In Continuum: dalla lingua a Windows 10 ho fatto riferimento alle diverse varietà dell’italiano contemporaneo, rappresentabili in “architetture” simili a questa:
Assi di variazione:
diafasico – situazioni di impiego (da formale e formalizzato a informale, con diversi registri d’uso)
diamesico – mezzo o canale di comunicazione (da solo scritto a solo parlato)
diastratico – strati e/o gruppi sociali (da uso “alto”, colto, a uso “basso”, incolto).
Gli assi usati in questo schema evidenziano la multidimensionalità della lingua: a seconda della situazione, dell’interlocutore e delle finalità comunicative sono richieste varietà diverse che possono seguire regole diverse. A scuola invece spesso si imparano norme linguistiche inderogabili che indicano cosa è giusto o sbagliato, senza alternative, in qualsiasi contesto.
La grammatica però non è piatta ma è un universo tridimensionale. È una delle metafore alla base di un libro che mi è piaciuto molto, Si dice o non si dice? Dipende. L’italiano giusto per ogni situazione di Silverio Novelli, giornalista e lessicografo del portale Treccani, dove risponde anche alle domande di grammatica e lessico dei lettori.
Si dice o non si dice? Dipende
Il libro parte dalla premessa che alcuni errori sono sempre tali, in qualsiasi circostanza, mentre altri sono più o meno gravi o, addirittura, più o meno errori (dipende!), a seconda di diversi fattori: “in molti casi si può dire che la correttezza equivale […] all’adeguatezza, pertinenza, efficacia della scelta fatta in una determinata situazione comunicativa”.
Novelli analizza errori veri e presunti di pronuncia, grafia, punteggiatura e parti del discorso, con molti esempi e riferimenti spesso divertenti che incuriosiscono a leggere anche quando si conosce già l’uso corretto (bonus per chi ama il genere: vari rimandi alla fantascienza).
Ho apprezzato molto la scelta di concludere ciascuna analisi con una sintesi visiva che associa le indicazioni Sì, No e Tollerabile a simboli “che fanno capire immediatamente da cosa dipende il fatto di potere o non potere adoperare la parola o la locuzione presa in esame”.
La distinzione principale è tra lingua scritta e lingua parlata (cfr. variazione diamesica); per ciascuna varietà vanno inoltre considerati situazione, mezzo, destinatario e finalità della comunicazione, che possono portare a un’ulteriore distinzione tra lingua formale e informale / spontanea (cfr. variazione diafasica) e italiano a scuola.
Esempio per i verbi intransitivi usati in funzione causativa, come in Hai uscito il cane?, forma tipica del sud Italia (variazione diatopica):
Esempio per la concordanza a senso, come in un gruppo di persone vanno:
Come ho già osservato in “Vorrei un consiglio per la tesi…”, non tutti i parlanti hanno la consapevolezza dei diversi registri e delle diverse modalità di comunicazione dell’italiano e quindi ho trovato molto attuali gli spunti di riflessione e l’attenzione alla multidimensionalità della lingua di questo libro.
Lo schema iniziale è adattato da Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo di Gaetano Berruto. La zona cerchiata indica il “centro” sociolinguistico dell’italiano, che non coincide con il centro geometrico ma è spostato verso il quadrante scritto, formale e alto perché l’italiano standard è tradizionalmente modellato sull’uso scritto letterario. Non è invece incluso l’italiano della “comunicazione digitale”, brevemente descritto nei commenti qui sotto.
.mau.:
Secondo te come mai Berruto non pensa alla possibilità di un “parlato colto”? (“parlato” che oggi si potrebbe anche applicare al testo inviato in forma elettronica, che è diverso dal testo scritto formale)
Poi io personalmente sarei ancora più tollerante per la concordanza a senso, ma quella è un’altra storia 🙂
Giovanna:
Molto interessante questo libro. In base all’esempio del cane, quindi, una locuzione dialettale è classificata come appartenente alla “lingua parlata spontanea”? Io direi che i dialetti vanno considerati lingue a parte, ma forse il confine non è molto netto …
Licia:
@.mau. nello schema (che io ho semplificato) vengono rappresentate solo le varietà fondamentali, da intendersi “come poli di riferimento, punti di aggregazione, o meglio ancora ‘addensamenti’, che rappresentano nodi di articolazione del continuum di varietà dell’italiano contemporaneo, più che come varietà discrete ben isolabili, con tagli categorici”, quindi sicuramente nel quadrante superiore destro trova spazio anche il parlato colto, varietà però da considerarsi non standard. Meriterebbe inoltre un discorso a parte l’italiano “della comunicazione elettronica”, o CMC (comunicazione mediata dal computer), che si è affermato a partire dalla seconda metà degli anni ’90; nello schema sarebbe collocabile nella parte alta del quadrante inferiore sinistro e nel libro di Novelli non a caso è rappresentato dall’icona dello smartphone.
@Giovanna, credo che queste forme, diffusissime anche tra chi ha un grado di istruzione elevato, non vadano considerate come dialetto ma come italiano regionale (cfr. ho rimasto in Romagna). Ne tengono conto altri schemi che rappresentano l’architettura dell’italiano contemporaneo ricorrendo un asse diatopico.
Aggiungo anche un cartello visto all’ingresso del Castello Eurialo a Siracusa; la costruzione della frase ha attirato la mia attenzione ma sicuramente non quella dei turisti locali:
Nuovo post: I media e la bufala di “esci il cane”
Giovanna:
grazie, non avevo pensato a questa distinzione tra italiano regionale e dialetto in senso stretto. Ne ho approfittato per approfondire qui:
http://www.treccani.it/enciclopedia/italiano-regionale_%28Enciclopedia_dell%27Italiano%29/
Licia:
Giovanna, grazie per il riferimento. L’Enciclopedia dell’Italiano Treccani è una delle mie risorse linguistiche preferite; è consultabile online ma per me è un vero piacere anche prendere il mano il volume e sfogliarlo a caso per imparare ogni volta qualcosa di nuovo. 🙂
Marco:
Sembra un libro molto interessante, peccato per la copertina che a mio parere è orrenda…
Anche le icone hanno una grafica così superata…
.mau.:
“ancora una volta ho rimasto solo!” (cit.)
Licia:
@.mau. 😀
(ma non è l’ho rimasto romagnolo, che è seguito da complemento oggetto e sostituisce mi è rimasto, ad es. ho rimasto solo la XL).