Lo slogan Basta un clack ha funzionato: mi sono incuriosita e ho cercato di capire cosa fosse il clack della pubblicità.
Il sito del prodotto non lo spiega, bisogna seguire il collegamento a un video in inglese da cui si conclude che clack è il rumore che fa Surface, il nuovo tablet di Microsoft, quando gli si aggancia la copertina/tastiera.
Ho anche notato che la parola clack appare solo nella pubblicità italiana ma non di altre lingue, neppure in quella originale inglese dove è usato il verbo click in.
In inglese la parola clack descrive il rumore forte e di breve durata di oggetti duri che sbattono l’uno contro l’altro, come tacchi alti su un pavimento di marmo o artigli contro una superficie rigida. Credo che in questo contesto clack vada intesa come un’onomatopea italiana e quindi sarei curiosa di sapere come mai è stata preferita una variante ortografica pseudo-inglese a quella italiana clac, che oltretutto sarebbe stata coerente con il suono più rappresentativo dell’informatica, clic.
Ripropongo anche alcune considerazioni fonosemantiche già fatte qui: in molte lingue le vocali anteriori, come /i/, /e/ ed /ɛ/, tendono a essere usate in parole che indicano qualcosa di piccolo, sottile, leggero, mentre le vocali posteriori, come /a/, /o/ e /ɔ/, sono più comuni in parole che descrivono qualcosa di grande, grosso o pesante, tutto il contrario del dispositivo pubblicizzato. La parola clack potrebbe anche essere percepita come ideofono per qualcosa che si inceppa o che cade (e si rompe), e quindi avere potenziali connotazioni indesiderate.
Luigi Muzii:
Fare clack?