La royal girl piace agli italiani

In un giornale radio italiano che annunciava l’allargamento della famiglia reale britannica ho sentito dire royal girl, un uso che ho trovato insolito. Quando l’ho notato anche in alcuni siti, ho fatto una ricerca per “royal girl” ristretta alle notizie italiane per il periodo 2-3 maggio e ho scoperto che è una locuzione ricorrente nei media italiani.

Royal girl

La stessa ricerca sui siti di notizie del Regno Unito non restituisce invece nessun risultato*: i media inglesi usano le locuzioni royal baby girl e royal baby. 

Nell’uso italiano, in questo tipo di contesto, royal girl mi pare un esempio di inglese farlocco: espressioni “inglesi” poco idiomatiche (e in qualche caso addirittura errate) usate da italiani e destinate a italiani con conoscenze solo scolastiche dell’inglese.

Mi piacerebbe però capire com’è possibile che la locuzione royal girl sia stata adottata in massa dai media italiani (Rai, Repubblica, Corriere, La Stampa…), anche in articoli firmati dai corrispondenti stranieri: i giornalisti italiani si copiano a vicenda, viene usata da tutti la stessa traduzione come fonte (ANSA?!), o magari agli italiani royal girl suona particolarmente familiare, forse per qualche riferimento culturale che invece a me sfugge?
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* In contesti più informali, ad es. nei social media, anche in inglese si trovano occorrenze di  royal girl, ma appaiono quasi esclusivamente in frasi augurali o come variazione del tipico annuncio di nascita It’s a (baby) girl! che diventa it’s a royal girl.


Vedi anche: like a girl  ≠  come una ragazza e Fanciulle del XXI secolo (differenze d’uso di girl, young woman e ragazza).

10 commenti su “La royal girl piace agli italiani”

  1. Massimo S.:

    Penso che il termine sia stato usato unicamente per rendere immediatamente percepibile al pubblico italiano che si sta parlando dell’ultima nata della famiglia reale inglese (che è poi, ormai, la famiglia reale per antonomasia)… per conferire un colore e un sapore “inglese”, per così dire, alla notizia.

    “Royal baby” sarà stato scartato perché non ci avrebbe fatto percepire immediatamente il sesso della nuova nata… e la curiosità, per così dire, dei fanatici di questo genere di notizie riguardava non l’evento nascita in sé, ma se fosse nato un maschio o una femmina.
    E non è stata adoperata l’espressione corretta e usuale “royal baby girl” forse perché giudicata dai media italiani troppo lunga o poco evocativa per uno strillo di giornale o di agenzia.

    Ma poi come viene mentalmente ” tradotta” l’espressione “royal baby”, che nel caso di specie riguarda una componente della casa reale erede solo eventuale al trono (in quarta battuta, se ho ben inteso le relative notizie), da italiani con conoscenze solo elementari d’inglese?
    Reginetta? Principessina? Regale neonata o regale ragazzina (bambina)? E qual è, invece, la trasposizione esatta (o meno approssimativa) in italiano?

  2. Mauro:

    Io invece mi pongo un’altra domanda: cosa interessa a noi italiani/tedeschi/francesi/ecc. della nascita di una bambina britannica in una famiglia che non ha nulla a che fare coi nostri paesi?
    Chiamate detto “baby” come volete… con noi non c’entra nulla. Anzi, come diremmo noi genovesi: con noi non c’entra un belino 😉

  3. Licia:

    @Massimo, secondo me in un contesto come questo, che più “inglese” di così non si può, l’anglicismo royal baby era perfetto. Non capisco perché ricorrere a inglese farlocco!

    @Mauro, mi sa che in questo caso, tecnicamente parlando, c’entra proprio ;-).

  4. Massimo S.:

    @licia

    Ovviamente non giustifico l’impiego dell’inglese farlocco… ma rispondendo al tuo invito ho cercato di capire ed evidenziare per quali motivi i media italiani possano (sbagliando…) aver fatto ricorso all’espressione royal girl di cui si discute.

