A Roma e Torino, sindaco o sindaca?

foto di Raggi Appendino: sindaci o sindache? La notte scorsa la linguista Cecilia Robustelli ed io siamo intervenute a Tra poco in edicola, programma di Rai Radio 1 condotto da Stefano Mensurati.

Si è discusso di sindaco e sindaca: che parola usare per Virginia Raggi a Roma e Chiara Appendino a Torino? Nelle dichiarazioni post voto entrambe si sono descritte come sindaco e io sono convinta che debbano andare rispettate le loro preferenze.

Robustelli invece ritiene che non ci siano alternative e vada sempre usato il genere grammaticale femminile per tutti i titoli professionali e i ruoli istituzionali ricoperti da donne, e quindi che sindaca sia l’unica forma corretta. Potete leggere le sue motivazioni in Infermiera sì, ingegnera no? (Accademia della Crusca).

La presa di posizione dei media

In nome della parità dei sessi che deve essere anche parità linguistica, i principali media si sono schierati per l’uso di sindaca (esempi: Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa), salvo poi continuare a raccontare le donne al potere con dettagli e linguaggio molto diversi da quelli usati per gli uomini. L’ha fatto notare Michela Murgia in un commento pubblicato ieri su Repubblica

Né ragazze né mamme, usiamo le parole giuste

Sono completamente d’accordo sulla necessità di cambiare la narrazione: gli esempi raccolti in Virginia Raggi e Chiara Appendino vincono e subito si scatena lo stupidario sessista ed Ecco come il maschilismo dei media racconta la vittoria delle sindache sono a dir poco sconsolanti.

Non condivido invece l’idea che il mancato uso del femminile sia dovuto a resistenze culturali perché una donna in questo ruolo è avvertita come un’anomalia. È davvero ancora così dopo Rosa Russo Iervolino sindaco a Napoli, Letizia Moratti a Milano e migliaia di loro colleghe in tutta Italia? Mi sorprende piuttosto che la discussione sul femminile sia così intensa solo adesso e non allora, quando si trattava davvero di una novità. Inoltre, mi pare che proprio le forme femminili “forzate” sottolineino che in quel ruolo c’è una donna, come se fosse una cosa insolita e inaspettata, mentre il sesso di chi ricopre la carica dovrebbe essere irrilevante.

Le mie perplessità

Chi legge il blog sa già come la penso: il mio punto di vista è riassunto in Donne e grammatica e l’ho ribadito anche alla radio.

Mi dispiace che il dibattito sul sessismo linguistico sia incentrato quasi esclusivamente sui nomi di ruoli e professioni al maschile, oltretutto pochissimi – Robustelli ha confermato che sono solo una quindicina – e che nel promuovere il cambiamento spesso vengano ignorate le preferenze delle dirette interessate.

Le lingue si evolvono e i cambiamenti vanno accolti, ma devono arrivare dai parlanti e non essere programmati a tavolino, altrimenti vengono rifiutati (non è un caso che la maggioranza degli ascoltatori abbia manifestato reazioni negative). Io comincerò a dire ingegnera, architetta e avvocata solo quando lo faranno le ormai numerosissime ing. avv. e arch. E mi chiedo se sia più discriminatorio dire sindaco a una donna o invece chiamarla sindaca ma dichiarare che non è adatta al ruolo se è incinta o ha figli piccoli?

Sessismo e discriminazioni purtroppo sono molto diffusi ma l’importanza spropositata data a pochi nomi maschili distoglie l’attenzione dai veri problemi. Mi auguro che il dibattito possa spostarsi più proficuamente dal genere grammaticale al genere socialegli stereotipi e le aspettative di tipo sociale e culturale associati al ruolo dell’uomo e della donna ed espressi soprattutto tramite atteggiamenti, comportamenti, trattamenti, opportunità, retribuzioni ecc. Solo allora l’uso delle forme femminili verrà naturale.

Potete ascoltare il dibattito in Tra poco in edicola (da 00:41 in poi).

