L’Alpine Plume non è la penna di corvo o di aquila sul cappello degli alpini, come potrebbe suggerire una traduzione maccheronica dall’inglese, ma un fenomeno meteorologico di cui parlano oggi vari media italiani a proposito del rischio grandinate nel nord Italia.
Viene descritto genericamente come “aria calda e secca che risale dal Mediterraneo e che comporta le condizioni adatte per forti grandinate”. Ma cosa c’entrano le Alpi o comunque il riferimento alle montagne (Alpine)? Nessuno lo spiega, né si preoccupa di chiarire cosa voglia dire plume in questo contesto.
Le poche occorrenze restituite dai motori di ricerca sono molto recenti e fanno sospettare che Alpine Plume sia un nome coniato in questi giorni da qualche addetto ai lavori. Che senso ha propinarlo al grande pubblico come se fosse un termine attestato?
Probabilmente il concetto di riferimento è Spanish plume, un fenomeno che può colpire le isole britanniche quando un particolare tipo di massa di aria calda e secca proveniente dalla Spagna si muove verso nord e viene a trovarsi sotto una massa di aria fredda e umida proveniente dall’Atlantico; salendo verso l’alto, innesca meccanismi che provocano forti temporali e grandinate. Lo spiegava bene un servizio della BBC che introduceva anche un terzo elemento, uno strato di aria calda e umida dal Mediterraneo.
In inglese la parola plume nel lessico generico descrive sia una piuma usata a scopo decorativo che un pennacchio di fumo che si muove verso l’alto. Il termine plume, invece, ha significati specifici e diversi in ambiti specialistici come la biologia, l’idrodinamica, la vulcanologia e la meteorologia.
Su Alpine posso solo ipotizzare che i temporali avvengano in prossimità delle Alpi?
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Vedi anche: Arriva il fantomatico Blizzard!
Silvia Pareschi:
Con tutte queste parole interessanti che citi mi hai fatto venir voglia di postare le parole che Jonathon scova per la rubrica Jargon Watch di Wired. Peccato che la rubrica sia difficile da reperire online. Qui c’è un esempio da un numero dell’anno scorso:
http://www.wired.com/magazine/2011/09/st_jw_botcloud/
Rose:
Potrebbe chiamarsi così perchè le perturbazioni a volte sembrano delle piume, viste dal satellite?
http://t3.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcS59WWgeX1pnpf6PToWwGLqRcnYWhihBVYKrcCt_O7JG8lphZmbEg
Certo che una penna alpina ha un altro aspetto. Mah!
Licia:
@Silvia, ottima idea, ne avevo viste altre tempo fa e sono tutti esempi molto interessanti.
@Rose, davvero efficace la foto dal satellite! Sull’origine del termine, non saprei. Una delle caratteristiche delle metafore usate in ambito scientifico (ma anche tecnologico) è che spesso sono concepite come modelli individuali e bisognerebbe consultare l’ideatore per sapere esattamente quale sia stato il processo mentale all’origine. Una frase ad effetto che ho letto recentemente a proposito di metafore in ambito scientifico: New terms can thus be conceived as just a by-product of the scientist’s intellectual trajectory (Humbley, “Accounting for term formation”).
Devo dire che Alpine Plume mi ha colpita molto perché fa venire in mente connotazioni positive, anzi, lo trovo un nome addirittura evocativo, un po’ come alpenglow, e invece è qualcosa che può fare disastri…
Nautilus:
Uhm, ho provato a dare un’occhiata agli articoli che parlano di questo Alpine Plume (locuzione secondo alcuni addirittura femminile). Sono tutti di taglio molto giornalistico, con una buona dose di superficialità.
Il plume è un concetto molto semplice legato all’idrodinamica. Si ha un plume ogni volta che un fluido scorre dentro un altro (l’aria è un fluido, come l’acqua). A seconda della densità dei due fluidi, della loro quantità di moto (una grandezza che tiene conto contemporaneamente di velocità e massa), della tipologia di moto (turbolento o laminare), ecc. si osservano fenomeni diversi per aspetto e intensità.
La traduzione corretta di plume, dato il contesto, non è piuma, ma pennacchio.
Nel caso di Alpine Plume mi pare di poter dire che si tratti di un’espressione di conio recente (e inutile). Plume vuol dire quel che ho detto sopra, mentre Alpine fa riferimento all’area geografica che caratterizza il fenomeno. Tuttavia le tracce della locuzione Alpine Plume in lingua inglese sono scarsissime, cosa che, a mio avviso, si spiega col fatto che fenomeni di questo tipo non sono esclusivi del territorio alpino.
Per creare un micro-plume potete prendere una caraffa d’acqua, una siringa piena di latte, immergere la punta di quest’ultima sotto il pelo d’acqua e iniettare il latte con forza.
Licia:
@Nautilus, infatti, altro esempio di pressapochismo dei media italiani: tutti hanno ripreso la notizia dalla stessa fonte (le parole sono le stesse per tutti), però sembra che nessuno si sia fatto alcuna domanda davanti a una locuzione poco trasparente come Alpine Plume. Eppure sarebbero bastati i pochi secondi della verifica con i motori di ricerca per scoprire che le uniche occorrenze sono di questi giorni e quindi farsi venire qualche dubbio sull’opportunità di usare il riferimento in un articolo divulgativo (questo potrebbe essere un hapax, una parola o espressione che appare una volta sola all’interno di un testo o della produzione di un autore, in questo caso il meteorologo che ha coniato Alpine Plume).
Avrei anche qualche dubbio sulla formazione del termine, se effettivamente di termine si tratta: in inglese sono attestati Spanish plume, come accennavo nel post, e Mexican plume (definizioni visualizzabili al passaggio del puntatore) e si può notare che plume viene qualificato “geograficamente” in base al luogo di origine della massa d’aria calda, mentre qui sembrerebbe che Alpine sia usato con riferimento al luogo dove si scatenano i fenomeni temporaleschi, quindi la fine del percorso del plume. Se così fosse, il termine non sarebbe stato formato correttamente (non è coerente con gli altri termini già presenti nel sistema concettuale).
PS Grazie della spiegazione del concetto rappresentato da plume: l’esempio della siringa è molto efficace!
Nautilus:
Decisamente concordo con la tua linea circa la formazione di Alpine Plume.
Aggiungo che l’area alpina è talmente importante (la condividiamo con Austria, Baviera, Francia, Germania, Liechtenstein, Monaco, Slovenia e Svizzera) che i fenomeni meteo in questa zona sono studiati con particolare attenzione. Anche perché è proprio la presenza delle Alpi che rende le previsioni in pianura padana molto ostiche e difficoltose: i modelli fisico-matematici impiegati oggi non sono ancora in grado di spiegare con sufficiente affidabilità come montagne così alte ed estese influiscono sulle numerose variabili per il controllo dei fenomeni atmosferici.
Dunque, per concludere, dubito che gli studiosi dell’area alpina possano essere all’oscuro proprio dell’Alpine Plume… a meno che – come pare – non si tratti di una trovata giornalistica.
Licia:
@Nautilus, o forse un’invenzione di uno di quei siti di meteorologia che quest’anno hanno cominciato a dare i nomi alle ondate di calore, a quanto pare scatenando qualche malumore nel settore? Plume mi sembra troppo specifico perché sia venuto in mente a un qualche giornalista.
Certo che Scipione, Caronte, Lucifero e Minosse sono decisamente più efficaci del vagamente poetico Alpine Plume!