Se vi incuriosiscono le emoji e l’impatto che possono avere su lingua e comunicazione, vi suggerisco di leggere A Linguist Explains Emoji and What Language Death Actually Looks Like di Gretchen McCulloch.
McCulloch prende spunto dall’affermazione che le emoji saranno la rovina dell’inglese, frequente sui media e sui social anglofoni, e la smentisce con esempi molto efficaci.
Chiarisce innanzitutto la differenza tra lingua e linguaggio, due concetti che in inglese sono espressi dalla stessa parola, language, e dimostra che le emoji non sono in grado di comunicare sistematicamente concetti astratti come invece una lingua e quindi sono inadeguate a diventare un sistema linguistico alternativo.
Possono però rafforzare o disambiguare il senso di una comunicazione scritta in modo simile all’uso di intonazione, gesti ed espressioni del volto nella comunicazione orale (funzione paralinguistica). Tra i possibili diversi usi delle emoji, questo è di gran lunga quello prevalente.
Mi ha fatto pensare a un diagramma che mi è capitato di vedere in un libro del 1997 (epoca pre-emoji!), The Cambridge Encyclopedia of Language. È descritto come Modes of graphic expression ed è usato per classificare gli aspetti del linguaggio che possono essere espressi in forma grafica. Possiamo pensare all’uso paralinguistico delle emoji come uno strumento per trasmettere quanto non rientra sotto Graphic:
Vari studi su corpora in lingua inglese hanno infatti dimostrato che nella maggioranza dei casi le emoji appaiono in associazione alle parole, come commento (e come hashtag, ad es. in Instragram); è invece decisamente meno frequente l’uso come pittogrammi in sostituzione delle parole. Se si escludono gli usi ludici o particolari (ad es. per risparmiare spazio nei tweet), mi pare che anche in italiano l’uso delle emoji sia simile.
Emoji e sistemi di scrittura
McCulloch sottolinea anche che non va fatta confusione tra lingua e sistema di scrittura. Una lingua può essere scritta usando alfabeti diversi ma oralmente rimane comunque invariata e quindi un eventuale sistema di scrittura con emoji non la influenzerebbe.
In teoria si potrebbe creare un alfabeto di emoji, associando ogni fonema della lingua a una specifica immagine, ma equivarrebbe a creare un codice sostitutivo di scarsa applicazione pratica. La linguista Lauren Ackerman si è comunque divertita a immaginarlo per le vocali e alcune consonanti dell’inglese:
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[Nuovo] Qualche dettaglio in Emoji as sounds and the IPA “emoji”
In alternativa, si potrebbero usare le emoji come sistema fonetico+semantico (logografico). Bisognerebbe comunque sviluppare specifiche convenzioni, ad es. per indicare quando un’emoji rappresenta “letteralmente” un oggetto, quando va interpretata foneticamente (lo stesso meccanismo dei rebus) e quando invece assume altri significati perché non va interpretata singolarmente ma in combinazione con altre emoji.
In pratica equivarrebbe a un ritorno a sistemi come la scrittura geroglifica egiziana, in cui ciascun segno poteva 1 rappresentare la cosa raffigurata (pittogramma), 2 avere valore fonetico (consonanti dell’oggetto raffigurato) o, in sequenza con altri segni, 3 rappresentare un concetto astratto o convenzionale (ideogramma), in qualche modo legato alla combinazione di oggetti ma non desumibile solo dal loro aspetto.
Sistema universale vs sistema astratto
Sistemi di questo tipo sarebbero poco efficienti e richiederebbero molti sforzi per essere appresi e memorizzati. McCulloch sottolinea infatti che non si può avere un sistema che sia contemporaneamente universale* (semplice e immediatamente comprensibile) e astratto (che consente di esprimere qualsiasi concetto, come una lingua).
A questo proposito ricorda anche che la maggior parte dell’iconografia che consideriamo internazionale e subito riconoscibile, come i simboli sui cartelli stradali o altri segnali, in realtà richiede conoscenze condivise, senza le quali la comunicazione non è efficace.
McCulloch fa vari esempi, tra cui il simbolo del nucleare, per nulla intuitivo. Ne avevo accennato anch’io in un vecchio post, Segnali di globalizzazione. Altri dettagli in Oggetti, concetti e segni nelle interfacce, dove ho descritto altri simboli grafici così familiari che ci possono sembrare universali ma che invece sono arbitrari, come per il comando Taglia.
Non mi dilungo oltre: per saperne di più leggete Linguist Explains Emoji and What Language Death Actually Looks Like.
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Vedi anche:
♦ Da emoticon a emoji – differenze e terminologia
♦ Lingue artificiali: Blissymbolics – un sistema di scrittura ideografico universale
♦ Un’emoji parola dell’anno 2015 – lingue diverse, usi e interpretazioni diverse
♦ Emoji al volante, sintassi importante! – altri ostacoli alla comunicazione universale
♦ Nuove emoji, per palati soprattutto americani? – polisemia e simbolismo
♦ Emoji: è corretto cosa ci raccontano i media? – fraintendimenti ed errori comuni
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* Cfr. la slide riassuntiva di The Linguistic Secrets Found in Billions of Emoji, presentazione di Gretchen McCullock e Ben Metlock:
Ne approfitto per segnalare anche Under The Hood Of The All-Emoji Programming Language, un breve articolo sulle difficoltà incontrate dall’autore di Emojinal, un linguaggio di programmazione scritto interamente in emoji.
