Coding e programmazione

Testo dal documento La buona scuola: Serve quindi un piano nazionale che consenta di introdurre il coding (la programmazione) nella scuola italiana. A partire dalla primaria: vogliamo che nei prossimi tre anni in ogni classe gli alunni imparino a risolvere problemi complessi applicando la logica del paradigma informatico anche attraverso modalità ludiche (gamification). A partire dall’autunno, dopo Stati Uniti e Inghilterra, lanceremo in Italia l’iniziativa Code. Org […] Mi ricollego a La buona scuola, tra anglicismi e sillabazioni e ai diversi commenti che ha suscitato per aggiungere qualche osservazione sull’uso del termine coding, preferito a programmazione per descrivere le competenze digitali che verranno introdotte nella scuola primaria italiana.

L’iniziativa si chiama Programma il Futuro e l’unica pagina per ora disponibile dà per scontato che il concetto informatico di programmazione sia già noto, non spiega perché venga rinominato in coding ma indica che i due termini sono sinonimi.

Nell’ottica del lavoro terminologico non è una scelta corretta: andrebbe sempre usato un unico termine per identificare in modo univoco un concetto specifico e per differenziarlo dai concetti correlati, in modo da evitare possibili ambiguità (dettagli in Variazione e ripetizione).

Destinatario, contesto e coerenza

Appurato che coding e programmazione denotano lo stesso concetto, mi domando se nella scelta di privilegiare coding siano stati considerati i destinatari dell’iniziativa, che non sono informatici o consulenti avvezzi all’itanglese ma insegnanti, alunni e genitori della scuola primaria (elementare).

In un contesto educativo, credo andrebbe escluso qualsiasi forestierismo superfluo per il quale esiste già un’alternativa italiana motivata, trasparente e in uso da tempo, anche per non instillare la convinzione che la nostra lingua non abbia mezzi espressivi adeguati.

Si può anche notare che il termine coding non è usato né nel testo descrittivo della pagina italiana di code.org*, né negli eventi legati alla Settimana UE della programmazione (#coding appare unicamente come hashtag comune a tutte le lingue) e non è coerente neanche con il nome dell’iniziativa di cui è il concetto chiave, Programma il Futuro.

Per il momento il sostantivo coding non è ancora registrato da nessuno dei principali dizionari di italiano, a differenza di molti termini informatici entrati nell’uso comune. Privilegiarlo a programmazione ha anche un altro svantaggio: manca un verbo per descrivere l’azione corrispondente, come si ha invece con programmazione programmare (scrivere codice è molto più vago di programmare, e comunque si usano linguaggi di programmazione e non *di coding).

Precisione e percezione

In attesa di un chiarimento sulla scelta di coding, ricordo un’osservazione di Annamaria Testa: ai termini inglesi spesso viene conferito un vantaggio su quelli italiani “perché soggettivamente vengono percepiti come più precisi e più evocativi, e perché si portano dietro in automatico una connotazione moderna e cosmopolita, quindi positiva”.

Ho il sospetto che anche coding sia stato scelto perché arbitrariamente gli viene attribuito un significato univoco e più specifico che invece in inglese non ha.

A questo punto sono curiosa di vedere le prossime scelte terminologiche di Programma il Futuro, in particolare quando per lo stesso concetto esistono designazioni diverse, ad es. se ci sono incongruenze tra i termini usati nelle versioni localizzate del software più diffuso, tra informatici o nel mondo accademico.


* Il documento La buona scuola annuncia anche il lancio italiano di Code.org, il cui contenuto per ora è disponibile solo in inglese. Mi auguro che la localizzazione sia stata fatta da professionisti e non in crowdsourcing, come pare indicare la pagina Volunteer Translators for Code.org, perché potrebbe implicare problemi di qualità e incongruenze terminologiche, come nell’esempio descritto in Mute in italiano, la confusione di Twitter.

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Aggiornamento novembre 2014 – Ho citato questi esempi in Terminologia e comunicazione, il mio intervento alla giornata di studi Comunicare in Europa.

Aggiornamento dicembre 2015 – Coding è una delle nuove parole aggiunte all’edizione 2016 del Vocabolario Zingarelli. Dettagli in Aggiornamenti su coding.

7 commenti su “Coding e programmazione”

  1. Enrico Nardelli:

    Cara Licia

    il sito Code.org è già disponibile in Italiano. Bisogna selezionare in basso nella pagina, sulla destra, l’opzione “italiano” da un menu a tendina che permette di scegliere tra molte lingue. In futuro le pagine dovrebbero arrivare automaticamente in italiano a tutti quelli che accedono dall’Italia. Qualcosa potrebbe risultare ancora non tradotto perché Code.org sta ancora continuando ad apportare modifiche.

