Notizia vista sulla home page di uno dei principali quotidiani italiani:
Si legge che le donne non devono trasformarsi nel piccolo chimico per “realizzare un prodotto speciale fatto in casa al 100% naturale” e si viene invitati a “lanciarsi nel low poo”.
Si scopre anche che l’origine della parola sarebbe “l’unione di shampoo e low, inteso come indice di grado, basso, di agenti chimici nel prodotto”. Piccolo particolare che non è stato preso in considerazione: in inglese poo significa cacca.
Mi ha fatto subito venire in mente queste due bustine cinesi di shampoo e docciaschiuma:
(in inglese sham vuole dire falso, posticcio)
Le ho viste in Language Log, dove il linguista Victor Mair spiega che per un cinese l’esilarante rianalisi di shampoo può comunque avere una sua perversa logica.
A quanto pare però neanche autori e lettori di Language Log sapevano che tra chi si occupa di prodotti di bellezza e igiene personale naturali, soprattutto in lingue neolatine, low-poo è molto diffuso e c’è anche no poo.
Classificherei sia low poo che no poo come esempi di inglese farlocco ma ho scoperto che c’è addirittura il marchio registrato Low-Poo di Sephora, venduto anche in mercati di lingua inglese!
Se si pensa a locuzioni come low fat, low sodium e no fat, no sodium e simili, non si può fare a meno di interpretare low poo e no poo come “a basso contenuto di cacca” e “non contiene cacca”. Faccio davvero fatica a capire come possano essersi affermati nomi del genere, forse perché nell’inglese americano è più diffuso poop e quindi l’associazione è meno lampante?
In ogni caso l’etimologia di shampoo non giustifica l’abbreviazione in poo. Deriva infatti dall’hindi čāmpō, imperativo del verbo čāmpnā “massaggiare”, entrato in inglese nel XVII secolo probabilmente attraverso il lessico usato nei bagni turchi.
Fan dei Pooh, non preoccupatevi! Il gruppo musicale prende il nome dal personaggio delle storie per bambini di A.A. Milne.
Nel primo capitolo di Winnie-the-Pooh si scopre che quando una mosca si posava sul naso dell’orsetto, lui la scacciava via muovendo il naso e per questo veniva chiamato Pooh, che in inglese è un’interiezione, simile al nostro puah, usata per esprimere disgusto quando si sente un cattivo odore (oppure anche impazienza o disprezzo). Pooh e poo sono comunque omofoni!
Aggiungo un titolo della BBC su un problema di fognature intasate in Scozia, diventato virale proprio perché gioca con l’omofonia di poo e pooh:
Nuovo post: Eufemismi e colloquialismi per bisogni spaziali!, con una miniraccolta di (poo)p words.
Claudio:
Bel blog, appena scoperto. Lo seguirò con piacere!
Licia:
@Claudio, grazie!
Aggiungo due segnalazioni ricevute via email.
Da Filippo This Pampers Ad Captures Defecating Babies’ "Poo Faces" In All Their Slo-Mo Glory (“Where once there was cryvertising, now there is poovertising”) con un filmato dell’agenzia Saatchi & Saatchi intitolato Poo faces (cfr. faeces, le feci) che ha vinto alcuni premi.
Da Elio la copertina del libro Cooking with Poo:
Procellaria:
Data la considerazione che ha la chimica in ambienti low-brain, non sorprende che si giochi sull’accostamento “prodotti chimici”/poo.
Fa venire in mente questo lavoro (ironico) pubblicato su Nature Chemistry: https://ciencias.ulisboa.pt/sites/default/files/fcul/outros/Chemical-Free.pdf
Licia:
@Procellaria 😂
maxxfi:
Visto anche il contesto di prodotto ‘genuino’, peccato che non abbiano tentato invece di chiamarlo ‘Low Sham’ 😉