Censimento delle “parole per ferire”

immagine che illustra l’articolo di De Mauro

Una lettura molto istruttiva: Le parole per ferire, un dettagliatissimo articolo di Tullio De Mauro che propone una classificazione delle parole associate alle manifestazioni di intolleranza, xenofobia, razzismo e incitamento all’odio (cfr. hate words e hate speech in inglese) di cui si sta occupando un’apposita commissione parlamentare. 

De Mauro indica finalità, difficoltà, criteri e fonti usati per la classificazione, che va oltre la tipica bipartizione tra 1) insulti volgari e male parole legate a escrementi e attività sessuali tabuate e 2) parole insultanti verso categorie deboli o ritenute tali, portate all’attenzione dal politicamente corretto.

Le parole sono raccolte in diverse categorie ulteriormente suddivise in gruppi. Includono sia le parole usate esclusivamente per ferire che quelle di valore prevalentemente neutro che però possono avere accezioni spregiative.

Un esempio dal gruppo Ortaggi in Odi, disprezzo e insulti oltre gli stereotipi:

bietolone “semplicione”, broccolo con l’accrescitivo broccolone “persona goffa”, (torso, testa di) cavolo (dove cavolo è diffusa copertura eufemistica d’altra nota parola), cetriolo “sciocco”, crauto “tedesco”, finocchio “omosessuale maschile”, patata “persona sciocca”, peracotta “sciocco”, pignolo “pedante” e pignoleria, pignolaggine, rapa, torsolo, zucca, zuccone “persona insipida, testarda”

L’inventario delle parole per ferire può essere utile anche per attività di localizzazione come quelle descritte qualche anno fa in Parolacce, software e localizzazione e Parole imbarazzanti per Android
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Vedi anche: Parlare civile: comunicare senza discriminare e Parole proibite alla TV americana.
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3 commenti su “Censimento delle “parole per ferire””

  1. Licia:

    @Luca, nell’articolo De Mauro sottolinea che “nel concreto dell’esprimersi può accadere che qualsiasi parola e frase, del tutto neutra in sé, in circostanze molto particolari possa essere adoperata per ferire” e che “si stenterebbe a rintracciare volgarità o stereotipi discriminatori in parole come bietolone, bonzo, lucciola, parrucchiere che tuttavia in italiano sono usate anche come insulti efficaci”.
    Ho scelto apposta esempi di parole che appaiono molto blande ma che per qualcuno possono essere offensive. A me ad esempio è capitato di dire a un ligure che aveva “pigne in testa” e lui l’ha considerata una grande offesa…

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