Genere grammaticale, naturale e sociale

In tedesco la rapa (die Rübe) è di genere femminile, la ragazza (das Mädchen) neutro, come faceva notare Mark Twain nel divertente saggio The Awful German Language:

In German, a young lady has no sex, while a turnip has.Think what overwrought reverence that shows for the turnip, and what callous disrespect for the girl. See how it looks in print — I translate this from a conversation in one of the best of the German Sunday-school books:
Gretchen – Wilhelm, where is the turnip?
Wilhelm – She has gone to the kitchen.
Gretchen – Where is the accomplished and beautiful English maiden?
Wilhelm – It has gone to the opera.

Ci ripensavo quando ho aggiunto un commento a Genere e linguaggio per ricordare la differenza tra genere grammaticale (una categoria morfologica) e genere naturale o reale (il sesso di una persona o di un animale).

In italiano, come in tedesco e in altre lingue, il genere grammaticale è una convenzione, basti pensare ai nomi di oggetti o di concetti astratti. Solo nel caso di esseri animati, in particolare umani, genere grammaticale e genere naturale di solito coincidono, ma non è una regola, come dimostrano questi esempi di nomi di genere promiscuo:

persona e vittima, a cui non associamo un sesso specifico (hanno una valenza neutra);
sentinella, guardia*, scorta, recluta, matricola, ruoli per tradizione maschili, anche se declinati al femminile (“Betulla, la spia radiata dall’ordine dei giornalisti non fa pensare a una donna);
talpa, balena, tigre, zebra, renna, scimmia, aquila, pantera, animali che non sono solo femmine (una metafora come “Carlo è una volpe” non mette in dubbio alcuna virilità!)

Mi sembra che nelle discussioni sul sessismo linguistico a volte venga fatta confusione tra genere grammaticale e genere naturale e non si tenga conto che le strutture dell’italiano di per sé non sono sessiste, è sessista l’uso che si fa della lingua, difficilmente regolamentabile.

Il sessismo esiste ma mi pare un po’ superficiale attribuire responsabilità alla morfologia delle parole: i problemi di discriminazione riguardano piuttosto il cosiddetto genere sociale, ossia gli stereotipi e le aspettative di tipo sociale e culturale associati al ruolo dell’uomo e della donna ed espressi soprattutto tramite atteggiamenti, comportamenti, trattamenti, opportunità, retribuzioni ecc.
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* Aggiornamento marzo 2014 – Trascrizione di un intervento di Cecilia Robustelli, studiosa di lingua e genere, alla puntata di La lingua batte sul sessismo linguistico:

Noi inciampiamo tutti i giorni nella questione femminile della lingua italiana. Basta aprire un giornale e vedere, come mi è successo proprio qualche giorno fa, che un giornalista bravissimo […] scriveva “Ieri sono andato a fare un giro in un carcere e mi ha accompagnato il direttore del penitenziario, donna, seguito da una guardia, donna, e da un rappresentante dei sindacati, donna”. E allora mi sono chiesta “Ma perché, con la voglia che c’è di risparmiare caratteri che c’è sulla stampa, questo ha ripetuto per tre volte donna? È possibile che non sapesse che esiste il femminile di queste parole?” [podcast]

Mi pare che con questo esempio, presumo involontario, Robustelli abbia dimostrato che il genere grammaticale è una convenzione: guardia è di genere grammaticale femminile ma se non specificato identifica individui di genere naturale maschile. La forma “femminile” di guardia non esiste, a meno che non si voglia inventare “guardiessa”. 😉
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Altri commenti e osservazioni in Genere e linguaggio ed esempi in Giudici e giudichesse. In Donne e grammatica alcuni dati che smentiscono l’affermazione ricorrente che la forma femminile è riservata alle professioni umili e manca invece per la maggior parte di quelle prestigiose.

Aggiornamento giugno 2016 – Ho partecipato a Tra poco in edicola su Rai Radio 1 assieme a Cecilia Robustelli contribuendo con un punto di vista diverso da quello della nota studiosa: credo sarebbe preferibile se il dibattito si spostasse dal genere grammaticale al genere sociale. Dettagli in A Roma e Torino, sindaco o sindaca?

4 commenti su “Genere grammaticale, naturale e sociale”

  1. Stefano:

    Applauso. È addirittura benevolo dire che “a volte venga fatta confusione”, non dà idea del livore con cui certe persone, dimentiche o ignare della dicotomia di cui sopra, affrontino il discorso. Comunque, trovo affascinante – e in questo contesto indicativo – come certi sostantivi, originariamente neutri in latino, siano diventati maschili al singolare e femminili al plurale per una mera questione morfologica. Penso a osso-ossa, braccio-braccia, uovo-uova, orecchio-orecchie.

  2. Licia:

    @Stefano, devo ammettere che il mix “grammatica & ideologia” mi infastidisce abbastanza. Come puoi immaginare, mi capita di ritrovarmi coinvolta in questo tipo di discussione e, come dicevo negli altri commenti, trovo curioso che le più appassionate siano soprattutto donne che hanno ruoli per cui c’è già un nome di genere femminile, mentre le dirette interessate si facciano molti meno problemi…

  3. daniela:

    Sostantivi come “sole” e “luna” in tedesco sono di genere grammaticale opposto (die Sonne, der Mond) rispetto a quello della lingua italiana e del suo immaginario collettivo.

    In italiano il sostantivo “direttore” ha anche una declinazione al femminile. Ma usare “direttrice” in molti contesti lavorativi suona male, anzi malissimo, tanto che è vietato. Per esempio, nella Pubblica amministrazione, meglio evitare di chiamare “direttrice generale” la dirigente che ricopre il ruolo apicale di dg. Per non sminuire il ruolo, infatti, si deve usare rigorosamente “direttore generale” per entrambi i sessi. E sono proprio le donne-direttore a ribadire il concetto. A proposito di ottica di genere nel linguaggio, nel lavoro, nei ruoli, negli stili di vita… sigh!

  4. Licia:

    @Daniela, sarà interessante vedere fra qualche anno quale soluzione sarà stata privilegiata, se il maschile neutro che per ora mi sembra la soluzione preferita dalle dirette interessate, oppure quella più ideologica.

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