Mi è piaciuta molto l’intervista di Patricia Brenes a Barbara Inge Karsch, terminologa di grande esperienza e particolarmente brava nell’attività di formazione.
Condivido le perplessità di Barbara sul lavoro terminologico svolto sporadicamente, solo se necessario, e senza alcuna formazione: per poter garantire produttività e qualità servono competenze terminologiche specifiche, anche teoriche (cfr. bibliografia di base).
Esperienza e padronanza della disciplina conferiscono inoltre l’autorevolezza necessaria per interagire con gli esperti e con i responsabili dei prodotti, che raramente hanno competenze terminologiche. È un aspetto forse ancora più rilevante nei progetti con gestione esternalizzata (outsourcing) della terminologia: solo un terminologo qualificato sarà in grado di gestire eventuali conflitti ed evitare termini inadeguati ma accolti perché proposti da committenti che non si osa contraddire.
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Vedi anche: T come Terminologo (“persona a T”) e Terminologo e divulgatore
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Giovanna:
Anche al FIT World Congress di Berlino, al quale ho partecipato in agosto, diversi interventi erano dedicati al lavoro terminologico, tra l’altro sempre più richiesto nell’ambito di imprese, e agli strumenti necessari per svolgerlo. Il succo di tutti gli interventi era proprio questo: chi svolge un lavoro basato sulla lingua, traduttori e non solo, deve conoscere (e continuare ad aggiornare) il lavoro terminologico nella teoria e nella pratica. Inutile dire che questo presuppone studi accurati.