Il lavoro agile italiano

In Agilità sul lavoro! (agosto 2016) ho descritto le differenze tra tre modalità di lavoro che in inglese sono denominate flexible working, smart working e agile working.

Gli aspetti rilevanti per ciascuna modalità, sintetizzati nella tabella, riguardano orario di lavoro (when), luogo di lavoro (where), tecnologie e strumenti usati (how), mansioni svolte (what) e risorse umane impiegate (who):

aspetti rilevanti di flexible working, smart working e agile working

Sono tre concetti diversi che rispondono a esigenze diverse.

Solo in Italia smart working = lavoro agile

Nei mesi scorsi è stata presentata una proposta di legge che prevede “misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato a tempo indeterminato” e che “promuove le forme flessibili del lavoro agile allo scopo di incrementare la produttività del lavoro e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” (cfr. Titolo IILavoro agile).

Riguarda orario, luogo di lavoro e strumenti tecnologici e a lungo se ne è discusso come smart working. Nelle Disposizioni per la promozione dello smart working, un dossier della Camera dei deputati di novembre 2015, si trova questa definizione:

  «Con il termine smart working (o lavoro agile) […] ci si riferisce ad una particolare modalità di lavoro consistente in una prestazione di lavoro subordinato che si svolge al di fuori dei locali aziendali, basata su una flessibilità di orari e di sede, caratterizzata principalmente da una maggiore utilizzazione degli strumenti informatici e telematici e delle possibilità tecnologiche esistenti, nonché dall’assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti al di fuori dei locali aziendali.»

Lavoro agile, un calco poco accorto

Apprezzo molto la scelta di evitare anglicismi ma la mia impressione è che chi ha optato per il calco lavoro agile abbia concluso erroneamente che in inglese smart working e agile working fossero sinonimi.

Inoltre, presumo non sia stato considerato che in inglese l’aggettivo agile è usato con un’accezione recente e specifica (cfr. Agilità sul lavoro!). È riconducibile a principi informatici poi applicati alla gestione di attività e di risorse umane, di cui però non c’è alcuna traccia nella proposta di legge.

agile in heaven

Mi stupisce che neppure il Gruppo Incipit abbia tenuto conto di queste differenze e abbia invece accolto con entusiasmo il calco lavoro agile, descrivendolo come “un perfetto equivalente [di smart working], con il vantaggio della maggiore trasparenza”.

E telelavoro, lavoro flessibile, con orario elastico…?

Ritengo che sarebbe stato preferibile cercare una soluzione italiana alternativa per smart working, riservando lavoro agile al concetto espresso in inglese da agile working.

Un terminologo avrebbe privilegiato un metodo onomasiologico: si delinea il sistema concettuale con i concetti coordinati, correlati e subordinati e si identifica per ciascuno le caratteristiche essenziali e distintive.

Ci si deve infatti assicurare che i nuovi termini siano non solo adeguati ma anche coerenti con quelli già in uso, dai quali devono poter essere differenziati facilmente. Riuscite a dirmi, ad esempio, cosa distingue il lavoro agile dal lavoro flessibile e dal telelavoro, consentito in Italia dal 2004? Se sì, scrivetelo nei commenti!


Aggiornamento – Nuovo post: Lavorare da casa non è smart working! (marzo 2020, “emergenza coronavirus”).


5 commenti su “Il lavoro agile italiano”

  1. .mau.:

    Telelavoro sicuramente non funziona, perché ti limiti a lavorare da casa ma con gli stessi turni che avresti in ufficio. Lavoro con orario elastico è troppo lungo. Lavoro flessibile ha lo stesso problema di “lavoro agile”: il “flexible work” inglese è una cosa diversa.

    A questo punto preferisco mantenere “lavoro agile” (che è già entrato nei contratti di lavoro, del resto), e lascerei al limite “tecniche agili” per gli altri significati del termine inglese.

  2. Licia:

    @.mau. non intendevo telelavoro e lavoro flessibile come possibili alternative a lavoro agile ma come concetti diversi, già in uso, da cui va differenziato.