Radio1

Vedi anche:

♦  Donne e grammatica, un problema grammaticale o ideologico?
♦  Genere grammaticale, naturale e sociale con gli esempi di guida, guardia, spia, e altri nomi femminili “da uomo” ripetutamente citati dagli ascoltatori come obiezione alla non grammaticalità di sindaco e ministro se a ricoprire il ruolo è una donna.
♦  Il bonifico, un’operazione maschile sulla necessità di usare forme neutre ed inclusive quando ci si rivolge genericamente a clienti e utenti.


Per approfondire, alcuni riferimenti dall’Enciclopedia dell’Italiano Treccani:

Genere funzioni, criteri di assegnazione semantica e marcatura, con vari esempi che mostrano che in italiano non c’è sempre corrispondenza tra genere naturale (il sesso) e genere grammaticale.

Genere e lingua ➝ definizioni e distinzioni (genere grammaticale, lessicale e sociale), lingua e cultura, manifestazioni del “genere” e iniziative istituzionali in Italia e all’estero.


Aggiornamento febbraio 2017 – Aggiungo qualche esempio del linguaggio usato per descrivere una nota sindaca:


(fare clic sull’immagine per vederla ingrandita)

Non ho però visto molte prese di posizione da parte di linguiste, giornaliste e politiche che invece sono sempre molto attive contro i nomi di professione al maschile, forse perché Raggi era correttamente descritta come sindaca?

Di nuovo mi domando, è più sessista chiamare una donna sindaco o descriverla con linguaggio inopportuno?


13 commenti su “A Roma e Torino, sindaco o sindaca?”

  1. Mauro:

    Sindaco o sindaca?

    Io invece mi faccio polemicamente un’altra domanda: perché questa discussione non si fece quande venne eletta la Vincenzi a sindaco di Genova o la Moratti a sindaco di Milano?

  2. Mauro:

    Sì, ho letto quanto hai scritto tu su Moratti e Iervolino (ma hai omesso la Vincenzi), però la mia polemica rimane, visto che allora (e ad esempio la Vincenzi venne eletta nel 2007, non nell’800) la discussione non ci fu proprio.

  3. .mau.:

    Mah. Premesso che se una sindaca vuole farsi chiamare sindaco non vedo problemi, e che eviterei a ogni costo il femminile in -essa se non in termini come “professoressa” che ormai sono di uso comune, il mio punto di vista (sessista?) è che se uso il termine generico, quindi parlo per esempio del sindaco di Torino che è automaticamente a capo della città metropolitana, resto con il maschile, mentre se vado sullo specifico, per esempio dicendo che la sindaca di Torino ha nominato un assessore, allora uso il genere della persona che al momento ha la carica.

  4. Carla Crivello:

    Nelle forme interrogative, per es. “Chi è il sindaco di…?; chi è il ministro del…? dovremmo allora – coerentemente – aggiungere ‘sindaca’, ‘ministra’ per non dare per scontato che a ricoprire quei ruoli siano uomini?
    @Licia, tra le varie professioni non mi pare venga citato il femminile di medico 😉

  5. luca:

    Quant’è sessista dare dell’estetista a un estetisto? E chiamare guida alpina un guido alpino che poi magari manco ha fatto il militare? 😀
    Aborro sindaca, assessora e similari…..

  6. Lele:

    E come ci si comporterà con le abbreviazioni? Sul calco di sig. e sig.ra, si dirà ing. Mario Rossi ma ing.ra Maria Rossi? O avv. Piero Bianchi e avv.ta Piera Bianchi? O arch. Giulio Verdi e arch.ta Giulia Verdi?

