Una delle parole dell’estate 2017 è Xennial, perlomeno a giudicare da quanti ne stanno discutendo in inglese e quindi, di riflesso, anche in italiano.
Il neologismo Xennial indica chi è nato tra il 1977 e il 1983 ed è caratterizzato da un’infanzia analogica e una vita adulta digitale (senza Internet da bambini, sempre online da grandi!). Il nome è una parola macedonia formata da X Generation e Millennial, le due generazioni tra cui si collocano gli Xennial.
“Post-Gen X, Pre-Millennial Generation”
Generazione X identifica i nati tra l’inizio degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘80. Il nome è stato coniato negli anni ‘50 – la X indicava l’incognita di un futuro allora incerto – ma si è diffuso nella cultura popolare grazie al romanzo Generation X di Douglas Coupland, uscito nel 1991. La Generazione X, nota anche come “generazione MTV” dal nome del canale televisivo musicale, sarebbe caratterizzata da cinismo, apatia, sfiducia verso istituzioni e tradizioni.
Millennial o Generazione Y descrive invece chi è nato tra il 1982 e il 2004 e quindi è diventato o diventa maggiorenne all’inizio del XXI secolo. Caratteristiche dei Millennial: perfettamente a loro agio con le tecnologie digitali e uso dei social, sicuri di sé, ambiziosi, intraprendenti ma anche narcisisti.
Gli Xennial sono cresciuti con le tecnologie pre-digitali della Generazione X (telefoni fissi, fax, Walkman, musicassette, lettere di carta…) e hanno imparato solo poi l’uso di Internet, smartphone, social che i Millennial invece conoscono fin da piccoli. Sarebbero inoltre dibattuti tra il pessimismo della Generazione X e l’ottimismo dei Millennial.
Tra i nomi alternativi degli Xennial c’è anche Oregon Trail Generation, da un videogioco per Apple II a quanto pare molto diffuso nelle scuole americane verso la fine del secolo scorso.
Dopo i Millennial
Il linguista Ben Zimmer, alquanto scettico sul concetto di Xennial, si è già domandato come dovrà essere chiamato chi appartiene al periodo di transizione tra i Millennial e la Generazione Z (o Post-Millennials o iGeneration, i nati dal 1995 al 2010). Saranno forse Zennials o MillenZ? Aggiornamento: pare invece che si sia affermato Zillennials.
Intanto una startup italiana che si occuperà di politica dal punto di vista dei giovani ha scelto di chiamarsi Yezers, nome in tipico itanglese che viene spiegato in questo modo: Yezers è composto da due parti, Yez e ers. Yez contiene Y e Z, le due generazioni che rappresentiamo Y e gli Z. ers, è ciò che ci identifica come membri di un gruppo: i ragazzi Y e Z. Dubito che in un contesto italiano il nome e la spiegazione risultino davvero trasparenti e memorabili.
Zoomer
[Aggiornamento gennaio 2020] Grazie a un meme, negli Stati Uniti per la generazione Z si è diffuso il neologismo sarcastico zoomer, modellato su boomer (cfr. ok boomer in 10 parole dell’anno 2019).
Vedi anche: Occasionalismi o neologismi? (un metodo per valutare se le parole nuove entreranno definitivamente nel lessico o scompariranno dopo poco tempo).
Fonti: If you were born between 1977 and 1983, there’s a new name for you, Hey 30-somethings, you’re a Xennial, Xennial e Wyrd Design.
Mauro:
Riporto anche qui quanto ti ho già scritto su Twitter, magari qualche lettore qui non è anche là 🙂
Bisogna veramente inventarsi un nome (tra l’altro generalmente stupido) per ogni categoria di età?
A me basta dire ventenni, quarantenni, sessantenni, ecc. E per chi non vive fuori dal mondo in queste definizioni c’è già tutto.
Nautilus:
“a microgeneration born during the cusp years…”. Stupenda l’espressione simil-matematica “cusp years”!
Paoblog:
Senza nulla togliere alla puntuale analisi di Licia, mi vien da dire che il punto l’ha centrato Mauro con il quale concordo appieno.
Senza dimenticare quanto scritto da Paolo Attivissimo sui (presunti) nativi digitali: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/per-favore-non-chiamateli-nativi-digitali/
Nautilus:
Direi che non è il caso di preoccuparsi più di tanto.
Oggi assistiamo a una produzione di novità linguistiche che ha caratteristiche quasi “dissenteriche”. D’altra parte (e fortunatamente) maggiore è il numero per unità di tempo (=frequenza) di novità immesse nella nostra lingua e minore è il ciclo di vita delle stesse. Una specie di legge di conservazione (per chi – tipo Mauro e me – ama un approccio fisico ai fenomeni della realtà).
Certo, siamo bombardati continuamente da nuovi termini, espressioni e modi di dire, ma basta non farci caso, anche se mi rendo conto che siamo immersi in una sorta di fastidioso inquinamento linguistico.
Mauro:
@ Nautilus
“Inquinamento linguistico”: definizione centrata e perfetta.