Spiritosaggine che circola tra i linguisti (via Adam Schembri):
Gli accenti acuto e circonflesso sono subito riconoscibili ma forse non tutti sanno che macron è il segno di vocale lunga. Nelle lingue europee è usato solo in lettone (ā, ē, ī e ū) e in lituano (ū), sia per le minuscole che per le maiuscole.
Segni diacritici
Un segno diacritico (dal greco διακριτικός “atto a distinguere”) è un elemento grafico che viene sovrapposto, sottoposto, anteposto o posposto a una lettera dell’alfabeto e le conferisce un significato speciale, ad es. una pronuncia diversa.
In italiano usiamo abitualmente solo l’accento grave e quello acuto, raramente invece quello circonflesso (ad es. per indicare la contrazione in una sola –i del plurale delle parole che terminano in –io atono, come vario che al plurale si può scrivere varî). Ci sono familiari anche i segni delle lingue più note, come ad es. la cediglia del francese (ç), il tilde* dello spagnolo (ñ) e del portoghese (ã e õ) e l’Umlaut** del tedesco (ä, ö e ü).
Gli altri segni non sono altrettanto riconoscibili e si riscontrano molte incongruenze terminologiche: il circoletto sulle å Å delle lingue scandinave, ad esempio, è denominato anello in alcune fonti e ring in altre. In questi casi il riferimento che privilegio è il Dizionario di stile e scrittura Zanichelli: la voce segni diacritici descrive quelli usati nell’alfabeto latino, con riferimenti Unicode in tabelle di riepilogo che consentono di identificare e confrontare facilmente i caratteri aggiuntivi usati nelle diverse lingue europee.
In italiano segno diacritico può avere anche altri significati, ad es. può indicare la lettera usata come espediente grafico per dare a un’altra lettera un determinato valore fonetico. In questa accezione, nella nostra ortografia sono segni diacritici la i e la h, ad es. in mango vs mangio e in giro vs ghiro (dettagli ed esempi in La grammatica italiana).
La vignetta di Itchy Feet, intitolata decorative lettering, ricorda altri usi dei segni diacritici che ho già descritto in La pseudo-lingua della pseudo-localizzazione (l’uso dei segni diacritici nei test di verifica della localizzabilità del software) e in GRÄNDE, formaggio heavy metal! (l’uso dei segni diacritici per rendere più esotici i nomi di prodotti e di gruppi musicali).
* tilde, parola usata sia al maschile che al femminile, è un prestito dallo spagnolo che ha come etimo il latino titŭlus, “segno”, da cui deriva anche l’inglese tittle, che descrive i puntini sulle i (e sulle j).
** i due puntini orizzontali ¨ posti sopra una vocale sono chiamati con due nomi che descrivono meccanismi diversi:
Umlaut (dal tedesco Laut, “suono”, e um che indica cambiamento) se riferiti a lingue germaniche per indicare metafonia e palatalizzazione;
dieresi (dal greco διαίρεσις, “separazione”) se invece sono posti sulla prima di due vocali per dividerle in due sillabe distinte senza formare dittongo. In italiano la dieresi è usata soprattutto in poesia per indicare la scansione metrica, ad es. religïosa si legge re-li-gi-o-sa (5 sillabe) anziché re-li-gio-sa.
Fonti: alcune descrizioni di segni diacritici sono state adattate da voci del Vocabolario Treccani.
A proposito della pronuncia di macron (accento sulla prima sillaba se si tratta del segno diacritico), i media americani sono in difficoltà con il nome del nuovo presidente francese:
Congratulations, President-elect Emmanuel Macr…uh… pic.twitter.com/y1JvyHQVs4
— The Daily Show (@TheDailyShow) 8 maggio 2017
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Mauro:
Ci si può fidare di un politico diacritico? 😉