In Mute in italiano, la confusione di Twitter ho accennato alla localizzazione in crowdsourcing, un termine di cui si conosce con precisione l’origine, The Rise of Crowdsourcing (2006) di Jeff Howe, che ha coniato il neologismo modellandolo su outsourcing (esternalizzazione).
Anche nel crowdsourcing le risorse sono esterne all’azienda, ma non sono già organizzate tra loro (sono invece una “folla” indistinta, crowd), contribuiscono su base volontaria e sono raramente retribuite: vengono ricompensate in termini di prestigio, visibilità, soddisfazione personale ecc.
Molti produttori di software ricorrono a volontari per la localizzazione (e altre attività linguistiche, ad es. scelte terminologiche e valutazione di traduzioni automatiche) ma hanno sempre evitato il termine crowdsourcing, probabilmente per le possibili connotazioni negative dell’associazione a outsourcing (e a source, “ottenere”). Chiamano invece questo tipo di localizzazione community translation, “translation by the community”, per evidenziare l’aspetto positivo del coinvolgimento degli utenti nella realizzazione del prodotto: è anche questa una strategia di marketing.
Community translation ha anche un altro significato, “translation for the community”, o public service translation. Descrive le traduzioni fatte dalle amministrazioni pubbliche per facilitare la comunicazione con i cittadini che appartengono a minoranze linguistiche, ad es. immigrati, e non hanno una padronanza sufficiente della lingua o delle lingue ufficiali.
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Vedi anche: “charm” in Windows 8, telefonini e calendari e Alternative a blog, chat, newsletter, spamming? – 2 (alcune osservazioni sulla terminologia in crowdsourcing) e Scherzetti (o scherzacci?) di localizzazione e Seguimento in corso… (problemi di localizzazione in crowdsourcing per Facebook e Twitter).
Luigi Muzii:
Consiglio la lettura di “Crowdsourcing” di Daren Brabham (http://mitpress.mit.edu/books/crowdsourcing ) che fa chiarezza su molti aspetti sui quali c’è ancora parecchia confusione, a partire da quello economico. Da seguire anche il blog associato al libro (http://essentialcrowdsourcing.wordpress.com/ ). Consiglio anche “The Second Machine Age” di Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee (http://www.secondmachineage.com/ ) in cui il crowdsourcing è trattato con particolare cura.
Licia:
@Luigi Muzii, grazie per i riferimenti e per aver sottolineato l’aspetto economico: un progetto in crowdsourcing può essere molto dispendioso (anche in termini di tempo e risorse umane) e nell’ambito della localizzazione in crowdsourcing la riduzione dei costi è raramente la motivazione principale. Direi che la parola chiave è coinvolgimento.