“Diffidare delle parole inglesi che fioriscono sulla bocca degli italiani, please”, scrive Massimo Gramellini in Spen Ding Reviù, un articolo molto condiviso sui social. Prende spunto dall’anglicismo del momento. “Revisione della spesa è concetto sfumato e dall’esito aperto […]
Spen Ding Reviù: la formula magica ha una sua morbidezza di vaselina, indispensabile quando la verità fa paura”.
Sono osservazioni che colgono un aspetto lessicale importante: le diverse connotazioni che possono avere un prestito, in questo caso spending review, e il termine italiano corrispondente, revisione della spesa pubblica. È un po’ come con le parolacce, che in una lingua straniera non fanno mai lo stesso effetto che hanno invece su una persona di madrelingua.
Ho pensato anche a un articolo che ho letto recentemente, in cui la linguista Maria Luisa Altieri Biagi conferma che i forestierismi arricchiscono la lingua e quindi non vanno temuti, ma andrebbero evitati quando non sono necessari e “quando potrebbero creare difficoltà a chi ascolta o legge. Si tratta di rispetto per l’interlocutore, non di pregiudizio araldico o di autarchia linguistica”.
Mi pare che spending review esemplifichi bene l’idea, che condivido in pieno, che l’abuso dell’inglese nella comunicazione non specialistica, specialmente se rivolta al grande pubblico, può rappresentare una mancanza di rispetto. .
Aggiornamento 2014 – La locuzione ora viene abbreviata in spending e così è stata trasformata in uno pseudoprestito. Dettagli in L’evoluzione di spending review.
Vedi anche: L’invasione degli anglicismi, per la distinzione tra forestierismi insostituibili, utili e superflui nel lessico comune e nel lessico specialistico
Nuovi post: Inglesorum (gli anglicismi della politica come versione moderna del latinorum manzoniano) ed Elenco di anglicismi istituzionali (una raccolta di esempi di inglese poco trasparente per i cittadini).
Aggiungo anche i criteri di condotta sull’uso degli anglicismi di Francesco Sabatini:
Vignetta: Piero Vanessi