Storie di bucce: da scorza a zest

How to zest a lemon

Avete notato che nel XXI secolo in cucina non si usa più la scorza di limone ma lo zest, come in inglese? 

È un anglicismo superfluo ma non è un vero e proprio neologismo: alcuni vocabolari, come lo Zingarelli, riportano infatti la parola zest, prestito dal francese zeste, marca d’uso regionale e databile agli anni ‘30 del secolo scorso: “(piemontese) scorza di limone o di arancia usata in cucina o, candita, in pasticceria: gli zest di Carignano”. Si trova anche italianizzato in zesta, soprattutto al plurale zeste.

È comunque curioso che per gli agrumi il lessico comune inglese sia più preciso del nostro nel descrivere la buccia, peel*. C’è infatti una parola per la parte colorata e profumata, zest, e una per quella bianca, spugnosa e amarognola, pith.

In italiano si deve ricorrere alla terminologia scientifica per esprimere questa differenza: flavedo (dal latino flavus, biondo) e albedo (da albus, bianco), entrambe parole di genere femminile. Immagino però che nei dialetti di luoghi ricchi di agrumi esistano parole specifiche. 

le diverse parti di un agrume

In inglese zest è anche un verbo, ricavare la scorza di un agrume, mentre zester è uno strumento, il rigalimoni. Il sostantivo zest ha anche il significato di entusiasmo, verve, gusto (ad es. zest for life). La parola è entrata in inglese dal francese alcuni secoli fa.
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* L’etimo di peel è il latino pilus, pelo. Associazione simile anche per scorza, dal latino scŏrtea, pelle o pelliccia.

5 commenti su “Storie di bucce: da scorza a zest”

  1. Liloh:

    Mai letto “zest” su nessun ricettario qui da noi. Continuano tutti a usare il classico “scorza” senza il minimo problema.

  2. Paoblog:

    Tempo fa sulla rivista che pubblica Esselunga ho letto della glassa (a base di albicocche) impiegata per lucidare o apricottare le torte.

    Apricottare?

    Tra un pò il pane sarà “tomatizzato” (in italiano: pomodorizzato) per preparare la bruschetta?

  3. Licia:

    @Liloh, prova a fare una ricerca per zest di limone  😉

    @Paoblog, nella rivista dell’Esselunga, destinata a un pubblico generico, apricottare è una scelta poco accorta. In un contesto specialistico invece è adeguata: apricottatura è un termine tecnico della pasticceria che esprime un concetto preciso (spalmare di gelatina di frutta).

  4. Paoblog:

    @licia: ad onor del vero tutte le varie obiezioni che faccio sugli anglicismi fanno riferimento alla comunicazione generalista ovvero ad un pubblico vario e non specializzato e talvolta pure anziano.
    Io stesso nel mio campo lavorativo utilizzo termini specifici (anche se in italiano) di immediata comprensione agli addetti ai lavori, ma se parlo con amici o parenti, faccio in modo che il mio interlocutore mi capisca.

  5. Licia:

    @Paoblog, anch’io intendevo dire che in un contesto generalista mi sembra fuori luogo un termine specialistico, indipendentemente dalla sua origine. Ho comunque qualche dubbio che apricottare derivi dall’inglese, penso sia invece più probabile l’origine tedesca, cfr. Aprikotieren (si fa per la Sachertorte).

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