Blissymbolics / Blissymbols o Semantography è una lingua artificiale creata negli anni ‘40 del secolo scorso da Charles Bliss. È un sistema di scrittura logografico, come la scrittura geroglifica egiziana e la scrittura cinese, che si basa su una rappresentazione grafica di oggetti e concetti.
Ha la peculiarità di esistere solo in forma scritta e quindi di non poter essere parlata perché ai simboli non corrispondono parole (cfr. segno nel triangolo semiotico). Bliss l’ha ideata come sistema di comunicazione ausiliario indipendente e universale, ma non ha avuto molto successo.
Caratteri di base
La lingua è formata da 900 caratteri di base (Bliss-character) che rappresentano concetti chiave. Includono sia pittogrammi (immagini stilizzate di oggetti reali) che ideogrammi (simboli che raffigurano un’idea o un concetto astratto, ad es. la forma del cuore rappresenta emozione / sentimento e il profilo della parte superiore della testa rappresenta la mente). Vengono inoltre usati alcuni simboli arbitrari con funzioni particolari.
Parole
Per rappresentare nuovi concetti i caratteri di base vengono combinati tra loro per formare parole (Bliss-word). L’esempio a destra rappresenta il concetto di amico ed è ottenuto unendo i simboli di base uomo + sentimento + positivo + intensità.
I concetti possono essere resi più precisi aggiungendo e sostituendo dei caratteri specificatori (specifier). Ad esempio, il concetto di pasta è rappresentato da cibo + grano + polvere. Per i diversi tipi di pasta si aggiunge uno specificatore che rappresenta la forma:
Indicatori, puntatori e modificatori
Alcuni indicatori (indicator), puntatori (pointer), modificatori (modifier) e altri simboli hanno la funzione di marcatori grammaticali e semantici: sono di dimensioni ridotte e posizionati sopra o accanto ai simboli e servono a identificare parti del discorso, tempi e modi verbali, appartenenza, movimento, intensità, metafore ecc. In questo esempio si vedono gli indicatori di verbo (Action), aggettivo (Value), nome concreto (☐) e plurale (✕):
Sintassi
La costruzione delle frasi segue regole che determinano la sequenza dei simboli. Questo esempio, da Wikipedia, mostra come si esprime voglio andare al cinema:
La T capovolta rappresenta il concetto di persona, il numero 1 indica che si tratta della prima persona singolare. Il cuore rappresenta un sentimento, la linea ondulata il fuoco e uniti danno il desiderio, che con il marcatore del verbo, simile a un accento circonflesso, diventa desiderare. Le gambe con il marcatore sono il verbo andare e il cinema è una “parola” composta da una casa, il determinato, seguito dal determinante film (a sua volta composto da foto con la freccia che indica il movimento).
Le frasi seguono l’ordine SVO (soggetto verbo oggetto) che però non è universale, ad es. giapponese e coreano usano SOV. Anche tempi e modi verbali, uso della copula, forme attive e passive e altre funzioni grammaticali sono tipiche dell’inglese ma non sono comuni a tutte le lingue. Imparare la sintassi di Blissymbolics può quindi richiedere un notevole sforzo cognitivo per chi non ha familiarità con le lingue europee occidentali.
Limiti di Blissymbolics
Provate a indovinare cosa significa questa combinazione di caratteri:
(esempio da R. Sproat)
Rappresenta “chiedere scusa” (apology). Equivale a dire + sentimento + basso + ragionamento negativo + intensificatore + dentro + comprensione.
La combinazione è molto complessa e l’analisi del concetto appare arbitraria. Mostra anche elementi culturali non universali: la freccia verso il basso, ad esempio, è usata per esprimere negatività (cfr anche l’esempio iniziale di sad vs happy) ma è basata sulla metafora basso=negativo, alto=positivo, che non è condivisa da tutte le lingue.
