Samsung ha pubblicato un sondaggio europeo che ha coinvolto più di 10000 persone in 18 paesi. Sono stati rilevati i dieci termini informatici di larga diffusione che risultano meno comprensibili. Ovunque cloud è il termine più ostico, ma già qualche anno fa negli Stati Uniti un altro sondaggio aveva evidenziato la nebulosità di cloud: ne ho discusso in lost in the cloud.
Nella classifica generale europea al secondo posto troviamo streaming. Fa eccezione l’Italia: da noi il secondo termine meno comprensibile è emoji Pare anche che il 26% degli italiani ammetta di ignorare cosa siano le emoji ma di far finta di saperlo.
Al terzo posto in Europa e in Italia troviamo Internet of Things, nella definizione di Samsung “una rete che consente a smartphone, frigoriferi e lavatrici e altri dispositivi di utilizzo quotidiano di comunicare tra loro attraverso Internet e a lavorare insieme per semplificare le operazioni che compiamo tutti i giorni”.
Al quarto e quinto posto in Italia risultano fibra ottica e Android, il sistema operativo sviluppato da Google. Completano l’elenco di Samsung on demand, tecnologia indossabile (wearable technology), Bluetooth e WiFi.
Si nota subito che, a parte fibra ottica e il nipponismo emoji, tutti i termini sono anglicismi (in italiano tecnologia indossabile coesiste con wearable technology). Non stupisce quindi che risultino poco trasparenti e che solo il 13% degli italiani dichiari di non avere difficoltà con i termini della tecnologia digitale. È la percentuale più bassa in Europa, mentre nel Regno Unito, dove si parla inglese, raggiunge il 40%.
Post in tema:
♦ Metafore e terminologia informatica 1, sull’origine di cloud [computing]
♦ il cloud e la cloud (2011) sul genere di cloud
♦ Da emoticon a emoji sulle differenze tra i due concetti
♦ Android KitKat e altre leccornie digitali (2013), sui nomi delle versioni di Android
♦ È l’ora degli indossabili! (2014) con alcuni nuovi termini
♦ Wi-Fi e wireless sull’origine della sigla
♦ Netymology, parole del mondo digitale per un elenco di altri termini informatici
Ann De Latter:
Salve,
Ho letto un vecchio post del 18 novembre 2013 ‘Buon giorno e buona sera’ e mi è venuta in mente una domanda – forse è già stata trattata o è una cosa evidente per il pubblico italiano. Da un anno o due sento sempre più spesso ‘ben ritrovata’ quando qualcuno mi saluta al telefono. E’ un saluto ‘valido’? Posso insegnarlo in classe?
Leggendo i commenti al post ho visto che c’è un insegnante che dice che gli studenti salutano sempre con ‘buongiorno’ indifferentemente dal momento del giorno o della notte; è vero, anche i miei studenti fanno così, anche se mi vedono solo di sera.
Licia:
@Ann non ho mai fatto caso a ben ritrovato/a, se qualcuno l’ha usato con me sarà stato appropriato alla situazione altrimenti penso che l’avrei notato. Credo che agli studenti basti sapere che qualcuno lo dice (così lo riconoscono se eventualmente qualcuno lo usa con loro) ma non suggerirei di aggiungerlo al proprio vocabolario attivo.
Luigi Muzii:
Che l’87% degli italiani abbia difficoltà non dovrebbe sorprendere, non solo per un fattore linguistico e culturale, ma anche generazionale. Il nostro è un Paese vecchio, ma non un paese per vecchi. Il nostro primo ministro fa sfoggio di iPhone e Mac, ma dimostra di non sapere cosa c’è dietro Twitter o Facebook, e immagino non saprebbe descrivere a parole sue cos’è e com’è fatta l’Internet.
Molto più preoccupante è che il 60% della popolazione del Regno Unito abbia le stesse difficoltà. In fondo, però, è un paese elitario, in cui la massa si “informa” su Sun e Mirror e legge solo letteratura da newstand.
Siamo davvero così diversi, allora?