Il Corriere della Sera ha intervistato il prefetto di Roma, Paola Basilone, sulle modalità dello sgombero di migranti da piazza Indipendenza lo scorso 24 agosto. L’articolo inizia con questa dichiarazione:
Di sicuro queste parole non sono state scelte a caso e quindi c’è da chiedersi cosa voglia significare operazione di cleaning, un anglicismo che non risulta familiare perché non fa parte del lessico italiano. Purtroppo l’intervistatore è stato superficiale e non ha chiesto di motivare l’uso dell’insolita locuzione.
In questo contesto la parola inglese cleaning è in qualche modo giustificata o si tratta di un uso improprio? In mancanza di spiegazioni dirette, per rispondere si può provare un’analisi lessicale.
Cleaning
Il verbo inglese clean è neutro e generico ed equivale al nostro pulire: levare sporco o macchie. Cleaning è un’azione di pulitura e riferito a una piazza vuol dire rimuovere la spazzatura, lavare la superficie stradale e operazioni simili che in una città sono di routine.
Cleaning operation fa pensare a una procedura particolare o una pulizia più sistematica, ma si tratta comunque di rimozione di sporcizia e non descrive l’allontanamento di persone. Per avere una conferma veloce basta fare una ricerca per immagini:
Cleaning up
Forse Basilone ha fatto confusione e intendeva invece cleaning up? Ha dichiarato infatti che si trattava di riportare l’ordine […] di ristabilire le regole.
Il verbo clean up vuol dire pulire a fondo, rimuovendo quanto crea disordine, per ripristinare la stato precedente (ad es. clean up the mess in the kitchen). In senso figurato vuol dire riportare l’ordine o bonificare, eliminando da un luogo o da un’attività comportamenti scorretti o criminosi (ad es. clean up politics, clean up the streets from drugs).
Cleaning out
In alternativa, il verbo clean out vuol dire sgombrare, svuotare per fare pulizia (ad es. clean out the fridge) ma anche fare piazza pulita. In inglese americano, riferito a persone, ha anche il significato figurato di costringere a lasciare, espellere, allontanare con la forza (ad es. clean out the bad guys).
Cleansing
Va considerata anche una parola alternativa, simile a cleaning ma più inquietante nella sua associazione a persone: cleansing.
Il verbo cleanse /klɛnz/, allotropo di clean, vuol dire pulire a fondo la pelle rimuovendo le impurità ma ha anche il significato figurato di mondare (ad es. dai peccati) e soprattutto di epurare, come nell’agghiacciante espressione ethnic cleansing, la pulizia etnica.
Clearing [aggiornamento]
Come fa notare Sviesda nei commenti, si può fare anche un’altra ipotesi: è stata fatta confusione tra clean e clear, che riferito a persone vuol dire allontanare, disperdere, [far] sgomberare (ad es. the police cleared the crowd; the area was cleared of protesters).
Itanglese istituzionale
Qualunque fosse l’intenzione di Basilone*, trovo inopportuno che un funzionario dello stato usi anglicismi a caso. È una conferma dell’abitudine sempre più diffusa di chi ci governa di ricorrere all’itanglese per edulcorare concetti poco gradevoli.
Come ho già osservato, ritengo che l’abuso di inglese sia una mancanza di rispetto per i cittadini e si rifletta negativamente su chi li usa. Mi auguro, senza molte speranze, che nei contesti istituzionali si diffondano i criteri di condotta per l’uso di anglicismi identificati dal linguista Francesco Sabatini:
Come abbiamo visto, [operazione di] cleaning non rispetta il primo requisito e, considerate le perplessità che ha suscitato, neppure il quarto. Traete voi le conclusioni…
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Vedi anche:
♦ Elenco di anglicismi istituzionali
♦ Le differenze tra rifugiati e migranti
♦ Per il Portale Treccani: Le comunicazioni istituzionali e il rischio dell’inglese farlocco
* Spunto per questo post è uno dei numerosi commenti su Twitter, dove è stato osservato che l’apparentemente asettico cleaning potrebbe avere anche un’altra motivazione: evitare confusione o associazioni tra pulizia e polizia. Cosa ne pensate?
