Sicuramente non sono l’unica ad avere notato l’aumento massiccio dell’anglicismo endorsement nei media italiani a proposito di elezioni americane e di primarie italiane.
In inglese endorsement descrive una dichiarazione pubblica di supporto o di approvazione a favore di qualcuno o di qualcosa: una persona, un progetto, una pubblicazione, un sito, un prodotto (ad es. da parte di un personaggio famoso in pubblicità) ecc.
Mi sembra che in italiano endorsement venga invece usato con un significato più ristretto, limitato a un contesto elettorale, in prossimità delle elezioni o di rinnovo di vertici di partiti, per indicare la dichiarazione esplicita di appoggio a uno specifico candidato o a un partito da parte di una testata giornalistica, di un opinionista o di un politico.
Lo trovo un forestierismo superfluo: è un concetto che si può esprimere con le parole appoggio o sostegno, eventualmente qualificate da aggettivi come ufficiale, diretto, esplicito, pubblico, formale e introdotte da verbi come dichiarare, manifestare, annunciare ecc. In alcuni contesti si potrebbe usare anche dichiarazione di voto, soprattutto se non vengono dettagliate le motivazioni della propria scelta.
Endorsare e sdorsement
[Aggiornamento] Intanto è apparso anche il verbo endorsare, una neoformazione ibrida usata in un titolo del Corriere della Sera e ripetutamente da Renzi, ad es. nell’espressione “endorsare al contrario” (cfr. commenti). Chi lo usa evidentemente ignora l’esistenza del verbo italiano sostenere e degli avverbi apertamente, ufficialmente, pubblicamente, e per esprimere il concetto contrario avversare, osteggiare, opporsi.
C’è anche chi si è inventato lo pseudoanglicismo sdorsement (esempio qui – febbraio 2013). Non si capisce però se con sdorsement si intenda un plateale cambiamento di idea (viene ritirato il sostegno dato precedentemente) oppure una presa di posizione ufficiale contro un candidato o un movimento politico. In ogni caso temo che sdorsement, per quanto ironico, non rispetti i meccanismi di formazione di nuove parole inglesi che suggeriscono invece disendorsement, unendorsement ed eventualmente anti-endorsement, e quindi è l’ennesimo esempio di inglese farlocco.
La linguista Valeria Della Valle in Si può sostenere l’endorsement? (2013) commenta l’uso di endorsement in italiano e conclude “Solo il tempo potrà dirci se l’espressione inglese entrerà davvero nell’uso comune o se continuerà a vivere, come è più probabile (e desiderabile) esclusivamente nel linguaggio giornalistico di ambito politico”.
PS A proposito di primarie del centrosinistra, noto anche che Bersani, Renzi e Vendola sono descritti come competitor e non come concorrenti, avversari o contendenti: forse per sottolineare che le primarie sono un concetto americano?!?
Nuovo post: Anglicismo del mese: competitor (marzo 2013).
Rose:
Su FB c’è una pagina simpatica che si chiama: Gente che non sa scrivere (e parlare, si potrebbe aggiungere) l’italiano e si ostina a farlo in inglese.
Mauro:
Sinceramente: il 99,99% dei forestierismi sono inutili (e non solo in italiano, ma in tutte le lingue).
Però, purtroppo, fanno figo.
Saluti,
Mauro.
Licia:
Anch’io penso che molti forestierismi siano inutili e non a caso è un argomento su cui torno spesso, però non sarei troppo drastica.
Come dicevo in L’invasione degli anglicismi, secondo me bisogna distinguere tra
1) forestierismi nel lessico comune, che possono penalizzare la comunicazione, e
2) forestierismi nel lessico specialistico, che spesso risultano più utili di eventuali alternative “autoctone” perché invece facilitano la comunicazione a livello globale, tanto che c’è chi preferisce descriverli come internazionalismi.
