Atlante delle strutture linguistiche (…e del tè!)

The World Atlas of Language Structure Online (WALS) è un database che cataloga proprietà strutturali (fonologiche, grammaticali e lessicali) di centinaia di lingue e consente di rappresentarne visivamente i tratti distintivi in 141 mappe.

Si tratta soprattutto di informazioni molto tecniche ma ci sono varie mappe interessanti anche per chi non è un linguista. Qualche esempio:

  • rapporto consonanti-vocali delle lingue
  • raffronto tra lingue che hanno due parole diverse per mano e dito (521) e lingue che invece usano la stessa parola (72)
  • raffronto tra lingue che hanno due parole diverse per mano e dito (521) e lingue che invece usano la stessa parola (72)
  • basi numeriche (la maggior parte delle lingue analizzate usa il sistema decimale mentre altre contano in base 20 o preferiscono sistemi ibridi o altre basi)   
  • varie mappe sui sistemi dei nomi dei colori, ad es. rappresentazione di verde e blu e di rosso e giallo

I nomi del tè

In particolare, mi hanno molto incuriosita la mappa e il testo esplicativo per le parole che in 230 lingue diverse danno il nome al . È stato scelto questo esempio perché non si tratta di un concetto legato ad alcun “universale culturale” ma fa riferimento a un prodotto agricolo di introduzione relativamente recente e mostra come siano stati dei fattori culturali, in questo caso le rotte commerciali anziché la contiguità geografica tra lingue, a influenzare la parola adottata nel lessico di ciascun paese.

Sorprende che nell’83% delle lingue analizzate, in tutto il mondo, vengano usate sostanzialmente solo due parole per denominare il , entrambe di origine cinese ma entrate nelle varie lingue per strade diverse. Ecco cosa è successo in Europa:

  • i commercianti olandesi, i principali importatori di tè in Europa a partire dal XVII secolo, avevano contatti commerciali soprattutto nel Fujian, dove si parla il cinese min nan, la cui parola te55 divenne thee in olandese e fu poi adottata con minime variazioni nelle altre lingue dell’Europa occidentale
  • in portoghese si dice invece cha /ʧa/ perché i portoghesi, primi importatori di tè in Europa, seguivano rotte che passavano da Macao, da dove presero in prestito la parola cantonese cha, equivalente al mandarino chá
  • varie lingue dell’Europa orientale si dice chai perché in quei paesi il tè arrivava via terra dall’oriente e non dall’Olanda

Tea map

clever teaIo sono una grande consumatrice di tè e mi ero molto divertita quando un collega giapponese mi aveva fatto vedere che il mio nome, e più precisamente la seconda sillaba /ʧa/, si può scrivere con il carattere 茶 che in giapponese vuole appunto dire .


Aggiornamenti – In Collins English Dictionary si può ascoltare la pronuncia in 25 lingue diverse della parola che in ciascuna lingua indica il . Nuovi post con esempi di ricerche che usano dati da The World Atlas of Language Structure: Fonologia e geografia e Convergenza evolutiva: “eh?!?”


Vedi anche: espressioni idiomatiche inglesi che hanno a che fare con il , con alcuni commenti che evidenziano come il concetto associato alla bevanda non sia esattamente lo stesso in tutte le lingue. Altri commenti sulle connnotazioni culturali del tè in Traduzione enogastronomica.

7 commenti su “Atlante delle strutture linguistiche (…e del tè!)”

  1. Stefano:

    Ciao! Volevo solo intervenire sul tuo nome in caratteri. Io non studio giapponese, ma cinese, e 利茶 in cinese si legge proprio li4 cha2 (pinyin), dove 茶, appunto, significa tè. Detto questo, è vero che il giapponese, oltre a due sillabari, utilizza i caratteri cinesi (quelli che vengono erroneamente chiamati ideogrammi), ma mi pare strano che la lettura sia identica a quella cinese! Ad esempio, so che il carattere 人 (persona) in cinese è pronunciato “ren2” (il numero indica il tono, non corriponde a nessuna lettera ^^), mentre in giapponese “hito”. Quindi mi piacerebbe sapere se davvero in giapponese “tè” si pronuncia “cha” proprio come in cinese (il che sarebbe interessante!) o se magari il tuo collega era semplicemente cinese in realtà.
    Grazie e complimenti per il blog, mooolto interessante!