    Indagare e capire perché Luigi abbia rubato non significa certo condividere o giustificare il ‘furto’ di Luigi…

    Di fronte al pur corretto ma ambiguo “royal baby” i fanatici di tali notizie non avrebbero avuto subito l’informazione sul sesso del neonato che era, per così dire, la “polpa” della notizia per quei media e fan italiani – a digiuno d’inglese – che vanno a caccia di un tal tipo di notizie.

    A questo punto, allora, alla luce dei tuoi chiarimenti iniziali e delle ipotizzate aspettative di questo particolare tipo di pubblico, l’anglicismo corretto da utilizzare al posto dell’inglese farlocco doveva essere, secondo me, non ”royal baby” ma “royal baby girl”…

    L’espressione farlocca, siamo nel campo delle ipotesi difficilmente verificabili, è o il frutto di una sintesi maldestra di redattori frettolosi e/o con poca dimestichezza con l’inglese, oppure la calcolata (ancorché grammaticalmente errata)” strategia” di chi vuole suscitare nei propri lettori il sogno di un destino regale per le proprie figlie, o per sé stesse, da vagheggiare a dispetto di ogni realistica probabilità di effettiva successione, come nel caso concreto; paradigma, peraltro, di una eventualità che come nel caso concreto non è del tutto esclusa.

    Insomma, come la royal baby (girl) di cui si discute può effettivamente succedere al trono inglese, ancorché a seguito di una serie di d circostanze difficili a verificarsi, allo stesso modo il lettore o la lettrice italiana, leggendo la notizia può sognare che sua figlia o lei stessa, a seguito di fortunose e fortunate circostanze, possa divenire, incontrando un vero principe azzurro, la sua “royal girl”… superando d’incanto, come in una favola, le difficoltà della vita.

    Ahiloro, dico io, un sogno “farlocco”… come farlocco è l’inglese impiegato per alimentarlo…

    Infine, un’ultima ‘seriosa’ considerazione. 😉

    Questa notizia, interpretata come sopra, “ci riguarda” nel senso che mette a nudo un modo di sentire che ancora appartiene, nonostante tutto, a molti di noi: l’ ”amore”, in determinati contesti che non consentono l’ascesa sociale dei ceti più deboli e svantaggiati, inteso come strumento di promozione e riscatto sociale, o “scorciatoia” verso il successo.

    In tali contesti ‘innamorarsi’ e sposare una persona di rango elevato è visto come l’unico mezzo per sottrarsi ad una condizione di miseria e degrado, o per superare quei propri limiti di censo o preparazione che non permettono un’ascesa sociale e professionale.

    Ne è un esempio l’opera teatrale “La gatta Cenerentola” di Roberto de Simone, dove l’unica speranza di riscatto della povera Cenerentola (espressione della sfruttata plebe napoletana) non è una ribellione rivoluzionaria che instauri un ordine più giusto, ma “acchiappare il sorcio”, ovvero “intrappolare il colombo”, anche se la sua “trappola” è una gabbietta di vile piombo e non quella luccicante di argento e d’oro delle sue concorrenti (ma come il carbone, che spento è brutto e nero, però quando si accende manda luce e calore, così lei al momento giusto saprà accendersi e mandare bianchi e caldi raggi di luce, cioè far valere le sue qualità nascoste…); ossia fuor di metafora deve trovare l’occasione giusta per incontrare la persona benestante da ammaliare e sposare per cambiar così la sua condizione sociale. https://www.youtube.com/watch?v=ykV51I16hyM

    Anche le speranze di riscatto della cattiva matrigna di Cenerentola, vedova di sette mariti che nulla le hanno lasciato, https://www.youtube.com/watch?v=Cnz-YvOsPL8 è dare in sposa le sei figlie (sei sorelle) a qualche maggiorente e perciò si dà da fare per decantarne le virtù amorose https://www.youtube.com/watch?v=N2eHnIAbmmo e introdurle nella buona società.

