[Settembre 2015] Il Consiglio dei ministri ha approvato alcune misure urgenti per la finanza pubblica. Tra queste c’è una proroga per la voluntary disclosure.
Di cosa si tratta? Di una procedura prevista da vari provvedimenti, tra cui il decreto legge 28 gennaio 2014, n. 4 e la legge 15 dicembre 2014, n. 186, descritti come disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero.
Negli atti legislativi non si trova alcuna occorrenza dell’anglicismo voluntary disclosure. Ricorre invece il termine collaborazione volontaria, la procedura tramite cui si “indicano spontaneamente all’amministrazione finanziaria tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero”.
Va comunque considerato che in inglese disclosure fa riferimento a qualsiasi azione di rendere pubbliche informazioni nuove oppure finora non note o segrete (da disclose: rivelare, svelare, divulgare, quindi un significato diverso da collaborare e collaborazione). Inoltre, la locuzione voluntary disclosure non fa riferimento esclusivamente ai capitali all’estero (cfr. ad es. la voce di Wikipedia, sulle informazioni rese note dalle società), quindi in italiano le viene attribuito un significato più specifico di quanto abbia in inglese .
Nomi inglesi per leggi italiane
Voluntary disclosure è un’altra conferma di una tendenza* sempre più diffusa: per discutere leggi e provvedimenti che riguardano i cittadini italiani, chi ci governa sceglie di usare nomi inglesi che però rimangono solo ufficiosi perché vengono esclusi dagli atti legislativi (la prova che sono anglicismi superflui!).
L’uso di anglicismi superflui in contesti istituzionali è mancanza di rispetto per l’interlocutore: la comunicazione è poco trasparente, si creano incongruenze e diventa più laborioso reperire informazioni. Ma in questo caso forse voluntary disclosure è stato scelto proprio per evitare che il cittadino non competente in materia faccia il collegamento ai condoni e agli scudi fiscali del passato che non si sarebbero mai più dovuti ripetere…
Pseudoanglicismo e acronimo “farlocco”
Intanto nei media e in alcune comunicazioni ministeriali si nota anche che viene attribuito un nuovo significato a voluntary disclosure , “rientro dei capitali dall’estero” (metonimia?). Per complicare le cose c’è anche chi abbrevia impropriamente in voluntary, dando luogo a uno pseudoanglicismo, come in questi esempi dal Sole 24 Ore:
Per concludere, un dettaglio divertente che mi fa pensare all’“inglese farlocco”: a quanto pare, tra gli addetti ai lavori voluntary disclosure viene abbreviato in VD, probabilmente senza sapere che in inglese è il diffusissimo acronimo di venereal disease.
.
Aggiornamento 20 ottobre – Oggi è stato pubblicato anche il parere dei linguisti del gruppo Incipit: Gruppo Incipit presso l’Accademia della Crusca: Abbandoniamo la "Voluntary disclosure" e accogliamo la "Collaborazione volontaria". Non viene però fatta alcuna osservazione sulla genericità della locuzione collaborazione volontaria che quindi non risulta particolarmente distintiva.
* L’esempio più eclatante di nome inglese ufficioso per una legge italiana è sicuramente Jobs Act, anglicismo assente da tutti i decreti legislativi che lo costituiscono: dettagli in Definizione ufficiale di Jobs Act. Altri esempi: FOIA (Freedom of Information Act), un discutibile acronimo inglese che sicuramente scomparirà dal testo della relativa legge, e stepchild adoption.
.
Vedi anche: Ancora itanglese, con il video di un’intervista al linguista Francesco Sabatini che definisce l’abuso di anglicismi “un misto di pigrizia, esibizionismo ed elitarismo” ed Elenco di anglicismi istituzionali, in continuo aggiornamento.
.
Carlo:
Trovo che sia proprio una scelta sbagliata oltre che pericolosa usare anglicismi in ambito legislativo.
Altro esempio a mio parere che lascia perplessi è l’utilissima legge sullo stalking, nome che disorienta il lettore comune.
Stefano:
Vorrei denunciare anche le irritanti locuzioni ‘split payment’ e ‘reverse charge’ introdotte di recente nell’ambito della contabilità finanziaria della Pubblica Ammninistrazione …
Licia:
@Carlo, anche in questo caso nell’articolo 612 bis del codice penale, modificato con il decreto legge 23 febbraio 2009 n. 11, viene usata terminologia italiana, atti persecutori, ossia “un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati che inducono nella persona che le subisce un disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di timore”: è la conferma che il diritto italiano riesce a denominare i concetti ricorrendo a risorse lessicali dell’italiano (nel testo di codice e decreto non appare mai l’anglicismo stalking).
C’è quindi una discrepanza tra la terminologia giuridica e il nome comunemente usata dai media e anche nei siti governativi, con tutti gli svantaggi che comportano i concetti che non sono denominati in modo univoco. Detto questo, non classificherei stalking come anglicismo superfluo ma utile, anche perché è un internazionalismo: è usato infatti in parecchie lingue, tra cui il francese e il tedesco. Inoltre, è in uso in italiano ormai da una ventina di anni e identifica il concetto in modo inequivocabile.
@Stefano, grazie per gli esempi. Non ho competenze in materia, ma se esiste già il termine scissione dei pagamenti (sito Agenzia delle Entrate), a cosa serve l’anglicismo?
Luciano:
Sono d’accordo anche hamburger andrebbe evitato, meglio polpetta schiacciata
Carlo:
Riguardo lo stalking ho trovato questa interessante pagina sul sito dell’Accademia della Crusca:
http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/inglese-stalking-italiano
Licia:
@Carlo, grazie, riferimento molto interessante. Riporto alcune frasi significative:
[…] Come spesso accade, il forestierismo, non essendo trasparente nella sua motivazione etimologica, si offre come “contenitore ideale” di un significato che fa riferimento a una realtà molto complessa, tanto nelle forme che può assumere, quanto nella tipologia dei protagonisti.
[…] Si tratta in effetti di una voce di indubbio successo, non solo nel nostro paese: da un sondaggio condotto in rete il 30 ottobre scorso, le occorrenze in tutte le lingue di stalking raggiungono 28.700.000. Tra le lingue europee la nostra sembra essere una delle più recettive (1.770.000 risultati), seguita dal tedesco (1.240.000) e, a molto distanza, dallo spagnolo (481.000) e dal francese (309.000).
[…] Di fronte all’alta resa funzionale del termine inglese, gli equivalenti italiani usati in giurisprudenza [atti persecutori] e in psichiatria [molestie assillanti] non mostrano la stessa immediatezza e non rispondono alle esigenze dello stile giornalistico.