Il nuovo dispositivo indossabile di Apple è stato oggetto delle analisi linguistiche di alcuni autori americani.
Cambia il naming: da iWatch a
Dopo 16 anni, Apple ha abbandonato il prefisso i di iPod, iPad, iPhone, iTunes, iCloud, non solo per problemi di marchi registrati (il nome iWatch sarebbe stato troppo simile a iSwatch, orologio svizzero) ma anche per evitare che iWatch venisse interpretato come I watch, “osservo, controllo”.
Anche il nuovo servizio di pagamento via iPhone è stato chiamato Apple Pay e non iPay, un segnale che il prefisso i sta diventando datato ed è ormai inflazionato perché usato anche da altri. Apple invece vuole comunicare esclusività e innovazione e probabilmente anche rimarcare la fine dell’era di Steve Jobs, fautore dei nomi con la i.
Senza parole: comunicazione non linguistica e post-linguistica
Il nuovo nome non è semplicemente Apple Watch ma , con l’icona della mela morsicata. L’esperta di naming Nancy Friedman osserva che in questo modo si sposta il nome da un territorio verbale a uno visivo, molto in voga ultimamente grazie alle emoji.
Con Apple Watch le parole diventano superflue: ha funzioni che consentono di comunicare con disegni (sketches), tocchi (taps) e persino le proprie pulsazioni cardiache, o batticuore (heartbeats).
Per il linguista Richard Sproat, citato in Do we even need words anymore?, è la conferma che starebbe emergendo una preferenza culturale per una comunicazione non linguistica o comunque non testuale ma visiva. È un processo cognitivo più rapido e meno impegnativo perché non richiede l’elaborazione di testo scritto, ed è avvertito come più autentico. Non è casuale che nelle descrizioni di Apple sia ricorrente l’aggettivo intimate, che in inglese fa pensare a un legame profondo, speciale, individuale, che fa sentire a proprio agio (sono connotazioni che non coincidono con quelle di intimo in italiano, cfr. In intimità con l’iPad?).
Il linguista Ben Zimmer invece usa l’aggettivo post-linguistico per descrivere la presentazione di Apple Watch, in quanto prevalgono elementi visuali che sono indipendenti da qualsiasi lingua e quindi sono veramente globali.
Zimmer fa comunque notare che la comunicazione non verbale è anche pre-linguistica perché inadatta a esprimere concetti astratti o complessi, un’inadeguatezza che nell’antichità fu lo stimolo per far nascere la scrittura: per Zimmer si potrebbero addirittura individuare dei parallelismi tra i primi portatori di smartwatch e gli uomini primitivi!
Comunicazione classica e anisomorfismo
Nelle pagine del sito Apple il testo continua comunque ad essere usato in maniera “tradizionale” ed è caratterizzato da una scrittura curata nei minimi dettagli. Esempio:
In tutti i testi descrittivi sono sfruttati molto abilmente gli usi figurati e metaforici, la polisemia, le sfumature di significato e le potenziali associazioni di alcune parole chiave come time, watch, feel.
È una scrittura estremamente incisiva in inglese, però meno efficace a livello globale per chi non è di madrelingua, e che complica la traduzione che deve tenere conto di eventuali problemi di anisomorfismo. In italiano, ad esempio, distinguiamo tra ora e tempo (cfr. tell the time e make the most of your time) e il nome orologio richiama esplicitamente la funzione di misurazione del tempo, a differenza di watch, parola polisemica che ha già avuto varie risemantizzazioni* e che quindi si presta a ulteriori ampliamenti di significato.
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Vedi anche: Oggetti, concetti e segni nelle interfacce
* Il significato di “orologio” di watch risale alla fine del XVI secolo e deriva dall’associazione con le sveglie usate per chi era di guardia come sentinella o sulle navi (cfr. watchdog). In inglese gli orologi si distinguono in watch, da polso o da tasca, e clock, non indossabili, ed entrambi i tipi sono descrivibili come timepiece.
Curiosità: nel lessico specialistico dell’orologeria le funzioni aggiuntive di un orologio si chiamano complicazioni (complication in inglese).
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Maria Pia:
I tuoi post sono perfetti come i testi descrittivi della Apple! 😀
maxxfi:
Oltre ‘I watch’ Apple ha anche modo di evitare ‘I pay’
BEP:
Alcuni linguisti farebbero meglio a studiare un po’ di “storia” prima di partire in quarta con le loro analisi. Anche Apple TV (venduta dal 2007) non si chiama iTV e il suo nome è scritto col logo della mela esattamente come Apple Watch.
Licia:
@Maria Pia, grazie! 🙂
@maxxfi, I Pay non avrebbe fatto un bell’effetto!
@BEP, non ho tradotto gli articoli ma ho riportato i punti che per me erano più interessanti. In With Apple Watch, a Naming Tradition Ends (il link marchi registrati) viene citata Apple TV:
Apple has deviated from its iHabit — call it a “pre-fixation” — before. It avoided the letter entirely with its MacBook line.
In 2006, Steven P. Jobs, Apple’s former chief executive, unveiled the television companion device that is today called Apple TV. At the time, Mr. Jobs said Apple was calling the device iTV, emphasizing that it was a code name. When the product went on sale to the public the next year, the company mysteriously renamed it Apple TV, without explaining the switch.
A clue may have come in recent years, as rumors of a new Apple television product swirled and the media and Wall Street analysts resurrected the iTV name. In 2010, that prompted an executive at the British broadcaster ITV to say that the company would oppose any attempt by Apple to use the brand name.
BEP:
Ammetto che non ho letto gli articoli che hai citato: mi sono limitato a leggerne gli indirizzi, e ho osservato che si tratta di articoli recentissimi (conseguenti alla presentazione dei nuovi prodotti) e che dai titoli sembrano descrivere come una prima assoluta un prodotto Apple senza la “i” e con il simbolino accanto come parte del nome. L’impressione che ho avuto è che molti autori si siano dimenticati della Apple TV.
Alessandro de Lachenal:
COnsiderazioni interessanti, però non vedo nessun link per il linguista Ben ZImmer: da dove hai preso quelle informazioni, Licia?
Licia:
Anche Ben Zimmer è citato in Do we even need words anymore?.