Davvero spettacolare la cover di Learning to Fly, canzone dei Foo Fighters eseguita da 1000 musicisti italiani per convincere la band americana a venire a suonare a Cesena.
Fan a parte, forse non tutti sanno che la band ha preso il nome dai foo fighter, che durante la seconda guerra mondiale erano gli oggetti volanti non identificati avvistati dai piloti americani in Europa.
Il nomignolo per gli UFO pare fosse l’idea di un pilota americano di Chicago, dove venivano pubblicati i fumetti di Smokey Stover, improbabile pompiere della False Alarm Fire Company. Nelle storie appariva spesso la parola inventata foo, che potrebbe derivare da foolish, dal francese feu, “fuoco”, (frase ricorrente era where there’s foo, there’s fire) o dal carattere cinese fú 福, “fortuna”.
Foo in informatica
La parola foo (o foobar) è usata anche in informatica come variabile metasintattica per indicare un elemento generico all’interno di una determinata categoria. Non è del tutto chiaro però se anche in questo caso l’origine sia il fumetto Smokey Stover, l’acronimo militare FUBAR (Fucked Up Beyond All Recognition/Repair), una loro combinazione o altro ancora: dettagli in Wikipedia.
Il concetto di variabile metasintattica è familiare anche a chi non si occupa di programmazione perché usato anche in altri contesti, basti pensare a x, y, z oppure a tizio, caio e sempronio (e, in contesti informatici italiani, pippo, pluto e paperino). Si tratta di nomi o simboli che vengono subito riconosciuti come di per sé non significativi ma rappresentativi in modo generico di altri nomi: un altro esempio in John Doe, Mario Rossi e i loro parenti.