Tanti hacker: buoni, cattivi, etici, “maliziosi”…

immagine di ragazzo con felpa con cappuccio, al computer, ed esempio di messaggio di hacker sul profilo Facebook di Matteo Salvini: “Sono gay #AnonPlus”

La parola hacker è ormai ricorrente nella politica italiana: diversi siti di partiti e politici hanno subito attacchi e intrusioni, ieri (8 febbraio 2018) sono stati hackerati il sito e il profilo Facebook del segretario della Lega Matteo Salvini.

Hacker, una parola ambigua

Nell’uso comune hacker ha connotazioni negative: è il pirata informatico che penetra abusivamente in un sistema per accedere a dati riservati o per sabotarlo, ad es. rendendo un sito inaccessibile o sostituendone il contenuto (cfr. defacing, letteralmente “sfregiare, sfigurare”).

In ambito informatico hacker ha connotazioni neutre e implica particolari conoscenze e abilità tecniche. Nell’accezione originaria escludeva chi agisce con intenti malevoli, che invece è un cracker – dettagli in Hacking e hackeraggio.

Per evitare ambiguità, al sostantivo hacker ora viene spesso associato un aggettivo o una descrizione che indica esplicitamente intenzioni e motivazioni per aggirare i sistemi di protezione di un sistema e accedervi senza autorizzazione.

Dai cowboy agli hacker, il cappello fa la differenza!

In inglese generalmente si distingue tra white hat [hacker], chi viola i sistemi per testarli e individuare le vulnerabilità, e black hat [hacker], chi invece opera con intento malevolo.

È una metafora che rimanda ai primi film western americani, dove per convenzione i buoni indossavano un cappello bianco e i cattivi un cappello nero.

In italiano vengono spesso usate le descrizioni inglesi, che però sono trasparenti solo se se ne conosce già il significato. In pratica equivalgono al classico buoni e cattivi.   

[immagine di un cappello nero, uno grigio e uno bianco] Descrizione: Originating from the sartorial choices of cowboys in old Westerns, “abd guy2 hackers are known as black hats and “good guys” as white hats. Hackers who occupy the space in between became known as grey hats.

Hacker etico

Gli hacker “buoni” (white hat) sono conosciuti come hacker etici. È una traduzione letterale di ethical hacker che non mi convince perché in italiano si associa l’aggettivo etico a nomi astratti come ad es. comportamento, atteggiamento, codice, valore, principio, contenuto ma non a persone.

Si tratta però di un calco così diffuso che ormai non è più criticabile. In inglese dà anche il nome ad alcune certificazioni professionali, come Certified Ethical Hacking (CEH). 

Hacker “malizioso”? Solo se è un falso amico!

È invece inaccettabile la locuzione hacker malizioso, vista in La rivolta degli informatici contro Casaleggio e poi corretta in hacker malevolo dopo un mio tweet.

È un errore comune, un’interferenza dell’inglese causata da traduzioni letterali come software o codice o programma malizioso, dall’inglese malicious.

Sono falsi amici: in inglese malicious vuol dire malevolo, malintenzionato, che agisce con intento doloso. Se ne trova traccia anche in malware, parola macedonia formata da malicious+software.

In italiano invece malizioso descrive chi pensa male, chi agisce con furbizia oppure qualcuno o qualcosa carico di sottintesi e allusioni.


In tema, parole derivate dal verbo inglese hack
♦  Hacking e hackeraggio
♦  Da hack, hacking, hacked… a lifehack 
♦  #hackschool, hackathon e H-ACK per il MIUR

Vignetta di colloquio di lavoro. Al candidato viene mostrato un cappello bianco: “Your security skills are excellent, and your references are good. But before we bring you on board, please try on this white hat”

1 commento su “Tanti hacker: buoni, cattivi, etici, “maliziosi”…”

  1. Marco B:

    Il black hat si distingue dall’hacker buono anche nell’iconografia, poiche’ indossa necessariamente la felpa col cappuccio, gli occhiali neri, e digita sulla tastiera indossando un paio di guanti spessi. Quest’ultima cosa e’ segno di particolare abilita’ tecnica – provate a scrivere qualcosa con i guanti da sci e vedrete.

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