    Il telelavoro (in inglese telecommuting o teleworking) è un termine usato nella normativa italiana almeno dall’inizio del secolo. Dal dossier della Camera: “lo smart working rappresenta una modalità di lavoro diversa dal telelavoro (disciplinato dall’Accordo quadro europeo del 2002), consistente in una prestazione di lavoro subordinato che si svolge al di fuori dei locali aziendali (per un orario medio annuale inferiore al 50 per cento dell’orario di lavoro normale, se non diversamente pattuito), senza l’obbligo di utilizzare una postazione fissa e con utilizzo eventuale di strumenti informatici o telematici”. Nel dossier vengono specificati leggi e decreti che disciplinano il telelavoro ma al momento la differenza tra telelavoro e lavoro agile non è del tutto chiara. Mi auguro lo diventerà con l’approvazione della legge.

    Il telelavoro implica una postazione di lavoro esterna fissa e stabilita (che non può essere variata, credo soprattutto per questioni assicurative) ma se c’è necessita di lavorare dall’ufficio viene garantita una postazione. Gli orari di lavoro e le mansioni sono gli stessi che si avrebbero se si fosse in ufficio.

    Da quello che ho capito, il cosiddetto lavoro agile invece si potrà fare ovunque, è sempre svolto al di fuori dell’azienda, c’è più flessibilità sugli orari e le prestazioni di lavoro non sono necessariamente regolari e continuative. Inoltre mi pare venga data molta rilevanza alle modalità di controllo a distanza da parte del datore di lavoro e alle responsabilità del lavoratore per la gestione degli strumenti informatici e la protezione dei dati elaborati.

    Lavoro flessibile invece pare essere un concetto generico che riguarda soprattutto il lavoro a tempo parziale o part-time (tipologie di lavoro a orario ridotto, modulato e flessibile) o modalità di assunzione a tempo determinato. 

    Aggiungo anche la definizione di lavoro flessibile in Svizzera: “soluzioni relative all’orario di lavoro che, per quanto riguarda il luogo e la durata giornaliera, settimanale, mensile o altra, si scostano dal cosiddetto tempo di lavoro normale. Misure di flessibilizzazione dell’orario di lavoro sono, per esempio, l’introduzione dei saldi attivi […] il diritto a brevi assenze e a giorni liberi, […] gli orari di lavoro ridotto durante le vacanze scolastiche nonché la riduzione, il prolungamento e il posticipo degli orari di lavoro giornalieri”.

    Per flexible working in inglese, vedi Agilità sul lavoro!

  3. .mau.:

    beh, facendo da un po’ smart working posso dire come è declinato da noi.
    Un giorno la settimana (il mercoledì o il giovedì) lavoriamo da casa, usando una VPN per connetterci in ufficio. La prestazione lavorativa è tra le 8 e le 20, ma non è specificato come ce la gestiamo: per esempio posso andare a prendere i bimbi da scuola. La strumentazione informatica è quella dell’ufficio (insomma mi porto il portatile a casa), e non c’è un controllo puntuale – guardano semplicemente il risultato.
    Le tecniche agili sono quelle per cui suddividiamo il lavoro in vari pezzi che monitoriamo direttamente, facendo in modo di averne al massimo due su cui si lavora direttamente e distinguendo quelli in coda perché serve l’input altrui da quelli in coda perché non possiamo fare tutto insieme.

  4. Martino Fornas:

    Molto interessante. Era da un po’ che mi chiedevo l’origine di “smart working”, che pare quindi essere inglese. Tuttavia, negli USA, che implementano massicciamente il lavoro flessibile da remoto, “smart working” è pressoché sconosciuto per quanto ne so. Là si usa “remote working”, che comprende le 5W (vedi https://37signals.com/remote).

  5. Massimo S.:

    Argomento interessantissimo che sul blog mi era sfuggito!

    Per orientarsi e (cercare di) capire che cosa sia davvero (o potrebbe essere) questo “lavoro agile” consiglio:

    http://moodle.adaptland.it/pluginfile.php/26324/mod_resource/content/2/ebook_vol_50.pdf

    [Vedere ivi, per le questioni e gli interrogativi terminologici posti nel blog, al capo II,
    Pietro Manzella, Francesco Nespoli, Le parole del lavoro: agile o smart? ………. pag. 23
    e
    Emanuele Dagnino, Lavoro agile: una questione definitoria pag. 26]

    Mi permetto, altresì, di segnalare il video di 9 min. di E. Dagnino

    http://www.bollettinoadapt.it/ddl-lavoro-agile-un-commento-ragionato/

    Ps.
    Occhio alle parole inglesi e alle loro ‘traduzioni’ italiane nel diritto del lavoro! (più di una volta nascondono una fregatura…)

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