Ha spazio anche nei media italiani Russiagate, lo scandalo che coinvolge Trump e il suo entourage per i presunti rapporti con la Russia. Nei giornali radio l’ho sentito citare con la pronuncia “ràsciagheit”, sulla falsariga dell’inglese, e mi sono chiesta se non sarebbe invece preferibile “russiagheit”.
Pronunce ibride
“Russiagheit” è una pronuncia ibrida che può far storcere il naso ma mi pare un adattamento accettabile perché l’elemento formativo –gate (“gheit”) è in uso in italiano da almeno 40 anni ed è molto produttivo in combinazione con nomi propri di persona e di luogo, quindi è facilmente riconoscibile.
Se lo scandalo Russiagate fosse italiano, ad es. per collusioni tra politici italiani e russi, diremmo sicuramente “russiagheit”, quindi tanto vale usare una pronuncia più comprensibile.
Mi ha fatto pensare a un altro esempio di pronuncia ibrida che ho descritto in Datagate, scandalo americano e nome “italiano”: in apparenza un nome inglese, in realtà uno pseudoanglicismo che veniva pronunciato “dataghèit” e non “déitagheit” come invece si direbbe in inglese.
Un altro esempio di pronuncia ibrida è l’elemento cyber– che come la sua alternativa grafica ciber– è in uso da tempo in italiano. I dizionari riportano due pronunce possibili, “ciber” e “saiber” ma mi pare ormai prevalga quella più esotica, anche in combinazione con parole italiane, come ad es. cyberbullismo e cyberattacco che diventano “saiberbullismo” e “saiberattacco”.
Altre pronunce radiofoniche
Ascoltando i GR ho notato anche che ISIS non viene più pronunciato come è scritto bensì “aisis”, sul modello inglese. Non mi pare un cambiamento giustificato: ci sono molti acronimi inglesi che pronunciamo come si scrivono, ad es. “nato” e non /ˈneɪtəʊ/ per NATO.
C’è inoltre qualche confusione su gig economy, che ho sentito chiamare sia “ghig” (corretto) che “gig” come Jeeg (Robot).
Molto ridicola la pseudoanglicizzazione di Wolfgang A. Mozart che in una trasmissione Rai era diventato “uolfgang” (ma in inglese si dice /’vɔlfgaŋ/), probabilmente su influenza di wolf che però si pronuncia /wʊlf/, senza alcuna o. Sorte simile per il filosofo tedesco Walter Benjamin, il cui nome viene maldestramente anglicizzato in “uolter bengiamin”.
Aggiungo anche BMW, marca automobilistica nota da sempre come “biemmevvù” in italiano, che in un programma radio era diventata “bièm daboliù”, all’inglese, anche se è una sigla tedesca (“be em ve”).
Pronuncia degli anglicismi
Per i forestierismi e i nomi propri stranieri usati regolarmente in un contesto italiano secondo me è preferibile l’adattamento fonetico agli allofoni italiani, quindi dico /ˈardwer/, /aʃˌtaɡ/ e /ˈzmartfon/ anziché /ˈhɑːdˌwɛə/, /ˈhæʃˌtæɡ/ e /ˈsmɑːtˌfəʊn/.
Le approssimazioni più rilevanti riguardano h iniziale sempre muta e vocali inesistenti in italiano sostituite da quelle più vicine del nostro sistema (cfr. schema in Come si dice flat tax in italiano?). Altri esempi e possibili implicazioni per le guide di stile in Parla come mangi.
È per questo che trovo piuttosto affettato chi vuole fare sfoggio delle proprie conoscenze dell’inglese e pronuncia Trump /trʌmp/ esagerando l’aspirazione [tʰ] della consonante occlusiva iniziale che così suona come se il nome fosse scritto ch-rump.
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Cosa ne pensate, preferite pronunce originali “perfette” o adattate? C’è qualche pronuncia di forestierismo sentita a GR o TG che vi ha infastidito? Ditelo nei commenti!
Vedi anche:
♦ I suffissi degli scandali: –gate e –poli (uso e storia di –gate)
♦ Pronuncia di nomi propri stranieri (Liam, Saoirse, Bowie…)
♦ Da Leicester a Gloucester passando per Derby… (pronuncia di nomi di luoghi)
♦ Come si pronuncia Wikipedia in italiano? (nuovo post)
♦ Pronuncia: da Zuckerberg a Frankenstein (nuovo post)
Vignetta Dave Granlund, trascrizioni fonetiche verificate nei dizionari Collins e Zanichelli.
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Simone Viganò:
Sempre riguardo agli acronimi… a me ha sempre incuriosito come esistano moltissime persone che pronunciano HDMI nella versione “ibrida” acca-di-em(me)-ai…
Tukler:
Sempre sull’esempio di Simone, un acronimo che mi ha sempre incuriosito è FBI, pronunciato puntualmente, in maniera ibrida fuori da ogni logica, “effe-bi-ai”.
Invece mi da spesso fastidio, nonostante sia di uso talmente comune da essere sicuramente accettabile, “USA” pronunciato all’italiana.
Forse perché è omofono con una parola italiana (ma anche “NATO”), forse perché avrebbe un’alternativa semplice e comunissima (“Stati Uniti”), forse perché viene spesso usato a sproposito come aggettivo, ma sentire “la politica USA” mi fa proprio ribrezzo.
mario:
Ascolto il programma radiofonico wikiradio che spesso viene annunciato come ‘wikirèdio’ e da altri come ‘vikiradio’. Una volta parlando ad un medico di farmaci ‘SSRI’ sono stato corretto in malo modo.Il medico mi disse: Devi imparare che si dice ‘EssseEssseErrreAi’; Io ho imparato!
John Dunn:
Il problema è che le cosiddette pronunce originali perfette non sono affatto perfette, perché sono basate su una idea invecchiata e sin dall’inizio approssimativa della pronuncia inglese. Nessun inglese direbbe [rascia] oppure [hešteg]; perfino [hæštæg] mi sembra invecchiato: è la pronuncia di un attore degli anni trenta del Novecento.
Il problema esiste anche col mio cognome, che di solito viene italianizzato in [dun]. Questa pronuncia non da nessun fastidio; anzi, è molto più gradevole di qualsiasi [dan].
Francesco:
C’è anche il contrario: durante un convegno (a Milano, tutti italiani, tutto in italiano) ho sentito PMI (piccola media industria) pronunciato pi-em-ai.