Ho trovato molto significativo a questo proposito l’esempio di Uncleftish Beholding, citato in un commento, che è un testo di fisica scritto in inglese ma usando solamente parole di origine anglosassone, scartando tutte quelle entrate in inglese come prestiti da altre lingue: risulta praticamente incomprensibile.
Silvia Pareschi:
Molto bella l’idea dell’anglicismo del mese. Ieri sera ascoltavo le notizie sulle primarie con mio marito, che come sai è americano ed è rimasto molto perplesso davanti alle dichiarazioni dei vari “competitor” che si sentivano molto “anti-establishment”.
Licia:
@Silvia, mi ha colpito che siano proprio i candidati stessi a fare grande uso di anglicismi, non solamente i soliti giornalisti. Non ho sentito nessun intervento ma ho letto qui che nelle dichiarazioni post voto sia Vendola che Renzi si sono rivolti agli avversari chiamandoli competitor, e Renzi ci ha anche aggiunto la –s finale: Un saluto particolare agli amici competitors di questa battaglia (da verificare se pronunciato con o senza gorgia!).
LucaF:
Oltretutto, con molta prontezza è spuntato anche “endorsare”
Licia:
@Luca, questo mi mancava! Aggiungerò una nota al post.
Valentina:
Segnalo anche questo articolo in cui “endorsement” appare in tondo (come per dire: nulla di strano), a differenza di “sentiment” (!) che invece è in corsivo:
http://www.corriere.it/spettacoli/12_novembre_28/guccini-endorsement-bersani-primarie_36614cbc-398d-11e2-8eaa-1c0d12eff407.shtml
Licia:
@Valentina, grazie per l’esempio, molto interessante perché il giornalista ha scelto di scrivere Guccini spinge Bersani […] prende posizione sulle primarie […] sceglie Bersani […] si è espresso a favore di Bersani prima di arrivare a usare endorsement: la dimostrazione pratica che si tratta di un forestierismo superfluo per un concetto che in italiano si può facilmente esprimere in molti altri modi.
Mi ha colpito molto anche anche l’altro esempio che hai citato:
«Guccini, che da sempre sta a sinistra e che il suo sentiment politico lo ha fatto trasparire in molte delle sue canzoni, ne ha parlato anche alla presentazione del suo ultimo album»
Mi sembra proprio un tipico esempio di parole inglesi usate ad effetto, senza considerare se la maggioranza dei lettori ne conosca effettivamente il significato. Questo articolo è pubblicato nella sezione Spettacoli, un contesto non specialistico, però sentiment non è una parola del lessico comune italiano: è un termine tecnico usato principalmente nell’ambito della sentiment analysis, la disciplina che ricorre a specifici strumenti e metodologie di linguistica computazionale ed elaborazione del linguaggio naturale (natural language processing) per analizzare testo, come tweet, commenti e conversazioni nei social media, e identificare atteggiamenti, opinioni, reazioni, preferenze, umori, stati emotivi (in una parola, il sentiment) che consentano di capire “cosa si dice” a proposito di un prodotto, di un personaggio, di un argomento, di un film o altro in un preciso momento.
Quanti lettori capiranno il riferimento a sentiment politico, un concetto che di solito riguarda tendenze generali ed è raramente usato per descrivere le inclinazioni di un unico individuo (e quindi qui mi sembra usato a sproposito)? E quanti penseranno invece che non occorrono linguisti computazionali e algoritmi complessi per analizzare i testi delle canzoni di Francesco Guccini ma basta ascoltarle per capire subito come la pensa?! 😉
Aggiornamento – In Il sentiment di Francesco Guccini, un’osservazione arguta di Mauro: senza ulteriori dettagli, in questo contesto si potrebbe anche pensare a sentiment come a una parola del dialetto emiliano di Guccini!
Aggiungo il link a Emotion trigger, un post di qualche anno fa in cui accennavo a un particolare aspetto di sentiment analysis presentato alla conferenza TKE 2008.