Nei commenti a History – Cronologia mi è stato chiesto perché i bookmark (gli indirizzi dei siti memorizzati nel browser per poterli rivisitare in seguito) si chiamino segnalibri nelle versioni italiane dei principali browser ma non in Internet Explorer, dove sono invece preferiti.
L’uso di Favorites anziché Bookmarks è un esempio di scelte terminologica con cui si cerca di differenziare un prodotto dalla concorrenza anche grazie a terminologia propria. La strategia opposta consiste nell’adeguarsi alla terminologia altrui e già nota (ad es. History, termine adottato da tutti i principali browser) perché la familiarità ha un impatto positivo sulla curva di apprendimento e può favorire il passaggio al proprio prodotto. Si può anche scegliere di differenziare la terminologia ma adottare icone o simboli che sono diventati lo standard del mercato, come la stella, che rappresenta lo stesso concetto indipendentemente dal nome.
Ci sono alcuni riferimenti interessanti a questo proposito in Coining terminology for life on the Web (New York Times), dove vengono descritti i vantaggi di entrare nel mercato non solo con un nome efficace ma anche con terminologia che si ricordi facilmente e che venga rapidamente condivisa.
Vengono citati Instagram, Pinterest, Facebook e in particolare Twitter, un esempio davvero riuscito di terminologia che ha aiutato il sito a distinguersi da tutti gli altri e che è ormai entrata nel lessico comune. Bing rappresenta invece un tentativo maldestro e non recepito di imporre il proprio nome come alternativa al neologismo google (“cercare su Internet”).
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Vedi anche: History – Cronologia e I nomi dei browser.
Stefano:
Su questo termine, Microsoft ha optato per la scelta linguisticamente più logica, e infatti noi usiamo entrambi i termini per cose diverse. “Favorites” sono i siti preferiti dell’utente; i “bookmarks” agiscono effettivamente da segnalibro: si inseriscono all’interno di un testo per raggiungere un punto preciso
Licia:
@Stefano, a me la metafora originale del bookmark non sembra male perché penso sia stata pensata con riferimento alle pagine di un sito.
Mi piacerebbe però capire come mai in italiano si sia diffusa soprattutto la parola inglese, anche nel lessico comune, nonostante le versioni localizzate dei vari browser usino segnalibro (ho notato, ad esempio, che il Devoto Oli alla voce segnalibro registra l’accezione informatica rimandando però alla voce principale bookmark). Nel caso di bookmark / segnalibro, infatti, non c’è il vantaggio della parola inglese più breve, come può essere per link e collegamento [ipertestuale], e mi sembra che il concetto sia abbastanza simile in entrambe le lingue, anche se forse in inglese prevale l’idea di mark mentre in italiano di libro, meno associabile alle altre metafore legate ai siti web. Forse si tratta semplicemente di un altro tipico caso di anglofilia?!?
Stefano:
Diciamoci la verità: da quando l’informatica ha cominciato a sfornare novità a getto continuo e il ciclo di vita delle funzionalità è diventato a volte tanto breve da non consentire un consolidamento degli usi linguistici derivanti, con l’anglofilia abbiamo un po’ sbracato!
Licia:
@Stefano, vero, e sono cambiate anche le modalità con cui si ha accesso alle informazioni. Nella presentazione fatta a GLAT la settimana scorsa avevamo proprio indicato che ora una delle caratteristiche della terminologia informatica è che spesso esistono termini alternativi nati più o meno spontaneamente nel mercato (a volte anche casualmente) che, grazie all’immediata disponibilità delle informazioni, vengono rapidamente recepiti anche da chi non ha conoscenze specifiche in materia (popularisation by early adopters and influencers). Spesso questa diffusione della terminologia avviene prima che i terminologi possano intervenire e quindi anche i grossi produttori di software (e, nei paesi dove esistono, gli enti che si occupano di standardizzazione terminologica), che potrebbero introdurre terminologia “ragionata” o perlomeno coerente con quella già esistente, si ritrovano con l’unica opzione di dover adottare termini ormai diffusi ma che non sempre rappresentano la scelta migliore, ad esempio per l’italiano una serie quasi infinita di anglicismi.