Mi è stato regalato un libretto interessante, Numeri per parlare, di Carla Bazzanella con Rosa Pugliese ed Erling Strudsholm.
La premessa sottolinea che “di solito consideriamo i numeri cardinali un modo preciso per descrivere una quantità” ma che in realtà “spesso usiamo i numeri per indicare una quantità indeterminata o approssimata e solo in pochi casi ce ne accorgiamo”.
Un capitolo del libro, con esempi in varie lingue, è dedicato proprio all’approssimazione e all’indeterminatezza che possono essere espresse con i numeri, basti pensare a un milione di volte o milleproroghe, che non hanno un significato letterale. In alcuni casi uno stesso numero può assumere valori di polarità opposta, ad es. quattro gatti indica una quantità infima mentre ai quattro venti sottintende completezza.
Vengono poi analizzati gli aspetti pragmatici dei numerali, con vari esempi per singoli numeri e in altre lingue europee che individuano simmetrie e distanze in sistemi simili, in particolare in espressioni idiomatiche, modi di dire e proverbi (ad es. in due parole è en un mot in francese e in a word in inglese).
Vengono infine esaminate le difficoltà di traduzione legate ai numerali, confrontando in particolare italiano e danese (lingua che ha conservato alcuni tratti di un sistema numerico dodicesimale, ad es. in relazione ad alcune antiche unità di misura, e di un sistema vigesimale, ad es. cinquanta si dice halvtredsindstyve, letteralmente “mezzo-tre-per-venti”, cioè due e mezzo per venti – altri dettagli nei commenti qui sotto). Esempi anche in altre lingue evidenziano ulteriori fattori culturali, ad es. in italiano e in francese descriviamo due settimane di ferie come quindici giorni, mentre in danese, inglese e tedesco i giorni sono sempre quattordici.
Il volumetto si legge in un paio di ore e per approfondire c’è una bibliografia dettagliata.
Vedi anche: Problemi di conversione (e di localizzazione), su approssimazione e convenzioni culturali, 1001, 101 e 411, per alcuni numeri significativi in inglese americano, Trenta: quasi un litro in America, per un esempio di numeri che acquisiscono un nuovo significato in un’altra lingua e Se i numeri sono un’opinione e Paese che vai, divisioni che trovi, su modi diversi di scrivere i numeri in culture diverse.
Aprile 2014 – Raccolti via Twitter, richiami letterari, espressioni idiomatiche e metafore con i numeri che finiscono in 0 (“cifra tonda”): Festeggiamo? È #cifratonda!
Watkin:
Non capisco però come “mezzo-tre” possa voler dire due e mezzo…
Licia:
@Watkin, non conosco il danese e nel testo non ci sono ulteriori spiegazioni ma probabilmente funziona come in tedesco per gli orari: quando si vuole indicare la mezz’ora, in tedesco si usa il numero dell’ora successiva, ad es. “alle due e mezza” si dice um halb drei, ovvero “mezzo tre”, formulazione che ho sempre trovato poco intuitiva.
a George:
– per essere assolutamente corretto, letteralmente non si tratta di “mezzo-tre-per-venti” ma “mezzo-terza volta venti”. E normalmente, questo diviene “halvtreds”. Stupidamente, la decina prossima si chiama “tresindstyve”, versione corta: tres (senza d)!
Indicando l’ora, si dice “halv tre” per 14:30; come i tedeschi. Ma qualche inglese anche dicono “half-three”, ma questa volta vuol dire 15:30. O forse mi sbaglio.
Licia:
@a George, grazie, speravo proprio nel contributo danese! 🙂
Un altro dettaglio che ho trovato interessante è che, stando al libro, in danese coesistono due sistemi per i numerali da 20 a 90, quello tradizionale accennato qui sopra, che prevede abbreviazioni per i numeri cardinali ma non per quelli ordinali che vengono sempre usati nella forma estesa, e quello “nordico” basato sul sistema decimale, simile ai sistemi norvegesi e svedesi. Il sistema nordico viene usato dalle banche ma, nonostante alcuni tentativi per introdurlo nel linguaggio comune, non ha mai attecchito. Peccato che il libro non cerchi di dare una spiegazione di questo insuccesso, perché in apparenza il sistema nordico è decisamente più semplice!