Un concetto molto in voga negli ultimi anni è gamification, l’uso di meccanismi e dinamiche tipiche del gioco e in particolare dei videogiochi (punti, classifiche, livelli, premi ecc.) in contesti non ludici, ad es. nel marketing, nella gestione delle risorse umane, nella formazione, nella risoluzione di problemi e nel coinvolgimento di utenti e potenziali clienti.
In italiano viene usato sia il prestito gamification (e gamificare e gamificato, da gamify) che ludicizzazione, una neoformazione ineccepibile da un punto di vista etimologico (dal latino ludus ‘gioco’) ma che non mi convince del tutto perché la associo ad attività ludiche, quindi spensierate, spesso tipiche dei bambini, e non caratterizzate da regole anche complesse, come invece i videogiochi. In questo caso trovo più specifico e trasparente l’anglicismo gamification perché il riferimento ai videogame è esplicito ed esclude altri tipi di divertimenti.
Yupa:
Videogiochificazione! XD
Denise:
Non sono totalmente d’accordo con la tua critica. Per esempio proprio gli appassionati di videogame usano spesso l’aggettivo “videoludico” nella stampa del settore. E nei bar-ludoteca si trovano giochi da tavolo come Cluedo, Trivial Pursuit, Risiko e affini, che non sono per bambini.
Licia:
@Yupa, la vita è un videogioco! 😉
@Denise, sì, il mio è un punto di vista personale :-).
La mia impressione è che il campo semantico associabile alla radice lud(o)- sia abbastanza ampio (mi vengono in mente ludolinguistica, ludoterapia, ludoteca) e include qualsiasi tipo di attività con carattere di gioco, mentre il concetto espresso in inglese da gamification, per quanto ancora abbastanza fluido, sia più specifico e di solito faccia riferimento quasi esclusivamente agli elementi riassunti dall’immagine qui sopra (si può vedere l’intera infografica con un clic), con il significato di “aggiungere meccanismi tipici del videogioco” più che “trasformare in un gioco”, che invece mi viene suggerito dal suffisso italiano -izzazione.
Aggiungo un dettaglio che mi pare interessante: in inglese esiste anche il sostantivo ludology, che viene usato quasi esclusivamente con riferimento ai videogiochi, mentre credo che in italiano ludologia sia più generico e più simile all’inglese game studies.
Stefano:
Sono tendenzialmente d’accordo con Denise. Anche il termine “gioco”, nell’uso comune, non ha la connotazione di fame competitiva che in teoria avrebbe “game”. Ma in ambito più specialistico, vedi “teoria dei giochi”, la connotazione è neutra e una competitività tutt’altro che spensierata è assolutamente prevista. Penso che anche “ludicizzazione” potrebbe subire un destino analogo, dopo magari un periodo di digestione iniziale, perché gli specialisti non lo usano solo in riferimento ad attività infantili.
Ho un’autorità a cui chiedere un parere, se vuoi: ho un amico che crea, partecipa, studia e scrive di giochi per vivere (quasi – in realtà non ci si campa) da una trentina d’anni, ed è particolarmente adatto a rispondere proprio perché il suo lavoro “vero” prevede anche la gamification da ben prima che avesse un nome. Se qualcuno ha esperienza con le accezioni specialistiche dei termini e loro applicazione a contesti non ludici è lui.
Licia:
@Stefano, mi piacerebbe moltissimo sentire un parere da esperto.
E grazie per avere evidenziato la differenza tra lessico comune e lessico specialistico: il mio ragionamento riguarda proprio gamification come neologismo che improvvisamente si vede usato in molti contesti diversi e parecchio generici.
Andrea Angiolino:
Salve e mi scuso per l’enorme ritardo nella mia risposta.
Non vedo connotazioni infantili nel termine “ludico” e derivati. Una ludoteca, curata da un ludotecario, può essere mirata ai bambini ma anche essere, nel linguaggio corrente, una sorta di pub con tanti giochi in cui adulti si vedono a giocare magari bevendo una birra. La ludolinguistica, branca ludica dedicata ai giochi di parole, è terreno battuto anche da attempati enigmisti. Una giocografia (elenco ragionbato di giochi con riferimenti) si chiama più spesso ludografia così come il ludologo è uno studioso serio, tanto che per sdrammatizzare qualcuno di loro (a partire da Ennio Peres) preferisce chiamarsi giocologo. Direi quindi che ludo- e gioco- valgono la stessa cosa, se mai ludo- ha un’aria più seriosa. E quindi ludicizzazione per gamification può starci bene. In quanto all’appropriato commento di Licia, credo che però questi meccanismi di gioco siano fatti proprio per rendere gioco un’attività che non lo è, come faceva TYom Sawyer per far dipingere lo steccato ad altri.
Nella definizione Treccani cui si rimanda non colgo grandi differenze fra “ludico” come lì definito e “giocoso”. Assodato che è un’attività ludica anche un gioco di simulazione con metri quadri di mappa, migliaia di pedine, regolamenti di 64 pagine. Che magari ci pare poco giocosa, ma è gioco a tutti gli effetti.
Se mai c’è ora un tentativo di distinguere il gioco libero e improduttivo, patrimonio di grandi e piccini e che si declina in mille forme di gioco e del giocare praticate a tutte le età, da forme di gioco meno giocose. Come nel movimento di chi vorrebbe bandire il termine ludopatia per non macchiare l’immagine del gioco, correggendo il termine in azzardopatia.
Licia:
@Andrea, grazie, dettagli molto interessanti.
Giorgia Pandolfo:
Parlando del termine più “serioso” ludico mi vengono sempre in mente le componenti variabili nel gioco che il sempiterno Callois individua, ludus e paidia, impegno e bambinaggine, gli scacchi e l’altalena, ludico e giocoso.
Stavo riflettando sul fatto che la gamification porta molto spesso in dote il premio, la medaglia, una gratificazione (ma spesso a basso costo, per piaggeria) che fa parte del riconoscimento e si accosta al ludus non certo alla paidia.
Per la traduzione di gamification mi viene in mente ludoinnesto perché ludicizzazione sembra generare confusione come se l’oggetto della gamification diventasse un gioco mentre mi sembra di aver capito che rimane una attività, contaminata dal gioco… I barman acrobatici potrebbero anche fare il circo tre piste ma dagli shaker deve pur sempre uscire qualcosa di buono!
Licia:
Grazie Giorgia, spunti molto stimolanti.