    È anche la comoda ideologia coltivata dai ceti dominanti per giustificare uno status quo che non sempre offre a tutti paritarie occasioni di studio e di opportunità professionali e lavorative e per ‘distrarre’ i ceti svantaggiati dal rivendicarle.

    Ricordate la battuta di Berlusconi per cui l’unica vera soluzione dei problemi esistenziali delle donne consiste nello sposare un uomo ricco? https://www.youtube.com/watch?v=WlY5UeYeePs https://www.youtube.com/watch?v=srk2-e_axTI
    Ecco, in certi contesti, quelli farlocchi delle ‘royal girls’ si propina questo ‘tranquillante’ per impedire che si prenda coscienza a livello individuale e collettivo di questa realtà e ci si adoperi per modificarla.

    Massimo S. -Bn

  5. Licia:

    @Massimo, in italiano però royal baby non è ambiguo grazie al genere: basta l’articolo, la royal baby, per chiarire che si tratta di una femmina.

    Per il resto, anche per me queste notizie sono del tutto innocue. E a proposito dell’ultimo riferimento a Berlusconi – non il primo e sicuramente non l’ultimo esempio di questo tipo – mi piacerebbe che tutte le energie spese esclusivamente a cercare di imporre il genere femminile per i pochissimi nomi di professione che non ce l’hanno fossero usate per evidenziare e ridicolizzare questi stereotipi sessisti, molto più subdoli e fastidiosi (eufemismo!) delle presunte discriminazioni* causate dall’assenza della forma femminile per ingegnere e medico.

    * per me un finto problema, cfr. Donne e grammatica.

  6. Massimo S.:

    @Licia

    Come non detto, avevi ragione tu… in italiano il genere di “royal baby”, in questo caso, lo rivela bene l’articolo femminile premesso alla locuzione, saziando fin da subito e senza ombra di dubbio l’insana curiosità dei fanatici di tali notizie e dando così la locuzione opportunamente articolata al femminile pure il giusto sapore inglese.

    L’altra pur corretta espressione inglese può invece essere, in questo caso di fiocco rosa, inutilmente ridondante…

    Ma giusto per dire ancora qualcosa, e non ‘capitolare’ del tutto 😉 non sono però sicuro che al maschile le cose funzionerebbero altrettanto bene…
    Non basta sempre l’articolo per disambiguare “royal baby”

    Se fosse nato un maschio e la stampa italiana avesse usato il titolo “E’ nato ‘il royal baby'” invece di “E’ nato ‘il royal baby boy'”, a parecchi, nonostante l’articolo al maschile, sarebbe rimasto il dubbio circa il sesso del neonato, per il fatto che l’espressione baby con l’articolo al maschile è spesso usata in italiano al singolare per indicare genericamente sia un neonato o bambino o nascituro che una neonata o bambina o nascitura.

    Ed infatti quando nel 2013 è nato il primo figlio di William e Kate, diversi giornali italiani, pur usando nei loro titoli l’espressione di cui si tratta articolata al maschile, hanno sentito il bisogno di disambiguarla già nel titolo con precisazioni che non lasciassero dubbi.
    http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2013-07-22/nato-royal-baby-maschio-194224.shtml?uuid=Ab6WOWGI
    http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2013/07/22/AP2CnL2F-londra_maschio_royal.shtml

    Inoltre, per il secondogenito, quando il sesso del neonato era ancora incerto, i giornali italiani hanno parlato de ”il” royal baby (che poteva essere maschio o femmina) con l’articolo al maschile.
    http://www.repubblica.it/esteri/2015/04/27/news/secondo_royal_baby_attesa_gran_bretagna-112954110/

    Dunque in italiano royal baby non è ambiguo con l’articolo ‘al femminile’… ma può esserlo, anzi lo è senz’altro, con l’articolo al maschile.

