A Londra è stata inaugurata una mostra, The Glamour of Italian Fashion 1945-2014, che racconta come la moda italiana abbia modificato la percezione dell’Italia all’estero. The Guardian ne riassume il punto di forza ricorrendo a due parole molto in voga nei media:
This bold storytelling, casting the invention of "Italian style" into a simple narrative, is the exhibition’s big strength.
È una frase difficile da tradurre: in inglese storytelling e narrative, in particolari ambiti d’uso, hanno acquisito nuove connotazioni, ad es. in questo contesto identificano due forme di comunicazione che hanno punti in comune e alcune sottili differenze.
Ho già descritto il concetto di narrative. Ora vorrei confrontarlo a quello di storytelling e condividere qualche osservazione sull’adozione entusiasta dell’anglicismo in italiano, tanto che appare ormai un po’ ovunque. Ma è davvero un prestito di necessità?
Ne parlerò in un prossimo post, intanto vi suggerisco di leggere Ebbri di storie di Luisa Carrada (“Non è che con emozioni e storytelling stiamo esagerando? Che sia un po’ un’ubriacatura collettiva?”), e di guardare questa animazione inglese che illustra il concetto più recente di storytelling facendo riferimento a quello “tradizionale”:
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