlativo toghèrrimo. Poi, è vero, se n’è perso l’uso.

  13. Mauro:

    @alessandro
    Tenendo conto che la provincia di La Spezia io oltretutto ho cominciato a frequentarla veramente da universitario e non da bambino, i tempi del “togo” erano quindi ancora più lontani.
    Però queste mode lasciano delle “code” e visto che nella mia provincia di Genova e in quella di Savona (in cui facevo le vacanze da bambino) non me lo ricordo neanche nei primi anni ’70, vuol dire che in queste province era comunque decisamente meno diffuso (sempre che lo fosse stato) che nello spezzino.

  14. alessandro:

    @mauro
    Confermo quanto dici: neanch’io ricordo di aver mai sentito usare “togo” da amici genovesi o della riviera di Ponente (che tuttavia ho iniziato a frequentare a fine anni settanta).

  15. Gianni:

    Credo sia pressoché fuori di dubbio che per spiegare l’uso di “Togo” in questione non sia necessario recuperare l’etimologia o i vecchi usi regionali. Probabilmente i parlanti (enunciatori) del cartello non conoscevano nemmeno in significato “dizionariale” della parola. Penso che l’uso derivi – come succede quasi sempre – dai media. Qui in particolare dalla televisione di una decina di anni fa.
    In “camera cafè” era un’espressione molto usata, irriverente e mi è capitato molto spesso di sentirla emulata. Il personaggio che la utilizza è un ragioniere spesso bistrattato, e che quando dice “togo!” suscita una certa tenerezza.

    La sociolinguistica a volte sembra tenere gli occhi chiusi di fronte ai discorsi dei nostri interlocutori principali, cioè i media.
    Un saluto togo

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