  7. Licia:

    @Massimo, non credo sia una questione specifica dell’anglicismo baby ma di qualsiasi sostantivo usato in riferimento a un nascituro: se non se ne conosce in anticipo il sesso, si usa il maschile che in italiano funziona come genere “neutro”.

  8. Massimo S.:

    @Licia

    Empiricamente mi arrischierei a sostenere che il maschile come genere neutro è usato anche quando non s’intende caratterizzare un bambino già nato (e non più nascituro) in senso maschile o femminile… cioè ho proprio adesso parlato di “un bambino” che, ovviamente, non è un maschio, ma un concetto ideale, che comprende entrambi i generi.

    E proprio quest’uso del maschile neutro, persino vituperato dalle femministe più irriducibili, in pratica fa si che anche quando avvenuta la nascita si annunci che “il bimbo” è nato, oppure che è nato “il bimbo”, o che c’è “un nuovo nato”, in mancanza di un contesto disambiguante, troppo spesso non sappiamo se chi ci dà la notizia intende solo significare che c’è stato l’evento nascita e che una nuova vita, maschile o femminile, ha visto la luce del mondo oppure ci rivela effettivamente che è nato un maschio.

    Abbiamo voglia a dire che questo sembiante maschile è un neutro… in italiano in mancanza di una ben definita forma grammaticale per il genere neutro, nell’ambito di una comunicazione stringatissima di fronte ad un nome di genere grammaticale maschile, poiché tale genere può essere solo ‘un’apparenza’ e nascondere, in realtà, un genere non determinato, noi rimaniamo nell’incertezza sul sesso del ‘nato’ o del ‘bimbo’ o ‘bambino’ che dir si voglia anche se il parlante il genere ormai lo conosce e vuol comunicare con quel maschile che è nato proprio un maschio.

    Se, oltrepassata la soglia della vita e rivelatosi, ai genitori, inequivocabilmente il genere non più ignoto del finalmente nuovo nato , l’uso del genere maschile indicasse così indefettibilmente che il nuovo nato è e non può che essere un maschio, chi comunica una notizia del genere non sentirebbe affatto il bisogno di precisazioni aggiuntive, dettate da un maschile che può essere interpretato come neutro , e quindi dettate dalla avvertita insopprimibile necessità di chiarire che non si tratta affatto di un maschile neutro ma proprio di un maschio, o anche di una femmina, per così dire… (vedi più avanti)

    Proprio questa necessità di disambiguazione fa si che tanto spesso si annunci: il bimbo[che può essere anche interpretato concetto ideale o ‘neutro’, né maschio né femmina, o tutti e due] è nato! E si aggiunga subito dopo : …è un maschio! O anche, si chiarisca: …è una femmina!
    Oppure si scriva , come fanno IlSole 24 Ore e Il secolo XIX: è nato il royal baby, è un maschio.

    Tale precisazione in italiano non sarebbe necessaria con l’anglicismo royal baby boy, che ce l’ha ‘incorporata’ in lingua inglese: in presenza di “ è nato il royal baby boy” chi ascolta o legge dovrebbe capire senz’altro che è nato un maschio, quantomeno postulando una sua pur minimale conoscenza d’inglese.
    Ma oggi chi non conosce l’inglese? E boy = maschio, quasi come il significato di sport, dovrebbe essere alla portata persino delle signore ottuagenarie mie simpatiche vicine di casa che non hanno l’inglese nel bagaglio delle loro conoscenze di base.

    Alla fine mi rendo conto che si tratta di una discussione astratta…

    In un contesto comunicativo che non sia brevissimo, ridotto alle stringate frasi sopra riportate, saranno normalmente altri indizi o termini della comunicazione a determinare e farci comprendere quale sia il sesso del neonato al di là del pur ambiguo genere grammaticale maschile-neutro adoperato.

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