L’evoluzione di spending review

L’anglicismo spending review è apparso nelle cronache economico-finanziarie nel 2004, si è imposto all’attenzione di tutti nel 2012, con il governo Monti, e da quando è entrato nel lessico comune ha già subito un’evoluzione, trasformandosi in spending. Qualche esempio:

 spending review → spendingil lavoro di spending va avanti
la spending è scelta politica, non tecnica
se la spending è un bancomat, addio al taglio delle imposte
la spending e la lotta all’evasione ridurranno il cuneo fiscale

Il sostantivo spending usato in italiano è uno pseudoprestito, una parola che ha l’aspetto di un prestito ma che nella lingua di origine ha un altro significato o addirittura non esiste.

Come social e altri pseudoanglicismi, anche spending è stato creato grazie a un meccanismo improprio di accorciamento della locuzione originale inglese che privilegia il determinante anziché il determinato: in questo caso la revisione (e razionalizzazione) della spesa pubblica si trasforma in un’azione di spesa. Messaggio subliminale?!?

Nell’attesa di capire se spending si affermerà su spending review, continuo ad avere molte perplessità quando leggo titoli come Cottarelli esce dall’ombra: se si usa la spending per spesa niente calo delle tasse.

Vedi anche: Spending review e rispetto per l’interlocutore


Aggiornamento 6 agosto 2014 – Aggiungo un esempio che mi ha segnalato Carlo Gianuzzi via Twitter, dalla lettera [testo non più disponibile] inviata da Matteo Renzi ai parlamentari della maggioranza proprio oggi:

  «Ci hanno detto che la spending è una questione tecnica. Ma è una finzione. La scelta di cosa tagliare e cosa non tagliare è la suprema scelta politica. La spending è ontologicamente questione politica, che non possiamo rinviare. Ci siamo dati obiettivi che manterremo.»

schermata della lettera nel sito del governo


Aggiornamento 21 giugno 2017  – Aggiungo un titolo segnalato da Roberto Gotta (da Metro, quotidiano gratuito). Chi sa l’inglese pensa a spese e non a revisione dei conti!

prove di spending

9 commenti su “L’evoluzione di spending review

  1. Stefano:

    D’altronde, se a Roma “leggermente” si è sostantivizzato per significare “acqua leggermente frizzante” (“Le porto una leggermente, va bene?”), ci sta che “spending review” diventi “spending”. (Siamo perduti).

  2. Licia:

    @Stefano 🙂
    Quindi a Roma il martellamento pubblicitario della Ferrarelle non è risultato molto efficace!

  3. Mauro:

    Se io sento o leggo “spending” e basta mi immagino che si stia spendendo a piacere, non che si stia studiando quali spese tagliare… 🙁

  4. Licia:

    @Mauro, infatti, non ha proprio senso. Per me ulteriore conferma che la passione per l’itanglese è inversamente proporzionale all’effettiva conoscenza dell’inglese.

  5. Alain:

    So che il fenomeno si ripropone tale e quale anche in francese, con “self-service” che diventa direttamente “le self”, come commentato in un libro di qualche anno fa.
    Non siamo soli (ma male accompagnati) 🙂

    “In French, the word “self” means self-service restaurant. Ironic, really – the ego as cheap cafeteria, when France sees itself as one huge gourmet restaurant.”

  6. Licia:

    @Alain, grazie per l’esempio. L’abbreviazione impropria degli anglicismi secondo i meccanismi della propria lingua mi sembra una conferma che non erano mai stati sufficientemente trasparenti.

  7. Alain:

    Già, mi ricorda le colonie di coralli sui relitti marini. Oggetti di un un mondo che vengono assorbiti e riutilizzati secondo i bisogni di un altro (senza curarsi minimamente di cosa fossero all’origine)

  8. Alain:

    (Fra l’altro qui il meccanismo scatta due volte, dato che abbiamo a che fare con burocrazia/istituzioni, e quelli fanno “appropriazioni indebite” anche con l’italiano – come il famoso “varco attivo”) 🙂

  9. Licia:

    @Alain. molto efficace la metafora dei coralli. E sulle “appropriazioni indebite” da parte delle istituzioni, credo mostrino sia ignoranza che mancanza di rispetto per i cittadini.

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