Nautilus:
Ho controllato le generalità della Basilone: è nata a Napoli nel 1953. Dunque non è una che ha fatto la Bocconi negli anni anni ’90, ma nonostante ciò credo che dietro il suo “operazione di cleaning” non ci sia nulla di particolare, se non la tendenza generalizzata a infilare inutili anglicismi un po’ dappertutto. Certo, da una persona della sua età mi sarei aspettato un linguaggio diverso, ma è anche possibile che a quel livello istituzionale si facciano abitualmente riunioni in cui è in voga esprimersi in modi cui noi non siamo avvezzi.
Invece l’idea della possibile confusione tra polizia e pulizia mi sembra poco realistica.
Sviesda:
Uso approssimativo di anglicismo. Si tende a farlo ma risulta credibile, autorevole e appropriato solo se chi li usa ha un’ottima conoscenza dell’inglese, tenendo conto però di chi ascolta. Ma in uso dai rappresentanti istituzionali no: suona male. Qui è per velocità, sintesi, ormai consuetudine. Allora “clearing” sarebbe stato più appropriato.
Licia:
@Sviesda, grazie! Ho dato per scontato che il giornalista abbia riportato le parole correttamente, anche perché non mi pare ci siano state rettifiche smentite nonostante il clamore suscitato dalla dichiarazione. Ora però che lo fai notare si possono fare altre due ipotesi:
– errore del prefetto che ha confuso cleaRing e cleaNing
– errore del giornalista che ha capito e riportato la parola sbagliata
In entrambi i casi torniamo ai criteri 1 e 4 di Sabatini!
mav:
Una considerazione: tra i commenti letti in giro e molti consideravano l’uso di “cleaning” attribuendone il conio o la scelta al prefetto.
Mentre è vero che la scelta delle parole e quindi di come comunicare i concetti (anche la forma oltre alla sostanza) è una precisa responsabilità di tutti e in particolare di un rappresentante dello Stato e del governo rispetto a fatti controversi, non sono certo della volontà cosciente di voler addolcire la pillola usando un anglicismo come un eufemismo nebbioso mascherato da tecnicismo.
E se invece il prefetto si fosse semplicemente fatta scappare un tecnicismo in uso tra gli addetti ai lavori nelle prefetture, questure, caserme, ministero dell’interno, etc?
Magari un tecnicismo proveniente da corsi e convegni fatti coi colleghi d’oltremanica o oltreoceano e poi travisato, mal trascritto, e perpetrato incurantemente come tutti i tecnicismi che si usano ma non si comprendono a fondo.
Esempio da altro contesto.
Il progetto è sfidante ma sono confidente che con l’operazione di reverse engineering sul modulo e la traduzione dei bundle potremo ridurre il training a 10gg.
Sfidante (challenging) e confidente (confident) mi fanno storcere il naso; reverse engineering e bundle(s) sono concetti tecnici specifici che il destinatario comprende immediatamente (se del campo), mentre una (avventurosa) traduzione richiederebbe magari un chiarimento.
Training invece viene tipicamente riportato con il termine di ampio uso “formazione”, ma avendo colleghi all’estero si parla spesso di training e quindi può scappar detto anche in un discorso in italiano.
Licia:
@mav, concordo che se intendeva cleaRing è probabile che avesse in mente un tecnicismo, per quanto distorto. Se così fosse mi domando però perché non ci sia stata alcuna rettifica che avrebbe potuto smorzare le polemiche: un “sono stata fraintesa” con le opportune spiegazioni sarebbe stato più che giustificato in questo caso.
Aggiungo che prima di pubblicare l’aggiornamento di ieri, Cleaning o clearing?, ho anche provato a verificare l’ipotesi tecnicismo facendo una ricerca per “clearing” in poliziadistato.it e interno.gov.it ma non ho trovato nessuna occorrenza rilevante.