Blissymbolics d’altronde precede di alcuni decenni la linguistica cognitiva, che ha rivelato che la metafora è un meccanismo fondamentale del pensiero umano ma che culture diverse privilegiano metafore concettuali diverse che si riflettono poi nella lingua.
Da questi e altri esempi è palese una marcata influenza dell’inglese nella concezione dei caratteri, nella loro combinazione e nella grammatica di Blissymbolics, che quindi non è né language-independent né culture-independent.
Altri limiti: non è un sistema di scrittura più facile da imparare rispetto ad altri, costringe a ricorrere a soluzioni molto macchinose e arbitrarie e a usare comunque anche l’alfabeto latino (ad es. per i numeri e per i nomi propri, non rappresentabili semanticamente). Inoltre, e questo è il maggiore limite, non ha la granularità e la capacità di astrazione delle lingue naturali.
Blissymbolics non è mai diventato un sistema di scrittura universale ma ha comunque avuto alcune applicazioni pratiche come metodo di comunicazione per persone con disturbi cognitivi o particolari tipi di afasia dovuta a traumi cerebrali, ma è stato soppiantato da metodi più efficaci.
Per saperne di più
An Introduction to Blissymbols spiega la logica con cui sono stati ideati i simboli e The fundamental rules of Blissymbolics illustra l’uso dei diversi elementi della lingua e le regole per disegnare i simboli e posizionare i marcatori nell’apposita matrice. In Blissonline si possono ottenere i simboli cercando la parola inglese corrispondente e si possono tradurre intere frasi con Writer. I concetti principali, raggruppati per categorie, si possono vedere e confrontare in Blissymbolics Resources; qui alcuni esempi da Feeling:
I limiti di Blissymbolic sono descritti da vari autori, tra cui Richard Sproat in Language, Technology, and Society.
Aggiornamento novembre 2015 – Sono stupita che Blissymbolics non venga mai citato nel dibattito sulle emoji come potenziale nuovo linguaggio universale. L’ho osservato in un’intervista alla trasmissione Il Salvalingua di Massimo Persotti a Tele Radio Più, che potete ascoltare in Emoji nuova lingua?
Aggiornamento luglio 2016 – In Emoji al volante, sintassi importante! ho descritto un esempio delle implicazioni dell’ordine SOV vs SVO nella comunicazione visiva, una limitazione di Blissymbolics che si ritrova nell’uso delle immagini di origine giapponese in contesti linguistici diversi, come quello italiano. Ne ho discusso anche a “Dacci un segno” a Radio3 Scienza.
Vedi anche:
♦ Na’vi, nuova lingua artificiale aliena
♦ Glossopoiesi, la creazione di lingue artificiali, in Glossolalia: vonlenska (hopelandic)
♦ Oggetti, concetti e segni nelle interfacce, sull’arbitrarietà dei simboli
Mauro:
In tutta sincerità… l’iniziativa di Bliss è/era assolutamente inutile e (a mio modesto parere) anche non troppo intelligente.
Antonio Bianchi:
Arrivo a questo post passando da quello sulla localizzazione dei rumori del frigorifero e quello sulle emoji.
Oltre ad essere stato un tentativo di definire un codice per la comunicazione universale, campo in cui come lei ha sottolineato non ha avuto successo, come su un versante diverso non è riuscito quello dell’Esperanto, il Bliss è stato anche il predecessore di una serie di sistemi simbolici, utilizzati nell’ambito della comunicazione aumentativa, CAA.
Nata per dare risposta a necessità espressive, prevalentemente legate a disabilità motorie a seguito di paralisi cerebrali, la comunicazione aumentativa ha attraversato diversi passaggi che hanno visto anche l’Europa, prima del nord e poi anche il nostro Paese, sviluppare strategie che mettono a tema l’aspetto della comprensione linguistica e considerano anche tutte quelle situazioni di disabilità intellettiva e relazionale in cui l’accesso al codice alfabetico risulta molto ostacolato.
