La rivista americana TIME ha scelto come Person of the Year per il 2017 The Silence Breakers, chi ha rotto il silenzio sulle molestie sessuali subite e le ha raccontate, in particolare sui social dove le ha condivise con l’hashtag #metoo.
Molti media hanno dato rilievo a una dichiarazione del direttore di TIME che sintetizza le motivazioni della scelta:
Un sintagma ostico
In italiano ho letto due notizie che riportavano la dichiarazione e in entrambe è stata fraintesa, temo per scarse conoscenze grammaticali che hanno impedito di interpretare correttamente il sintagma the fastest moving social change.
Nel primo esempio tre parole sono state addirittura lasciate in inglese, come se fossero intraducibili:
I sintagmi nominali vengono realizzati in modo diverso in lingue diverse: in inglese l’elemento principale che determina la funzione sintattica (“testa”) è in posizione finale, mentre in italiano di solito è iniziale. Nella traduzione però non basta invertire l’ordine degli elementi perché non è sempre lineare.
Immagino che chi ha tradotto abbia considerato solo l’opzione [fastest [moving [social change]]] e non sia riuscito a darle un senso. L’interpretazione corretta è infatti un’altra, [[fastest moving] [social change]] e cioè il cambiamento sociale più rapido (fastest moving) visto negli ultimi decenni.
Errore di altro tipo nel secondo esempio:
All’aggettivo social è stato attribuito il significato che ha in italiano, ma non in inglese, di “relativo ai social media” anziché “che riguarda la società”. L’elemento temporale in decades però avrebbe dovuto segnalare l’anacronismo: non è da molti anni che i social hanno un ruolo così rilevante nelle società occidentali.
È anche possibile che moving abbia fatto pensare a movement e sia stato considerato come testa del sintagma, anche se in inglese solo l’elemento finale può avere questa funzione.
Questioni di grammatica!
Ho descritto questi errori perché i sintagmi nominali complessi dell’inglese rappresentano una difficoltà di traduzione diffusa, specialmente nella localizzazione di stringhe di software che comprimono molte parole in poco spazio formando i cosiddetti “noun stack”.
Nella traduzione verso le lingue romanze il diverso ordine delle parole costringe a rendere esplicite le relazioni tra gli elementi che invece in inglese possono rimanere implicite e per questo a volte ambigue. Una buona consapevolezza grammaticale può aiutare ad evitare errori: esempi e suggerimenti in “noun stack” e sequenze di aggettivi.
Giovanna:
Molto interessante! Non lavoro con l’inglese, ma tutti questi equivoci mi confermano quello che ho sempre pensato: meglio affidare le traduzioni a un professionista che ha trascorso un periodo prolungato (parlo di anni) della sua vita nei paesi delle sue lingue di lavoro. Falsi amici, registri, peculiarità sintattiche e lessicali,connotazioni ecc. ecc. si “digeriscono” solo nella vita quotidiana.
John Dunn:
Ma c’è un errore nel testo inglese che favorisce il fraintendimento. Sarebbe stato meglio scrivere ‘the fastest-moving social change’
Se si tratta di sintagmi nominali complessi, il mio esempio preferito sarà:
A spare stone hot-water bottle washer (una cosa che esiste davvero: qualche anno fa ho dovuto comprarne una).
Isa:
Meglio affidare le traduzioni a un professionista, punto. Io traduco da 15 anni con discreto successo e i noun stack, i falsi amici e tutti gli altri ostacoli li so affrontare anche senza aver vissuto anni all’estero; dirò di più, vivere costantemente immersi nell’ambiente della lingua di partenza erode la padronanza dell’italiano e impedisce di seguirne l’evoluzione “in diretta”; naturalmente viaggiare è importante, anche solo per abituare l’orecchio alle varietà di cadenze e accenti. Ma lo strumento principe del lavoro del traduttore è la lingua madre, non la lingua seconda, per la quale la competenza che serve alla traduzione si può costruire anche senza muoversi da casa. Esagero: cialtronerie come quelle segnalate da Licia in questo post vengono precisamente dalla convinzione che per tradurre basta aver girato un po’ il mondo…
Giovanna:
Forse non mi sono spiegata bene, non intendevo certo dire che per fare il mestiere del traduttore basta “girare un po’ il mondo”. Secondo me un professionista per essere tale, oltre ad avere alle spalle una formazione di traduttore e interprete (non lingue e letterature moderne) dovrebbe anche aver trascorso un periodo prolungato nel paese in cui si parlano le lingue con le quali lavora. Ovviamente la lingua di arrivo è la lingua madre, ma non sono d’accordo che “la competenza che serve alla traduzione si può costruire anche senza muoversi da casa”. Al contrario, è indispensabile immergersi nella cultura di una lingua per poterla veramente padroneggiare e, quindi, tradurre.
