Qualche giorno fa alcuni media hanno pubblicato le foto di un gattino americano alquanto macilento a cui era stato tinto il pelo di viola:
La bestiola però era ripetutamente descritta come color porpora perché chi ha tradotto la notizia dall’inglese non ha riconosciuto il falso amico purple, “a colour intermediate between red and blue”, in italiano viola.
La differenza tra purple e porpora, non solo in italiano ma anche in altre lingue europee, va fatta risalire alla sostanza colorante usata dagli antichi e ricavata dalle ghiandole di alcuni gasteropodi marini. Il colore ottenuto era determinato da diversi fattori e poteva variare dal vermiglio al viola (va tenuto presente che nell’antichità i colori erano descritti con minore precisione). In italiano e in altre lingue il nome “porpora” è stato recepito associandolo alle gradazioni con un’alta percentuale di rosso, in inglese invece con prevalenza di blu.
Per aumentare la confusione, in inglese Tyrian purple (da Tiro, la città fenicia) è la porpora, la sostanza usata dagli antichi, ma anche il colore che corrisponde al nostro porpora. Inoltre, la locuzione the purple, dal colore delle vesti, può indicare sia la porpora regia o imperiale che quella cardinalizia.
Nel lessico comune però il colore royal purple è una tonalità di viola che si avvicina molto al blu – esempio qui – mentre violet è il violetto, uno dei colori dell’iride. Ci sono inoltre differenze terminologiche “tecniche” tra purple e violet che potete trovare nella voce molto dettagliata di WIkipedia.
Un altro colore inglese potenziale falso amico è blue. L’ho già descritto in #TheDress: era proprio blu?, dove ho riportato anche questa vignetta:
Se traducessimo la vignetta, noteremmo subito che non c’è piena corrispondenza tra i nomi dei colori inglesi e quelli italiani, neppure nella classificazione semplificata “maschile”, in particolare proprio per le gamme etichettate come purple e blue.
Le differenze tra donne e uomini nell’uso più o meno specifico dei cromonimi (nomi dei colori) invece sono comuni a entrambe le culture. Mi viene in mente la linea 5 della metropolitana di Milano: è la lilla nella denominazione ufficiale e per le donne, ma ho notato che parecchi uomini la chiamano invece la viola. Probabilmente la parola lilla non fa parte del loro vocabolario attivo!
Altri dettagli nei commenti qui sotto, con gli esempi della mucca del marchio svizzero Milka e dell’insolito verde dei semafori giapponesi.
Vedi anche:
► Falsi colori a Radio3 Scienza (colori e percezione del mondo)
► Indaco nell’arcobaleno? Colpa dell’inglese!
► Colori di gusci di uova, in inglese
.mau.:
ho sempre detto “lilla” 😛 (credo che “viola” derivi dalla pubblicità della Milka con la mucca viola: Milka è stata uno degli sponsor della manifestazione per l’inizio dell’esercizio della linea)
Giovanna:
Da piccola, quando sentivo cantare la canzone “Lisa dagli occhi blu”, pensavo: “Ma gli occhi blu non esistono! Semmai azzurri!”. Non è che magari anche l’espressione “occhi blu” ha origine da una traduzione sbagliata dell’inglese “blue eyes”?
Monmartre:
Buon giorno,
in realtà la Milka parla sempre di mucca lilla, non viola.
Massimo S.:
@Giovanna
Penso che il termine ‘blu’ nella canzone di Tessuto sia stato adoperato al posto di azzurro per ragioni metriche: Lisa dagli occhi blu/ senza le trecce la stessa non sei tu…
Consoliamoci con Paolo Conte, che nella sua bellissima canzone, cantata da Celentano, nomina esattamente il colore del cielo in un pomeriggio d’estate.
In realtà, mi pare che nella canzone italiana d’autore il termine azzurro sia ben rappresentato: “acqua azzurra, acqua chiara/ con le mani posso finalmente bere…”
Licia:
@.mau. e @Monmartre non mi sarebbe mai venuta in mente la mucca di Milka! Mi avete incuriosita e confermo che nel sito italiano di Milka la mucca è descritta come lilla, anche se a dire il vero sembra invece viola!:
Per Wikipedia in francese, tedesco e spagnolo la mucca è “lilla”, in inglese purple.
Aggiungo anche che Purple Cow è un nonsense del 1895 scrittore americano Gelett Burgess, noto al punto che la maggior parte degli americani lo sa citare a memoria: :
I never saw a Purple Cow,
I never hope to see one;
But I can tell you, anyhow,
I’d rather see than be one.
Purple Cow, in italiano La mucca viola, è anche il titolo di un noto libro di marketing del 2003 di Seth Godin, che fa riferimento a questi versi come metafora di un prodotto unico nel suo genere e che per questo si fa notare. [fonte: Wikipedia]
@Giovanna, forse Lisa era scandinava? 😉 Mi pare infatti che il loro colore di occhi “azzurri” sia decisamente più scuro di quello degli italiani. Vedi anche Occhi color desktop?!?
mariopass_arch:
Ciao Licia, piccolo dubbio che mi assilla da tempo. Il “navy blue”? A cosa corrisponde? Faccio questa domanda perché in ‘After dark’ di Murakami, nella descrizione di una scena, l’autore (o meglio il suo traduttore) scrive di un “berretto viola dei Boston Red Sox” (squadra di baseball della Major League USA). Nella versione inglese il traduttore riporta come colore del berretto, appunto, “navy blue”. Entrambi i traduttori (in Italia Antonietta Pastore) hanno tradotto dal testo originale in giapponese, lingua a me sconosciuta quindi non ho modo di sapere il “vero” colore di quel benedetto berretto. Se viola = navy blue non avrei nessun dubbio. Ma se non fosse così?
Licia:
@mariopass_arch, qui a destra il logo sul cappellino dei Boston Red Sox da Wikipedia, è il colore che in inglese si chiama navy e in italiano blu (scuro). Se il traduttore della versione inglese è americano, presumo che a qualsiasi descrizione originale abbia fatto prevalere il colore sicuramente ben noto al potenziale pubblico di lettori (conoscenze enciclopediche). Sui questi colori trovi qualche altro dettaglio in Falsi amici blue ≠ blu in #TheDress: era proprio blu?,
Va considerato che lingue diverse classificano i colori in maniera diversa e non c’è sempre piene corrispondenza. Guy Deutscher in Through the Looking Glass – ne ho parlato in Falsi colori a Radio3 Scienza – racconta che fino a non molto tempo fa in giapponese la parola ao indicava sia il verde che il blu, mentre ora per il verde si usa la parola midori. Quando sono stati introdotti i primi semafori in Giappone negli anni ’30 del secolo scorso, il colore di via libera era descritto come ao; nel frattempo però, anche per influenza occidentale dopo la seconda guerra mondiale, in giapponese si è affermata la parola midori e quindi la descrizione era diventata incongruente con l’aspetto del semaforo. Ma piuttosto che cambiarla, in Giappone si è preferito modificare il colore del segnale luminoso e questo spiega perché il “verde” dei semafori giapponesi è bluastro.
Commento di Deutscher: The turquoising of the traffic light in Japan is a rather out-of-the-way example of how quirks of a language can change reality and thus affect what people get to see in the world.
Prova anche a dare un’occhiata a Traditional colors of Japan!
mariopass_arch:
@licia Da “vecchio” fan dei Red Sox ti ringrazio 🙂