Attualmente oltre al Bliss, poco usato anche nel campo della CAA per la sua complessità e non disponibilità di software in grado di gestirlo, esistono altri sistemi simbolici con una certa potenza espressiva, alcuni anche sul versante morfologico: il WLS, widgit literacy symbols, il PCS – picture communication symbols – e Arasaac – la radice Ara- deriva dallo stato dell’Aragona che ne ha promosso lo sviluppo.
In questo senso secondo me il Bliss, non più come codice universale, ma come espressione logografica della lingua italiana, può quindi essere “parlato”, ad esempio con il supporto di sintesi vocale. (Scrivo questo trovandomi su questo punto in parziale disaccordo con la sua affermazione che nel Bliss ai simboli non corrispondano parole).
Antonio Bianchi:
Nel Centro sovrazonale di comunicazione aumentativa di Milano, in cui lavoro, stiamo da tempo approfondendo la possibilità espressiva dei sistemi simbolici come lingua, che per le persone che consideriamo risulta costituire spesso la prima lingua. E utilizzando questi sistemi simbolici, in particolare attualmente il WLS per le sue caratteristiche di astrazione e supporto di alcuni elementi morfologici, stiamo sviluppando la proposta di libri in simboli, in cui il testo sia pienamente espresso in simboli, con soluzioni grafiche che favoriscono l’unitarietà dell’insieme simbolo e etichetta alfabetica, rispettando il più possibile il mondo espressivo dell’autore, con un modello che abbiamo chiamato inbook, per sottolinearne la funzione inclusiva, modello per la cui costruzione ci siamo confrontati e continuiamo a confrontarci con linguisti, esperti di percezione visiva, esperti di grafica.
Sul perchè della scelta di un anglicismo per definire questa operazione si potrebbe discutere, ma ora non mi soffermo su questo, perchè vorrei arrivare a un tema che mi interessa di più.
Il sistema simbolico WLS è per molti versi insoddisfacente, in particolare per la nostra lingua e per il nostro mondo culturale, per essere stato concepito a supporto della lingua inglese e dentro la cultura anglosassone, di cui, come lei sottolineava per lo stesso Bliss, è presente un’impronta forte e condizionante.
Anche dal punto di vista di altre caratteristiche, che sono importanti per la qualità di un sistema simbolico, (trasparenza lessicale, coerenza semantica, coerenza grafica, supporto degli elementi linguistici, completezza del dizionario, sostenibilità ambientale, rappresentabilità formale unicode, licenza d’uso) la situazione è distante da quanto desiderato e importante per una comunicazione e partecipazione della persona nel contesto sociale.
Si è infatti preferito, e in molti contesti si continua a preferire, un utilizzo dei simboli prevalentemente come supporto visivo, fermandosi così su un piano di espressione di bisogni primari e di strutture sintattiche troppo povere per esprimere pensieri più complessi e più profondi, o con funzione di commento, di arricchimento del contesto e disambiguazione pragmatica della frase, come lei dice rispetto alle emoji.
Antonio Bianchi:
Però, con tutti questi limiti, ci stiamo misurando con la traduzione di libri per arricchire il mondo di questi bambini e poi ragazzi e adulti, per arricchire il mondo emotivo e cognitivo con tutto ciò che passa nella narrazione, nella cultura condivisa che si manifesta nella letteratura e negli scambi più quotidiani.
Nel corso degli ultimi due anni abbiamo arricchito la rappresentazione degli aspetti morfologici anche con alcune altre soluzioni, che abbiamo recentemente utilizzato nella versione inbook di Pinocchio e del Piccolo principe, con Erickson, usciti alla fiera internazionale del libro per ragazzi di Bologna.
(qui avevo messo dei link in forma testuale, ma sembra che blocchino il messaggio, li tolgo)
Mi interessa il suo punto di vista che colgo attento al rendere al meglio possibile nei diversi mondi culturali la ricchezza di quanto presente in quello di origine e in quello di destinazione, rispettando entrambi.