Copycat crime: cosa c’entra il gatto?

“THERE’S BEEN ANOTHER SENSELESS SHOOTING, STAY WITH US AS WE SPEND HOURS AND HOURS AND HOURS DISCUSSING THE KILLER AND HIS QUEST FOR NOTORIETY.” – cartoon by Rick McKee
Vignetta: Rick McKee

Dopo un nuovo attacco terroristico in Francia, Beppe Severgnini in Il potere dell’emulazione ha scritto di reati e di chi li imita e di come sono raccontati dai media: le parole e le immagini usate per descriverli dovrebbero essere soppesate più attentamente.

Severgnini ha osservato che emulazione è una parola neutra – può essere splendida o terribile – e ha riportato l’espressione inglese usata in questi casi, copycat crime (“un crimine che appare influenzato da un altro, celebre crimine”). Tra i vari riferimenti c’è l’effetto Werther, dal romanzo di Goethe, che aveva scatenato un’ondata di suicidi in tutta Europa.

In inglese il sostantivo copycat è comune nel lessico dei bambini ed equivale al copione italiano. Se però è usato come modificatore di un altro sostantivo, assume connotazioni delittuose, relative appunto ai reati fatti in emulazione di altri reati (meglio evitare il calco crimine, dall’inglese crime, che invece è usato da Severgnini).

Le collocazioni più frequenti, ricavabili con Google Ngram Viewer, includono copycat killer, copycat effect, copycat suicide, copycat behaviour, copycat violence e copycat killing:

collocazioni più comuni: copycat crimes, c. killer, c. effect, c. suicide, c. product, c. behaviour, c. violence, c. killing

Origine dell’espressione

Anche in inglese, come in italiano, gli animali copioni per eccellenza sono scimmie e pappagalli (cfr. i verbi ape, scimmiottare, e parrot, ripetere a pappagallo), ma non i gatti. E allora perché si dice copycat?

Lo spiega What a Copycat. In inglese, fin dal medioevo, cat può essere un insulto perché ai gatti venivano associati mali e danni vari. Shakespeare chiama cat un individuo particolarmente abietto; hellcat (“gatto dell’inferno”) e cat sono tuttora nomi dati a donne malevole e maligne. Il cat di copycat quindi non va interpretato come “gatto” ma come “individuo spregevole” che copia.

Copy cat nel senso di copione è attestato nell’inglese americano dalla fine del XIX secolo. L’associazione tra copycat e attività criminali risale invece agli anni ‘60 del secolo scorso ma ha cominciato a diffondersi solo negli anni ‘80 in seguito ad alcuni avvelenamenti ripetutamente emulati che avevano avuto molto spazio nei media.


A proposito di copioni, ieri mi è stato segnalato l’articolo di una docente universitaria in cui almeno il 70% del testo è copiato parola per parola o con minime variazioni da un mio post, immagini incluse, ma la fonte non è mai citata. Ho avuto uno scambio con l’autrice che ha premesso che “i blog non hanno valore” e quindi ha negato di avere preso ispirazione dal mio post. Giudicate voi dai due testi messi a confronto.

14 commenti su “Copycat crime: cosa c’entra il gatto?”

  1. Vicky:

    Se apri i testi messi a confronto trovi il link al blog della “copycat” 😉

  2. BEP:

    Interessante. Conoscevo la parola “copycat” ma ignoravo la sua etimologia.

    In quanto al plagio, direi che la reazione più adeguata sarebbe una segnalazione al blog ospitante, ed eventualmente anche all’istituto dove lavora la docente.

  3. Licia:

    @.mau. preferisco evidenziare il peccato e non il peccatore 😉

    @Mauro @BEP ieri avevo commentato così nel sito:

    Credo che per un disguido vi siate dimenticati di indicare la fonte del testo e delle immagini su Blissymbolics, che è un articolo del 2015 del mio blog Terminologia etc.: Lingue artificiali: Blissymbolics”.

    Il commento è rimasto in moderazione ma sono stata contattata dall’autrice con cui c’è stato uno scambio infruttuoso: ha continuato a negare anche dopo che le ho mandato il documento di confronto. Ho quindi chiesto direttamente alla redazione che venisse aggiunta la fonte ma mi hanno risposto che non possono inserire nulla senza il consenso dell’autore. “Noi inseriamo solo gli articoli, di un blog fatto di contributi liberi”.