AlPa:
Relativamente alla possibilità dell’uso come sistema fonetico-semantico (nel senso della sottovoce 1 del tuo elenco) in cui il significato è definito dalla composizione di più emoji, non pensi che sia già implicito nelle sequenze con ZWJ? Esempi codificati sono riportati nella pagina Unicode «http://www.unicode.org/emoji/charts/emoji-zwj-sequences.html».
Forse vanno qui considerati anche i modificatori di emoji descritti in «http://www.unicode.org/reports/tr51/index.html#Emoji_Modifiers_Table».
Licia
@AIPa in teoria sì, ma ci sono molti problemi pratici.
Per chi non conosce i riferimenti, aggiungo che il carattere unificatore U+200D (Zero Width Joiner) risulta invisibile ma consente di creare una nuova emoji combinandone insieme altre. Esempio: donna+cuore+uomo (sequenza U+1F469 U+200D U+2764 U+FE0F U+200D U+1F468) si trasforma in coppia:
Al momento le combinazioni con ZWJ però funzionano per un numero molto limitato di emoji e credo solo su un’unica piattaforma, Apple. Chi usa altri sistemi però non vede la nuova emoji composta ma la sequenza di emoji originali e la comprensione corretta potrebbe essere compromessa.
Va inoltre ricordato che la stessa emoji può essere rappresentata in modo diverso in sistemi diversi: esempi in Fraintendimenti emojionali e in Un’emoji parola dell’anno 2015.
La confusione aumenta ulteriormente quando la combinazione di emoji rappresenta un concetto astratto (ideogramma) e può risultare incomprensibile se non viene spiegato.
Un esempio che ha fatto notizia qualche mese fa è l’occhio dentro il fumetto nero. Fa parte dell’Emoji ZWJ Sequences Catalog ma è disponibile solo per iOS, cfr. ad esempio Apple creates mysterious ‘eye in speech bubble’ emoji for release in iOS 9.1.
Gli altri modificatori di emoji che hai citato credo invece che siano invisibili all’utente ma siano usati solo programmaticamente: dalle tastiere per emoji basta infatti premere sull’emoji che rappresenta una persona, il suo volto o parti del corpo per visualizzare gli altri colori di pelle disponibili.
AlPa:
In realtà pensavo anche ai fallback: in entrambi i casi è definita una sequenza da usare nel caso in cui l’immagine composta non sia disponibile; per le sequenze ZWJ è scritto, in «http://www.unicode.org/emoji/charts/emoji-zwj-sequences.html», “When an emoji zwj sequence is sent to a system that does not have a corresponding single glyph, the ZWJ characters would be ignored and a fallback sequence of separate emoji would be displayed. Thus an emoji zwj sequence should only be supported where the fallback sequence would also make sense to a recipient”; per i modificatori relativi alla tonalità della pelle è scritto “However, even if the font doesn’t show the combined character, the user can still see that a skin tone was intended” (in «http://www.unicode.org/reports/tr51/index.html#Diversity»).
Sui problemi pratici sono d’accordo, in realtà penso che l’introduzione delle emoji in Unicode sia stata fatta sotto la pressione degli eventi senza ancora disporre di un approccio teorico adeguato, e quindi è più che probabile che nel prossimo futuro ci sarà la necessità di adeguamenti.
Licia:
@AlPa infatti, anche senza scendere in dettagli tecnici si ha l’impressione che le scelte relative alle emoji non siano ben ponderate. So che hai già letto Curiosando tra le nuove emoji di Unicode 9.0, dove ho già fatto qualche osservazione su quelle più recenti, rilasciate il mese scorso: mi sono fatta l’idea che questo nuovo set di emoji sia nato da richieste specifiche per il mercato occidentale (americano?) e non sia stato ottimizzato per il mercato globale. Riprenderò l’argomento in un prossimo post.
Alpha T:
Sinceramente non capisco perchè le emoticon che trovavo, anche molto ben disegnate, in un forum di 10-11 anni fa siano state sostituite oggi da una pletora di emoji spesso graficamente orribili che, se vogliamo usarle per esprimere stati emozionali, hanno un sacco di doppioni, alcuni stati mancano del tutto (disgusto, superdisgusto, confusione, svitato…), e in molti casi, come anche accennasti, sono ambigue (c’è la reazione di timidezza e imbarazzo oppure no? Per non parlare dei vari grin).
Licia:
@Alpha T, i doppioni secondo me hanno una risposta nell’origine giapponese delle emoji. Molte faccine ci sembrano quasi uguali ma in realtà si distinguono per gli occhi, che è la caratteristica fondamentale anche delle emoticon orientali (kaomoji) ottenute con i caratteri della tastiera, mentre le nostre esprimono lo stato d’animo con il carattere che rappresenta la bocca. Qualche dettaglio in un vecchio post, Faccine orientali diversamente orientate ^_^, e nei commenti a Un’emoji parola dell’anno 2015,
Licia:
Aggiungo alcune sequenze ZWJ (cfr. commenti precedenti) che a quanto pare saranno disponibili solo in Windows 10 (a partire dall’Anniversary Edition del 2 agosto 2016), i gatti ninja! Da Ninja Cat: The Windows-only Emoji: