Da qualche anno Agostini Associati pubblica un’indagine sull’itanglese che comprende due tipi di dati: la percentuale di crescita degli anglicismi rispetto all’anno precedente, per il 2013 calcolata al 440%, e un elenco dei dieci anglicismi più ricorrenti nel campione analizzato.
Ho provato a chiedere qualche chiarimento sui dati e sulla metodologia di estrazione usata perché non mi convincono né alcune voci nell’elenco né la mancanza di dettagli sul numero effettivo di anglicismi (a parità di percentuale, non è la stessa cosa passare da 5 nuove parole a 27 o da 200 a 1080 ), ma non ho ancora ricevuto risposta.
Store, look e slide nuovi anglicismi?
Il comunicato stampa indica che l’analisi è stata condotta su documenti aziendali italiani tradotti in altre lingue, per un totale di 44 milioni di parole, da cui sono stati esclusi “acronimi, marchi registrati e anglicismi già entrati nel vocabolario di lingua italiana Hoepli”. Non è quindi chiaro perché store, look e slide, lemmi del dizionario Hoepli online, facciano parte della classifica.
Scomparse le telefonate, ora si fanno solo call?
Viene inoltre dato particolare rilievo a call, che nelle aziende avrebbe sostituito “telefonata”, in particolare per le telefonate programmate. Ho però qualche perplessità: dubito che un uso diffuso ma informale appaia anche in testi scritti destinati alla traduzione, con tale frequenza da risultare al secondo posto in classifica. Ritengo più probabile che nei documenti analizzati call non voglia dire “telefonata” ma si tratti di un’altra accezione (cfr. call nel Dizionario Hoepli), oppure che faccia parte di polirematiche (termini di due o più parole), come call center, conference call, call to action, che non sono state identificate correttamente durante l’estrazione.
Anche nelle classifiche degli anni scorsi comparivano solo singole parole, addirittura nel 2012 like era indicato come “termine” più usato dalle aziende; l’analisi del 2010 era stata lo spunto per itanglese 2 (social, digital e switch), con perplessità simili. Ora sarei ancora più curiosa di sapere come è stato costruito il corpus di riferimento e come sono stati estratti e analizzati i dati.
Non tutti gli anglicismi sono uguali
Quando si discute di forestierismi, è fondamentale distinguere tra prestiti di necessità e di lusso (o, in alternativa, tra prestiti insostituibili, utili e superflui), come pure tra lessico comune (parole) e lessico specialistico (termini). Se il forestierismo è entrato da tempo nella lingua e il suo uso è prevalente, è poco realistico proporre alternative: dettagli in L’invasione degli anglicismi, con l’esempio di smartphone.
L’analisi di Agostini Associati non include questi aspetti e suggerisce invece un “termine equivalente italiano” per ciascuno degli anglicismi in classifica: per tablet, ad esempio, l’alternativa sarebbe tavoletta digitale, che però mi sembra accettabile solo come descrizione ma non come termine, perché ormai la terminologia standard per il mercato italiano è proprio tablet.
In conclusione
Il dibattito sull’itanglese è importante, e anch’io torno spesso sull’argomento per segnalare anglicismi superflui. Non credo però che notizie come questa siano molto utili: se non vengono forniti dati più precisi sulla ricerca ma solo percentuali a effetto*, l’analisi appare poco obiettiva e non risultano molto credibili affermazioni come “di questo passo tra 15 anni parleremo tutti il nuovo idioma ITANGLESE ovvero l’abbinamento di poco italiano e tanto inglese”.
* Secondo Agostini Associati, il numero di anglicismi è aumentato del 773% dal 2000 al 2009, del 223% dal 2009 al 2010, di un ulteriore 343% dal 2011 al 2012 e quindi ancora del 440% l’anno scorso: provate a partire da 100 ipotetici anglicismi iniziali e divertitevi a calcolare il totale, poi confrontatelo con I numeri del lessico italiano e vedrete che le percentuali sono davvero poco credibili.
In Scopo dei glossari… e nocciolo degli affari ho descritto alcune alternative ad anglicismi proposte da Agostini Associati che suscitano parecchie perplessità.
Vedi anche: L’invasione degli anglicismi e Anglicismi: un piccolo esperimento
m.fisk:
Temo, ahimè, che l’uso di “call” per “telefonata” stia prendendo piede, perlomeno nel basso milanese; e non solo per intendere una telefonata con più di due interlocutori (sottintendendo l’aggettivo “conference”), ma anche, seppur non così ubiquitariamente, per le buone vecchie conversazioni a due.
Licia:
@m.fisk, la passione per gli anglicismi di Milano e dintorni! 😉
Il proliferare di call nel gergo aziendale non mi stupisce, ma trovo poco credibile che le aziende italiane facciano tradurre professionalmente così tanti documenti con argomento le telefonate, tanto da rendere call uno degli anglicismi più ricorrenti, più ancora di device o cloud, che in questa classifica hanno una frequenza minore.
Marco:
Oggi quando ho letto su altri siti di questa “indagine” ho avuto le stesse perplessità, di cui tu hai spiegato così bene le motivazioni 🙂
Secondo me queste indagini sono solo azioni di PR per far parlare di sé…
A Milano e dintorni io sento usare spessissimo nelle aziende call per conference call, non per riferirsi a una semplice telefonata.
Licia:
@Marco, ho visto che la notizia ha avuto diffusione, probabilmente proprio per quel 440% che fa un certo effetto. Quando ho ricevuto il comunicato stampa ho preso alla lettera il “rimaniamo a disposizione per eventuali chiarimenti”, quindi prima o poi spero di ricevere qualche dettaglio più specifico.
Intanto aggiungo un riferimento a Fare i conti con gli anglicismi I – I dizionari dell’uso di Giuseppe Antonelli per il Portale Treccani, che ho citato anche nel post L’invasione degli anglicismi. Dà indicazioni su come si possa cercare di calcolare il numero di anglicismi e spiega perché è un’operazione complessa.