  2. Licia:

    @Stefano: grazie! Non so praticamente nulla di giapponese ma in questo caso direi che la pronuncia è proprio /ʧa/: il collega giapponese, Masaki, mi aveva fatto scherzosamente notare la possibilità di scrivere il mio nome in questo modo proprio perché mi vedeva bere tè in continuazione (e non caffè, come da stereotipo dell’italiano tipico). Invece la pronuncia della prima sillaba dovrebbe essere simile a “ri” (mancanza di /l/ nel sistema fonetico giapponese?), quindi il tutto si dovrebbe leggere “ricia” anziché “licia”.

    A proposito, il tanto bistrattato Google Translator può essere utile per una verifica: si può ascoltare la pronuncia e vedere che la trascrizione in alfabeto latino del carattere è proprio cha.

    Immagino anche che la parola giapponese sia un prestito dal cinese: l’articolo che accompagna la mappa del tè indica che i cinesi furono i primi a berlo, secondo la leggenda addirittura attorno al 2700 a.C., mentre i giapponesi lo adottarono circa 3500 anni dopo.

  3. Stefano:

    Grazie per la delucidazione! Sapevo che il giapponese avevo preso in prestito il sistema di caratteri cinesi, ma non sapevo che c’erano anche dei prestiti in quanto a pronuncia!
    Per quanto riguarda la “r” giapponese, so che non è come la nostra, ma nemmeno come una “l”, forse una via di mezzo. Leggendo qualche articolo di wikipedia (lo so, attendibilità incerta, ma è così comoda!), viene classificata come vibrante o come approssimante alveolare.

  4. Mara:

    Ciao Licia,

    non resisto e mi impiccio. Confermo, il tè in Giappone è arrivato dalla Cina, portato dai monaci. Confermo anche “l’evoluzione linguistica” dei termini 🙂 Molti libri sulla storia del tè raccontano la diffusione della bevanda nel mondo (e conseguentemente del nome).
    Se vogliamo essere pignolissimi “Il canone del tè” di Lu Yu usa anche un terzo termine…:) (e il dubbio è se parla della stessa pianta in un altro dialetto o di una possibile altra…)

    Bella la presenza del carattere del tè nel proprio nome :O
    Mara

  5. Licia:

    @Stefano: in TED c’è un intervento molto interessante di Patricia Kuhl, The linguistic genius of babies, su alcuni aspetti dell’acquisizione del linguaggio da parte dei bambini, in particolare  sulla capacità dei bambini di pochi mesi di riconoscere qualsiasi suono di qualsiasi lingua, abilità che però viene persa entro il primo compleanno. Lo incollo qui sotto perché dal minuto 3:00 circa ci sono degli esempi sulla differenza tra i suoni /r/ e /l/ in inglese e quella che viene definita Japanese /r/ e che viene proprio descritta come una via di mezzo. Parlando con colleghi giapponesi e cinesi tempo fa avevo provato a farmi spiegare la differenza tra i suoni ma non era cosi ovvia né per me né per loro, d’altronde tutti i noi avevamo passato il primo compleanno da un bel pezzo!! 

    @Mara: non ho mai letto libri sul tè ma l’esempio di WALS mi era piaciuto molto. Tra le altre informazioni, viene evidenziato il cambio di vocale in inglese, da [e:] a [i:] che si riflette in altre lingue, ad esempio in Africa si dice tii in yoruba (Nigeria) e tîi in !xóõ (Botswana). A questo punto sarei curiosa di sapere come si chiama in queste lingue il Rooibos (ne avevamo accennato nei commenti qui): stando alle informazioni in WALS, alcune lingue hanno adottato la parola usata per il tè per bevande simili, ad es. infusi e tisane (un esempio vicino a noi è il tedesco Tee), invece altre usano parole autoctone distinte e altre ancora usano la parola che descrive altri tipi di infusi caldi tipici di quella cultura anche per il tè.

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