Daniele A. Gewurz:
Vorrei sapere da Giovanna, per curiosità, se è lei stessa una traduttrice professionista, o se ne conosce di persona. Avendo una qualche esperienza nel settore, le posso dire che le caratteristiche che elenca – “formazione di traduttore e interprete” (che è un po’ come dire “diploma in clarinetto e violoncello”) e “periodo prolungato nel paese…” – non sono né necessarie ne sufficienti. Ci sono traduttori bravissimi che ne hanno una o, forse la maggior parte, nessuna.
Tornando in tema, prima che Licia si innervosisca e ci cacci, l’operato di chi ha “tradotto” quella frase (chi sono?) ricorda molto da vicino l’approccio dei ginnasiali che hanno studiato poco e che, a orecchio, giustappongono un po’ di parole che suonano vagamente come quelle dell’originale. (Infine, “il movimento X è il movimento che si è mosso”, persino se il senso avesse qualcosa a che fare con quello vero, non si può sentire.)
Luca Sommacal:
Io, nella mia ignoranza, ho interpretato “moving” nel senso di “che causa emozione”, visto anche l’argomento. Concordo con John Dunn che il trattino (hyphen) avrebbe tolto ogni ambiguità.
rinpfi:
L’errore è scarsa conoscenza della grammatica inglese.
Non mi occupo di traduzioni , ho una laurea in chimica ma l’ordine di traduzione , specifico per ogni lingua latino compreso , è la prima nozione che ho imparato e non ho mai dimenticato.
Marco B:
Un po’ di ambiguita’ rimane comunque anche in inglese, ci ha giocato Lewis Carroll nell’episodio della Finta Tartaruga:
Then the Queen left off, quite out of breath, and said to Alice, “Have you seen the Mock Turtle yet?”
“No,” said Alice. “I don’t even know what a Mock Turtle is.”
“It’s the thing Mock Turtle Soup is made from”, said the Queen.
Licia:
credo sia impossibile classificare le competenze più importanti per tradurre perché intervengono molti fattori, ognuno con un peso diverso a seconda del tipo di traduzione (ad es. letteraria vs tecnica).
Qui nel blog descrivo spesso falsi amici trovati nei media italiani, quindi singole parole o locuzioni tradotte letteralmente. Sono convinta che per evitarli sia più importante un’ottima padronanza della propria lingua: dovrebbe consentire di capire subito se la parola tradotta letteralmente ha senso all’interno della frase oppure se è il caso di fare qualche verifica (le risorse per farlo velocemente non mancano e consentono di colmare le lacune lessicali nella lingua di partenza). Dai giornalisti mi aspetterei una conoscenza del lessico italiano superiore alla media: chiedo troppo?
Se però non si ha una buona conoscenza della lingua di partenza, in tutti i suoi usi, diventa più difficile riconoscere le collocazioni e quindi escludere subito interpretazioni alternative che sono grammaticalmente corrette ma non altrettanto abituali. Fastest moving, ad esempio, è riconducibile a fast-moving, collocazione così frequente che è anche lemmatizzata dai dizionari. Ci sono meccanismi umoristici che sfruttano proprio le collocazioni e giocano con alternative alle interpretazioni altrimenti automatiche (quando trovo una battuta decente la aggiungerò a questo commento!).
@John bello l’esempio di spare stone hot-water bottle washer, non sapevo neanche che esistessero hot-water bottle fatte di pietra o ceramica, e infatti ho scoperto che in italiano questo oggetto chiama scaldaletto inglese. È anche un ottimo spunto per ricordare che a volte il modo più veloce per capire come va interpretato un sintagma nominale complesso è attraverso una ricerca per immagini.
John Dunn:
Un vecchio doppio senso (che fa parte dell’umorismo della scuola elementare):
What is the difference between a man eating fish and a man-eating fish?