Ho trovato divertente la reinterpretazione delle barrette Kit Kat come prodotto tecnologico e di design. Tra i vari dettagli ironici, l’uso dell’espressione colloquiale eye candy, qualcuno o qualcosa che è attraente o piacevole da guardare (cfr. “rifarsi gli occhi / la vista” in italiano) ma che per tutto il resto è insignificante.
La descrizione usata nel sito del Kit Kat si riappropria del significato letterale di candy (dolciume) e così fa risaltare la particolarità della metafora eye candy, che associa la momentanea gratificazione per un senso, il gusto, a quella per un altro senso, la vista.
Il neologismo americano eye broccoli, nato come antonimo di eye candy per descrivere una persona per nulla attraente, conferma che la metafora originale è basata sul sapore. Pare infatti che per molti americani il gusto dei broccoli sia decisamente sgradevole (ma forse l’ortaggio ispira anche valutazioni estetiche).
Chissà come mai questa idiosincrasia proprio per i broccoli, che negli Stati Uniti polarizzano a tal punto che fa notizia se piacciano o meno ai presidenti: How broccoli became a political hot potato: Provocative remarks by President Obama about his favourite vegetable have reignited a bitter ideological debate. Cataloghiamo tra le differenze culturali?!?
Silvia Pareschi:
Licia, l’ho appena scoperto anch’io! Eye broccoli è stupendo!
Licia:
@Silvia, anche a me piace molto, soprattutto se me lo immagino detto con un forte accento americano… 😉
Comunque mi stupisce un po’ che in inglese ci siano tutte queste metafore proprio con il cibo per parlare di persone, ad es. vanilla per identificare chi ha un comportamento tradizionale e non eccessivamente fantasioso tra le lenzuola [da plain vanilla, il gusto standard dei gelati e quindi per estensione riferito anche a contratti o qualsiasi altra cosa “di base”]. In confronto mi sembra che noi in italiano ne abbiamo molte di meno, eppure nella nostra cultura il cibo è più importante.
Silvia Pareschi:
Interessante, adesso ci rifletto un po’. Anche vanilla è molto carino, lo sto incontrando spesso in questo periodo di esplorazione di un certo lato “kinky” di San Francisco…