Parole indiane e “carciofo di Gerusalemme”

immagine da BBC MagazineBBC Magazine e Wordnik dedicano due articoli ricchi di curiosità etimologiche a varie parole inglesi di origine indiana, parecchie delle quali sono poi state adottate (e spesso adattate) in italiano, come ad es. pigiama, scialle, bandana, veranda, giungla, shampoo, gimcana, atollo, guru, catamarano, yoga ecc.

Entrambi gli articoli fanno riferimento a Hobson-Jobson, un dizionario di parole anglo-indiane pubblicato verso la fine del XIX secolo. Hobson-Jobson non è però il nome dell’autore ma l’adattamento in inglese della frase Ya Hasan! Ya Hosein! usata durante un rituale religioso indiano.

topinamburCome spiega The virtual linguist, da allora in inglese si chiama Hobson-Jobson qualsiasi processo di anglicizzazione delle parole straniere, che avviene soprattutto tramite assimilazione*.

Un tipico esempio di Hobson-Jobson è Jerusalem artichoke – la parola inglese per il topinambur – che è l’anglicizzazione della parola italiana girasole.
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* Cfr. Ortografia italiana e prestiti dall’inglese (esempi di assimilazione grafica e morfologica e di italianizzazione).

10 commenti su “Parole indiane e “carciofo di Gerusalemme””

  1. Licia:

    @Silvia, ache da quello che indicano Online Etymology Dictionary (Jerusalem "artichoke" is folk etymology of Italian girasole "sunflower") e altre fonti, sembra che la parola girasole [articiocco] sia stata sentita e “trascritta” come Jerusalem, mentre il riferimento al carciofo dipende da una vaga somiglianza di sapore (e suppongo che il nome abbia avuto origine in America perché fino a non molti anni fa il gusto del carciofo non credo fosse comunemente conosciuto nel Regno Unito: quando vivevo da quelle parti i carciofi non si trovavano mai, però era prima dei vari Jamie Oliver e di tutti i programmi sulla cucina italiana :-)).

  2. Stefano:

    Fantastica quella del topinambur! Mi ricorda come si è arrivati a chiamare una zona di Londra “Elephant & Castle”. Molte fonti, compresa Wikipedia, parlano del nome di una locanda, ma altre assicurano che il nome voleva celebrare il matrimonio fra un re e l’Enfanta de Castilla – e mi pare piuttosto verosimile, conoscendo la scarsa propensione degli anglosassoni a spendere più di un neurone e due secondi sulle pronunce straniere!

  3. Licia:

    @Stefano, un altro esempio divertente di The virtual linguist è il vino di infima qualità, plonk, che sarebbe l’anglicizzazione del francese vin blanc. E a  proposito di stazioni della metropolitana (e ferroviarie) londinesi, c’è anche quella di Vauxhall e in un altro post ho scoperto che in russo stazione si dice вокзал (vokzal), c’è chi dice a causa di una delegazione russa in visita a Londra nel XIX secolo per vedere le nuove ferrovie: a quanto pare avevano fatto confusione tra il nome generico per stazione, station, e quello della specifica stazione che stavano visitando, appunto Vauxhall.


    Aggiornamento 24 novembre 2012 – In Paradisi fiscali e parole nate per sbaglio (e commenti) un paio di esempi di parole italiane dovute ad errori.

  4. linus:

    In colonia facevamo la conta “ponte ponente ponte pì, tappe tapperugia, ponte ponente ponte pi, tappe tapperì”. Ho poi scoperto, quando una mia amica è andata a fare la assistente in una colonia francese, che là gira una conta che fa “pomme de renette pomme d’api, d’api d’api rouge, pomme de renette pomme d’api, d’api d’api gris!” 🙂

  5. Rose:

    Questo post e relativi commenti è (o sono?) interessantissimo/i. Trovo anch’io oscuro il passaggio da topinambour a girasole.

    Cercavo di parlarne a mio fratello e lui mi ha fatto una domanda che giro agli esperti: il verbo “to amaze” viene dalle Amazzoni?

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