    Nell’ambito del progetto Programma il Futuro abbiamo curato in modo particolare la precisione della terminologia sia per i nostri testi che per la localizzazione di Code.org, ben consapevoli che il crowdsourcing non può raggiungere in casi di questo tipo un livello di qualità sufficiente.

    Certamente alcune cose saranno migliorabili e contiamo sul prezioso supporto di quelli, come te, che sono specializzati in questo ambito.

    Per il resto, concordo con l’osservazione da te riportata di Annamaria Testa, ed aggiungo che secondo me la connotazione “moderna, cosmopolita e positiva” è una qualità molto ricercata dalla comunicazione politica e giornalistica.

    Il piano dell’intervento operativo ed educativo è però diverso.

    Come avevo anticipato anche in un mio recente post, in questa azione formativa di Programma il Futuro, oltre ad preferire i termini italiani che quelli inglesi, preferiamo spostare l’enfasi sui termini che sottolineano l’impatto culturale (il pensiero computazionale) piuttosto che l’abilità in sé e per sé (la programmazione).

    Ciao, Enrico

  2. Licia:

    Grazie Enrico,
    ottima notizia che in questo ambito educativo venga privilegiata la terminologia italiana, ovviamente se prevalente e consolidata (primo esempio che mi viene in mente: tra database e base di dati credo sia preferibile il primo perché più diffuso e usato nei programmi che consentono di crearli e di gestire e consultare i dati).
    Per ora in Code.org vedo solo la prima pagina in italiano, anche in un browser con tutte le impostazioni in italiano, e tutto il resto in inglese, quindi credo dovrò aspettare ancora qualche giorno.
    A breve aggiungerò anche qualche altro spunto di riflessione da scambi su Twitter.

  3. Riccardo Schiaffino:

    Cara Licia,

    Più leggo il testo di Programma per il futuro, più mi cascano le braccia. Non è solo questione dell’uso dell’itanglese, però, ma anche (e forse soprattutto) di una scrittura pesante e non immediata, piena di cliché e mal pensata per comunicare con i lettori.

    Ad esempio “applicando la logica del paradigma informatico anche attraverso modalità ludiche (gamification)”.

    Una traduzione in italiano leggibile potrebbe essere: “creando da sé qualche gioco sul computer”.

    Saluti,

    Riccardo

  4. Licia:

    @Riccardo, oltretutto dalla frase non riesco a capire cosa si intenda esattamente: se imparare a programmare attraverso attività ludiche, di qualsiasi tipo, oppure se si tratta in modo specifico di gamification, che nell’accezione più comune indica l’uso di meccanismi e dinamiche tipiche dei videogiochi (punti, classifiche, livelli, premi ecc.) in contesti non ludici, cfr. Gamification e ludicizzazione e commenti.

    La mia impressione è che non si sia riflettuto a sufficienza sui destinatari del documento e sulle finalità del testo, né sull’importanza di assicurare coerenza in tutti gli aspetti della comunicazione.

    La presentazione del documento e la grafica accattivante, ad esempio, suggeriscono che sia rivolto a tutti, ma il testo non corrisponde alle aspettative, basti pensare al numero di anglicismi.

    Probabilmente chi ha redatto il documento non si è reso conto che alcuni riferimenti, palesi per gli autori, non si possono dare per scontati quando ci si rivolge a un pubblico di non addetti ai lavori, come mostra questo breve scambio che riguarda la frase che hai citato:

    (ti risparmio il resto dello scambio: l’atteggiamento dei miei interlocutori non è molto incoraggiante…)

    Aggiornamento novembre 2014 – La difficoltà di immaginare che gli altri non sappiano ciò che conosciamo bene ha un nome: è la curse of knowledge, che ho descritto in La “maledizione della conoscenza”.

  5. Riccardo Schiaffino:

    Ciao Licia,

    Ti dirò, frasi come “applicando la logica del paradigma informatico anche attraverso modalità ludiche (gamification)” che riesce ad usare ben due parole per “gioco”, una aulica e una inglese, senza mai usare una parola appartenente al normale registro italiano, mi ricordano tanto l’Orwell di Politics and the English Language:

    “You can shirk it by simply throwing your mind open and letting the ready-made phrases come crowding in. They will construct your sentences for you — even think your thoughts for you, to a certain extent — and at need they will perform the important service of partially concealing your meaning even from yourself.”

    Riccardo

  6. Licia:

    @Marco, il buzzword bingo è un’idea geniale e avevo usato la striscia per illustrare un vecchio post, Gergo aziendale inglese, dove (guarda caso!) facevo anche l’esempio di paradigm, ovviamente subito adottato in italiano come paradigma. C’è anche un link a un Business Sentence Generator per creare automaticamente frasi di corporate speak.


    Ne approfitto per aggiungere un video molto efficace di Alessandro Bogliolo, ambasciatore italiano della Settimana UE della programmazione:

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