  4. Licia:

    Ora discussione anche su Twitter [aggiornamento: i tweet sono stati rimossi e io e altri che avevamo interagito, sempre civilmente, siamo stati bloccati, ma riporto qui il testo originale dei due tweet indirizzati a me]:

    Egregia Signora, le immagini sono facilmente reperibili su google pertanto non ci sono diritti di esclusiva.
    Fondazione Nenni (@FondazioneNenni)

    Il tema è dibattutto a livello internazionale vedi link accluso https://www.blissymbolics.org/index.php/why-is-bliss-used
    Fondazione Nenni (@FondazioneNenni)

    Di seguito ulteriori aggiornamenti.

  5. Matteo:

    Ho provato a lasciare un commento copiando la definizione di “plagio”. Oh, siamo pur sempre su Internet, si può esprimere la propria opinione liberamente e non ho offeso né difeso nessuno. Risposta (chiaramente il commento non è stato pubblicato, proprio perché la libertà di espressione evidentemente non tutti la conoscono e la difendono): non hanno bisogno di lezioncine e non sono dei giudici per poter stabilire chi copia chi.

    Mi scusino. Io avevo soltanto agito per difesa dell’onestà intellettuale, che è un principio etico.

  6. Licia:

    @Matteo, grazie per il sostegno!

    @Paolo, pare proprio che l’articolo sia stato rimosso (ma si trova ancora nella cache di Google). E su Twitter chi ha chiesto spiegazioni alla Fondazione Nenni è stato bloccato.

  7. Massimo S.:

    Appena ho letto questo post di Licia mi sono precipitato a precisare la fonte (questo blog)da cui ho tratto un’immagine (quella del Very bello VADE RETRO! in stile “arazzo di Bayeux”) con cui ho ‘illustrato’ un mio commento sugli abusi, a mio parere, dell’inglese nella denominazione di alcuni luoghi della mia città.

  8. Elena:

    Bell’articolo! Quanto all’episodio, si chiama davvero plagio, il fatto che le pubblicazioni di un blog siano liberamente accessibili non le rende copiabili. Può chiedere anche un risarcimento agendo per vie legali, altro che!

  9. Fondazione Nenni:

    Da un paio di giorni la nostra Fondazione è al centro di una polemica causata da un articolo della signora Manuela Cipri, docente presso la facoltà di Scienze Politiche della Sapienza di Roma. Prima di entrare nel dettaglio della questione, una premessa. Il nostro blog è uno spazio aperto e il nostro controllo riguarda sostanzialmente gli aspetti relativi a eventuali ipotesi di diffamazione. Ovviamente, la qualità dei collaboratori è per noi garanzia di affidabilità e il curriculum della signora Cipri corrisponde a questi criteri di qualità. Per giunta, l’articolo in questione riguarda un tema molto specifico che obbliga a una conoscenza altrettanto specifica della materia. Lunedì abbiamo pubblicato un pezzo della signora con il titolo: “Dai sistemi simbolici alla network society”. Un paio di giorni dopo ci è giunto un commento della signora Lisa Corbolante che ci invitava a citare il suo blog (Terminologia) sostenendo che in alcuni punti il pezzo della signora Cipri riecheggiava il suo (pubblicato tredici mesi prima) contenendo, per giunta, i simboli da lei elaborati. A conferma inviava una “lettura” comparata dei due pezzi evidenziando quelli assonanti. Essendo la signora Cipri e la signora Corbolante in rapporti di contiguità lavorativa, abbiamo invitato la prima a parlare con la seconda per provare a chiarire la situazione. Purtroppo, la situazione non è stata chiarita e oggi abbiamo deciso di rimuovere il pezzo dal Blog per evitare che il nome della Fondazione venisse coinvolto in una polemica lontana da noi per ambito (evidentemente accademico) e tematiche. Dispiace che la Fondazione sia stata trascinata in un dibattito che non avrebbe voluto provocare e non vuole ulteriormente alimentare. Restiamo convinti della buona fede della signora Cipri, così come riteniamo che la signora Corbolante abbia le sue buone ragioni per avanzare delle rivendicazioni. Siamo sicuri che riusciranno a chiarire una questione che per quanto rilevante non può certo essere al centro di un dibattito lungo quarantotto ore.
    La Fondazione Nenni

  10. Licia:

    Al comunicato della Fondazione Nenni aggiungo che non ci sarebbe stata alcuna polemica se dopo la mia segnalazione di ieri fosse stata indicata la fonte del testo anziché continuare a negare l’evidenza.

    Aggiungo anche che stasera mi ha ricontattata l’autrice dell’articolo e si è scusata per non essersi resa conto prima di avere “sbagliato ad inviare l’articolo, era un altro, c’è stato un errore di spedizione”.

    Non ho visto il testo alternativo ma accetto la spiegazione e per me la faccenda è conclusa.

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