  7. AlPa:

    Personalmente sono favorevole all’uso della versione femminile dei sostativi in “o”, chiaramente percepiti quali maschili a causa della somiglianza con la prima declinazione degli aggettivi (“-o”, “-a”, “-i”, “-e”), quindi anche all’uso di sindaca, ministra, avvocata, ecc.; comunque questi termini richiederanno un periodo di assestamento per entrare nell’orecchio dei parlanti, per cui ha senso che al momento attuale ognuno faccia le sue scelte: solo che le scelte dovrebbero essere dei parlanti, non dei detentori della carica.
    Sono invece contrario al femminile dei termini in “e”, che a me paiono avere un ruolo vicino al neutro (seconda declinazione: “-e”, “-i”; quindi, in particolare, non *assessora, *ingegnera), salvo ovviamente i femminili già attestati (dottoressa, infermiera, ecc.).
    Naturalmente sono anche favorevole al maschile di alcuni termini attualmente solo femminili, un esempio per tutti casalingo. Da lettore di fantasy, non saprei però come fare il maschile di strega: strego o stregone (che però ha una diversa sfumatura di significato)?
    @Lele: spero sempre che l’evoluzione porti a una semplificazione delle abbreviazioni, per cui preferirei che si perdesse il suffisso in sig.ra e che avv. o ing. rimanessero semplici come sono.

  8. Alpha T:

    Sei io diventerò lu re, per legge il femminile di trasgressore sarà trasgressoressa. Sapevatelo.

    Ai tempi di Rosa Russo Jervolino non è che non fosse importante la notizia di una donna sindacO. E’ solo che la decadenza non era ancora giunta ad uno stadio così avanzato, e dunque
    1) si votava, magari male, per la persona, non fissandosi in una battaglia di identity politics per cui guardare solo al sesso o alla razza (America docet);
    2) non si pensava di poter riformare obbligatoriamente il modo di pensare del popolo con azioni d’autorità, a freddo e a tavolino, sulla lingua.

  9. Carola:

    Ciao, la sindaca, il termine suona male e forzato. Sindaco é un investitura sta per amministratore di una città, con il termine si fa riferimento ad un ruolo e per quanto mi riguarda può continuare ad essere usato al maschile anche se investito da una donna.

  10. Paoblog:

    Per curiosità ho chiesto al mio avvocato (donna)la sua opinione e mi ha detto che: “personalmente non ho preferenze, anche se trovo il vocabolo avvocatessa leggermente cacofonico. Ma credo che sia solo perché non è molto utilizzato a differenza di dottoressa, oramai di uso corrente. Trovo invece terribile il termine avvocata…”

  11. Licia

    @Paoblog, grazie per l’esempio. Le esperte di sessismo linguistico però bocciano avvocatessa perché può essere dispregiativo.
    Vedi anche un commento che avevo riportato nel 2012 in Genere e linguaggio:

    “Ho parlato di questo argomento con un avvocato e un magistrato, entrambi uomini, che mi hanno confermato che nel loro ambito sia uomini che donne usano il maschile con valenza neutra avvocato con riferimento al ruolo (il sesso della persona è irrilevante). Quando si dice avvocatessa, in genere è per questioni non legate alla professione, ad es. “l’hai vista l’avvocatessa XYZ?” segnala che si vuole commentare l’aspetto fisico di XYZ o comunque il suo essere donna – in questo caso il sesso della persona diventa rilevante.”

  12. Tiziano:

    Trovo notevole che, tra i commenti a un articolo in cui si parla della scelta tra sindaco e sindaca, si cada nello spiacevole utilizzo (a mio parere) dell’articolo posto davanti ai soli cognomi femminili: “la” Vincenzi, “la” Moratti, “la” Raggi, ma non “il” Sala o “il” Pisapia.
    Secondo me, questa è una forma di discriminazione più grave del maschile inclusivo, dal momento che si “sceglie” di usarla (essendo scorretta dal punto di vista grammaticale); mentre l’uso del maschile inclusivo, in fondo, è conseguenza di una regola grammaticale (forse discutibile, ma pur sempre regola).

    Io manterrei il maschile inclusivo in tutti i casi generici, e adotterei la forma femminile nei casi specifici: “Al convegno dei sindaci piemontesi, la sindaca Appendino ha detto ecc.”.

    Breve nota a margine. Ho provato più volte a convincere le mie superiori (la Funzionaria e la Dirigente per le quali lavoro) a definirsi (negli atti che firmano) con le forme “la Responsabile” e “la Direttrice”… ma entrambe hanno bocciato la proposta e continuano a definirsi “il Responsabile” e “il Direttore”.

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