La risemantizzazione (o rideterminazione semantica) è l’attribuzione di un nuovo significato a un elemento lessicale esistente, che così diventa un neologismo semantico.
Chissà se era quello che aveva in mente chi ha introdotto la figura della “mondana” nella versione italiana di un film di genere fantasy, oppure se si tratta di un calco alquanto maldestro dell’inglese mundane. Tutti i dettagli in L’Accademia de’ Pignuoli.
Facezie a parte, nei linguaggi speciali, soprattutto in inglese, la risemantizzazione è uno dei meccanismi di creazione di nuovi termini più comuni. Nel lavoro terminologico l’analisi dell’origine dei neologismi aiuta a capire se sono riconducibili a tendenze specifiche e quindi a trarre indicazioni su come operare scelte appropriate anche nella lingua di arrivo, un processo noto come formazione secondaria dei termini.
Prendo spunto dall’uso più recente della parola drone in inglese, “velivolo privo di pilota e comandato a distanza”, per aggiungere qualche dettaglio.
Terminologizzazione
Si ha terminologizzazione (o tecnicizzazione o tecnificazione) quando una parola del lessico comune viene usata per designare un concetto particolare in un linguaggio speciale, ad es. aeronautico o militare. Sarebbe il caso di drone se avesse avuto origine dall’analogia con il “ronzio” dell’apparecchio. La terminologizzazione spesso ha origine da metafore, connotazioni particolari o usi figurati delle parole che non sempre sono riproponibili in altre lingue. In questi casi vengono preferite soluzioni alternative: qualche esempio in Metafore e terminologia informatica 1 per inglese e italiano.
Prestito interno
Si può parlare di prestito interno (o travaso lessicale o transfert e in inglese anche transdisciplinary borrowing) se c’è il passaggio di un termine da un settore specializzato a un altro, ad es. da entomologia o apicultura nell’ipotetico caso di drone “fuco” per analogia con particolari caratteristiche dell’insetto (anche in questi casi il nuovo significato è quasi sempre metaforico). I prestiti interni hanno più probabilità di essere accolti anche in italiano.
Altri tipi di risemantizzazione
Come abbiamo visto, l’origine di drone è un’altra: il nome era stato scelto per continuare una serie di nomi di insetti. Forse è stata proprio l’arbitrarietà denominativa che in italiano ha fatto preferire il prestito.
Determinologizzazione
Un’ulteriore evoluzione che ha subito la parola drone in inglese è stato un processo di determinologizzazione che l’ha fatta diventare una parola del lessico comune. Ora infatti identifica in modo generico e informale qualsiasi velivolo senza pilota.
In ambiti specializzati vengono quindi preferiti altri termini, come unmanned aircraft (UA), remotely piloted vehicle (RPV), remotely piloted aircraft (RPA) e remotely operated aircraft (ROA).
In italiano l’ENAC usa il termine aeromobile a pilotaggio remoto (APR), definito come ”aeromobile senza pilota a bordo non utilizzato esclusivamente per scopi ricreativi o sportivi”.
Aspetti diacronici
Nella determinologizzazione di termini nati per risemantizzazione può succedere che la nuova accezione arrivi a prevalere su quelle esistenti. Esempio: in inglese un titolo come Florida Keys turns to drones in battle against mosquitos non è ambiguo (non fa pensare a insetti contro insetti, fuchi contro zanzare) perché “velivolo” è ormai l’accezione più comune, come mostra anche questo grafico di Google Ngram Viewer:
(occorrenze di drones preceduto da surveillance e da bee)
La risemantizzazione è davvero un meccanismo terminologico con molte sfaccettature!
Aggiornamento luglio 2015: Se non vola ma nuota è un DRONE? (un ulteriore ampliamento di significato, da velivolo a veicolo).
Vedi anche: Virus, virale, viralità e virulenza, per l’esempio di un aggettivo, virale, che tramite prestito interno e poi determinologizzazione ha acquisito connotazioni diverse nel passaggio da un ambito all’altro (non connotato in biologia, negativo in informatica e positivo nell’uso metaforico più recente nel lessico comune).
.mau.:
secondo me “drone” ha avuto successo in italiano perché è una parola che potrebbe tranquillamente essere stata generata con le regole lessicali italiane (che la si pronunci diversa non importa, ovviamente 🙂 )
Licia:
@.mau., l’aspetto davvero insolito di drone è proprio quello di essere entrato in italiano come prestito non integrato, quindi invariato al plurale e con pronuncia simile all’originale (che è quella che tuttora registra la maggior parte del vocabolari) e di essere stato adattato solo in un secondo tempo, vedi Grafia e pronuncia degli anglicismi: drone.
Ne approfitto per aggiungere un riferimento a una voce dell’Enciclopedia dell’Italiano, Linguaggio militare, che tra gli aspetti che caratterizzano la terminologia militare include il continuo afflusso di neologismi e forestierismi e un notevole uso di marchionimi (e drone inizialmente era il nome di uno specifico velivolo):
“Nel lessico militare è poi ampio il ricorso ai marchionimi (nomi commerciali), a partire dal nome del costruttore e più spesso dal modello: difficilmente un fucile viene chiamato con il nome generico fucile, o fucile mitragliatore, ma quasi sempre Garand, M16, Kalashnikov. L’uso del marchionimo è funzionale alla densità e alla precisione dell’informazione: con carro armato non si fornisce la stessa informazione contenuta in Abrams, o Ariete; con aereo l’informazione è vaga, ma anche caccia non assolve il compito informativo di F-18, a fronte del quale un pilota, che ha una preparazione specifica, acquisisce in modo sintetico e rapido tutte le informazioni necessarie su armamento e sistema difensivo dell’avversario che si trova ad affrontare.”
Aggiornamento 25 ottobre 2013 – Ho approfittato delle nuove funzionalità di Google Ngram Viewer per vedere quali sono i tipi di drones che appaiono più frequentemente nei libri pubblicati negli Stati Uniti:
(fare clic sull’immagine per il grafico completo della ricerca *_NOUN drones per l’inglese americano nel periodo 1908-2008)