In All inclusive ho fatto l’esempio del nome di un prodotto pronunciato in due modi diversi nella stessa pubblicità, per me insolito perché mi sembra che lo renda meno distintivo.
Quanto importa la pronuncia del nome di un marchio? In Say What? un esperto di naming di Lexicon ricorda che la prima impressione è quella che conta e quando si lancia un marchio a livello globale andrebbe evitata ogni possibile confusione, in particolare suoni e combinazioni di suoni che in alcune lingue risultano strani o difficili da pronunciare.
Ci sono però eccezioni alla regola, ad es. se un marchio è già molto forte nel mercato di origine, le eventuali difficoltà o ambiguità di pronuncia possono contribuire ad attirare l’attenzione, come ad es. Häagen-Dazs (in America /ˌhɑːɡənˈdɑːs/), McDonald’s che per i giapponesi è diventato “makudonarudo” e Windows Azure, che ha avuto successo nonostante le molteplici pronunce.
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Vedi anche: Globalizzazione e pronuncia di nomi di prodotti e alcune considerazioni grafiche e fonetiche, sia locali che globali, in Samsung Galaxy S, R, W, M o Y?
ilaria:
Mi ha sempre colpito il caso Moleskine (per me sempre “Moleskeen”), la cui pronuncia è programmaticamente lasciata al gusto del consumatore ( http://www.moleskine.com/us/news/how-to-pronounce-the-name-moleskine- )…
Licia:
Grazie Ilaria, ottimo esempio!
Alan:
Segnalazione lampo riguardo alla cosiddetta “nuova voce” di Microsoft.
È davvero cambiato qualcosa per l’italiano? E se sì, cosa ne pensi?
http://info.moravia.com/blog/bid/310938/Battling-Apple-and-Google-in-Living-Rooms-Why-the-New-Microsoft-Voice-and-Tone-Matters
@Alan, la mia prima reazione quando avevo visto il cambiamento stilistico, che si nota soprattutto perché il software ora parla in prima persona e si rivolge direttamente all’utente, era stata di pensare quanto impegnativo doveva essere stato un cambiamento del genere.
In un commento a “charm” in Windows 8, telefonini e calendari (2011, quindi prima che Windows 8 fosse rilasciato), un lettore esprimeva qualche perplessità: “[…] Mi fa sorridere il repentino cambio di rotta di Microsoft, che dopo averci appiattito l’esistenza con la forma impersonale ha ora deciso di darci del tu… Una mossa un po’ tardiva, direi. […]” e io avevo fatto notare che la resistenza ai cambiamenti era determinata soprattutto dai costi.
In questi ultimi anni sono intervenuti fattori e dinamiche di mercato che hanno reso fattibili questi cambiamenti, giustificando l’investimento, e l’articolo di Multilingual Magazine, Bringing a new tone to CEE product localization, è davvero molto interessante e illustra chiaramente le motivazioni (ho invece perplessità su alcune affermazioni dell’articolo che lo introduce, Battling Apple and Google in Living Rooms, forse scritto da una persona di marketing che non ha molta esperienza diretta del lavoro linguistico “dietro le quinte” e di cosa lo condizioni).
Ma tu mi hai chiesto cosa ne penso del nuovo stile. Non mi dispiace (diciamolo, …in corso aveva fatto il suo corso ;-)), anche se ammetto che mi viene da sorridere e mi aspetto un paio di manette quando appare il messaggio Sto arrestando il sistema.
Credo comunque che ci sia anche spazio per qualche miglioramento, comprensibile se si considera la mole delle modifiche richieste. In un post del 2009, Tu, voi o infinito?, facevo notare che con le opportune accortezze si poteva fare in modo che la forma impersonale non risultasse troppo formale e credo che lo stesso discorso valga anche per la forma personale. Ad esempio, stringhe come Sto eseguendo il riavvio, Sto effettuando l’accesso e Sto eseguendo la disconnessione potrebbero essere semplificate in Sto riavviando, Sto accedendo e Sto uscendo, che sono più coerenti con uno stile informale.
Alain:
Molto interessante.
Sarà stata Sindrome di Stoccolma, ma un uso (attento) di certe espressioni più formali a me non spiaceva.
Dopotutto, in italiano non si dice “hallo” ma un militaresco “pronto”, non si dice “g-string” ma un etnografico “perizoma”, una scatola di pelati non parla di “tomato chunks” ma di “cubettato di pomodoro italiano in succo di pomodoro” (per la precisione!).
Insomma, mi sembrava che un leggero formalismo/tecnicismo/burocratese andasse incontro a un chiaro gusto nazionale, che invece ora si perde.
Detto questo, questa svolta di Microsoft crea una situazione complessa per il mio settore (i videogiochi).
Contando che gli stessi testi vengono spesso usati su più sistemi (Sony, Microsoft, Nintendo, PC) e che proprio quest’anno avremo una nuova generazione di console, la vedo davvero grigia.
La generazione passata bene o male seguiva il vecchio stile MS come una stella polare, con i suoi “in corso…” e il software che non parla mai di sé in prima persona.
Ora vedremo con la nuova. Le versioni PC possono adeguarsi al nuovo stile senza problemi (e comunque lì non ci sono controlli), per la nuova Xbox è piuttosto probabile che MS chieda di seguire il nuovo corso di Windows 8, ma non è detto che Sony la segua: lo scarso successo di Windows 8 ne ha sicuramente limitato l’impatto “culturale” e potrebbero mantenere il vecchio stile… Brutta gatta da pelare!
Per curiosità, dove mi consiglieresti di guardare per approfondire la questione? Oltre agli articoli di Moravia/Multilingual ci sono solo le stringhe di UI dietro al paywall di MSDN?
Licia:
@Alain, hai dato molti spunti interessanti per continuare la discussione. Appena possibile cercherò di aggiungere qualche commento.