Aggiornamento marzo 2018 – Sui media e social italiani è riapparso il nome datagate, con riferimento però a una vicenda diversa da quella descritta in questo post per il 2013. Ora datagate identifica lo scandalo che ha colpito Facebook dopo che si è scoperto che la società di analisi di dati Cambridge Analytica aveva usato dati ottenuti da decine di milioni profili di Facebook per finalità politiche ed elettorali, ma senza averne l’autorizzazione. Esempi:
Da segnalare che, a differenza della vicenda del 2013, nel caso di Facebook e Cambridge Analytica si ricorre a #datagate non solo in italiano ma, per quanto per ora in modo ridotto, anche in inglese.
Datagate, scandalo americano e nome “italiano”
In questi giorni (giugno 2013) fanno notizia le rivelazioni di The Guardian sul programma PRISM, il monitoraggio fatto negli Stati Uniti dalla National Security Agency sulle comunicazioni online, in tutto il mondo, di chi usa i servizi delle principali società informatiche americane.
Ho notato che i media italiani si riferiscono allo scandalo come Datagate, nome all’apparenza inglese ma che in inglese finora non è mai stato usato per identificare scandali di rilievo, tantomeno questo, forse perché data (“dati”) è una parola alquanto generica. Al momento l’elenco List of scandals with "-gate" suffix non include datagate e i risultati della ricerca datagate + PRISM restituiscono solo pagine in italiano, una conferma che si tratta di un neologismo made in Italy e quindi è uno pseudoprestito. Sarei proprio curiosa di sapere chi si è inventato Datagate e come ha fatto a diffonderlo così rapidamente tra i giornalisti italiani, nonostante la mancanza di riscontri nelle fonti originali. Forse via Twitter?
Vedi anche: I suffissi –gate e –poli (aspetti linguistici che influenzano i nomi dati agli scandali) .
In un prossimo post parlerò di whistleblower, concetto anglosassone che per ora non ha alcun equivalente in italiano.
Aggiornamento 12 luglio 2013 – A poco più di un mese dalle rivelazioni di Edward Snowden, in Google Trends si può vedere che negli ultimi 30 giorni tutte le ricerche con la parola datagate sono state fatte in Italia, a conferma che si tratta di un nome “italiano”:
Si nota anche che la pronuncia italianizzata è ibrida, “dataghèit”, mentre se fosse approssimata a quella inglese dovrebbe essere “déitagheit” /ˈdeɪtəgeɪt/.
Ulteriore aggiornamento in Da Datagate a Nsagate: i media italiani paiono infatuati dai nomi formati con il suffisso –gate e hanno introdotto la variante Nsagate, mentre i media di lingua inglese in questo caso li evitano a favore di descrizioni come NSA revelations, NSA scandal, PRISM revelations ecc.
Aggiornamento ottobre 2013: Il misterioso Programma di controllo Big Data.
.mau.:
se non si vuole “spifferatore”, anche “canarino” potrebbe andare bene come resa italiana di “whistleblower”…
Marco:
Per “whistleblower” non si potrebbe usare semplicemente “talpa” o persino “gola profonda”?
Paolo:
Nuovo slogan per Obama: YES WE SCAN
https://www.adbusters.org/content/yes-we-scan
Marco B:
La resa di whistleblower come spifferatore è un’orrenda trovata di Mantellini, che traduce con una sfumatura tipica del familismo amorale e delle organizzazioni a delinquere ciò che invece nel mondo americano è invece il fischio dell’arbitro che segnala il fallo. Una differenza culturale non da poco.
La figura del whistleblower è riconosciuta e strutturata nelle multinazionali (almeno in quella in cui lavoravo fino a pochi mesi fa, avevo dovuto seguire un corso obbligatorio su questo tema) perché tutela la libertà di espressione e il diritto del singolo a rendere pubblico un evento criminoso di cui venga al corrente. La legge Sarbane-Oxley poi prevede una pena per chi sia al corrente dell’illecito e non lo riveli esercitando il ruolo del whistleblower.
Cosa prevista solo in parte dalla nostra legge 231/2001.
Datagate | Osservatorio delle parole:
[…] in seguito alle rivelazioni del Guardian, è stato ribattezzato datagate. Il blog Terminologia etc. fa notare come la parola in questione, anche se costruita con elementi originariamente inglesi […]
Licia:
Grazie a tutti per i commenti e la vignetta, molto divertente, che ho recuperato altrove e incollo qui sotto perché l’URL nel commento di Paolo reindirizza a un’altra pagina.
Fonte: marcoltht.tumblr.com via Huffington Post
Ho continuato la discussione in Whistleblower, un concetto poco italiano.
Licia:
Qualche giorno fa avevo notato che la voce Datagate era stata aggiunta alla sezione Neologismi del Portale Treccani, con questa etimologia:
Dopo la mia segnalazione alla redazione la voce è stata aggiornata e ora Datagate è descritto come pseudoanglicismo:
Samuel:
Licia, a parte ringraziarti per l’analisi che stavo cercando, volevo dire che chiunque lanci questi pseudoanglicismi (definizione perfetta) mi fa capire che l’Italia tende a personalizzare termini che renderebbero 1000 volte di più in originale. Come riportavi: NSA revelations, NSA scandal, PRISM revelations.
Gli italiani che non hanno studiato la lingua inglese potrebbero imparare qualche termine puro, invece dei surrogati di qualche giornalista brillo.
Licia:
@Samuel, grazie a te. Questo post sta avendo moltissime visualizzazioni in questi giorni, segno che il nome risulta poco trasparente (e per chi sa l’inglese non ha molto senso perché è troppo vago). Osservatorio delle parole ha provato a trovare l’origine di Datagate:
“ […] Ovviamente, è difficile stabilire con esattezza chi l’abbia usata per primo, ma, in particolare grazie a Twitter, possiamo cercare di abbozzare una mini-diacronia della parola. Compare, ad esempio, in un lancio dell’Ansa del 7 giugno (alle 10,02), anche se la primissima ad averla usata sembra essere la Stampa, ad esempio in questo tweet del giornalista Marco Bardazzi che si chiede quale, tra data-gate, web-gate e prism-gate, sia la denominazione più appropriata per lo scandalo (facendo riferimento anche al suffissoide -leaks). […] “
Ho provato a chiedere a Marco Bardazzi via Twitter ma finora non ho avuto risposta.
A proposito di inglese nei media italiani, forse ti può interessare l’articolo che ho scritto per il Portale Treccani, La narrativa di Obama non è in libreria: interferenze dell’inglese nella comunicazione.