Glossolalia: vonlenska (hopelandic)

Qualche giorno fa a un bel concerto dei Sigur Rós i brani preferiti venivano accolti con entusiasmo dal pubblico ma poi nessuno cantava, come invece di solito succede ai concerti. Per un italiano è difficile memorizzare i testi dei Sigur Rós, che sono in islandese e in vonlenska (hopelandic), spesso descritta come una lingua inventata ma che tale non è perché non ha né lessico né grammatica. Il vonlenska è invece un esempio di glossolalia, l’uso di associazioni sillabiche prive di senso ma articolate in forma musicale e tali quindi da esprimere degli stati d’animo grazie alla musicalità che generano.

Un esempio:

Vonlenska prende il nome da Von, il primo brano in cui è stato usato (“speranza”, in inglese hope, da cui il nome alternativo hopelandic ). Il sito dei Sigur Rós conferma che si tratta di parole inintelligibili, a form of gibberish vocals that fits to the music and acts as another instrument, e anche se non viene usato il termine glossolalia (stessa parola in inglese), mi diverte pensare che uno dei loro brani “islandesi” più noti abbia un nome vagamente simile, Glósóli (“suola/sole che risplende”?).

La creazione di lingue artificiali, come l’esperanto, Blissymbolics, il klingon di Star Trek e il Na’vi di Avatar, viene invece chiamata glossopoiesi.


Vedi anche: Canzoni, soramimi, buffalaxing e animutation (parole usate in inglese per descrivere le interpretazioni “creative” dei versi delle canzoni).

Definizione di glossolalia adattata dai vocabolari Devoto-Oli e Treccani

2 commenti su “Glossolalia: vonlenska (hopelandic)”

  1. Licia:

    @Suom(I)taly, direi proprio di sì, e un altro esempio è lo scat usato nel jazz. In inglese si usa anche il termine Non-lexical vocables (il link è a una voce di Wikipedia con moltissimi esempi).

    Come concetto correlato, però non usato in canzoni ma a scopi teatrali, aggiungerei anche il Grammelot.

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