[Novembre 2010] Ho avuto la conferma che Halloween sta inesorabilmente diventando parte dell’immaginario italiano quando hanno suonato alla porta alcuni ragazzi mascherati che passavano di casa in casa intimando allegramente “dolcetto o scherzetto!”
È stato molto divertente e mi ha fatto riflettere sull’espressione italiana dolcetto o scherzetto, una traduzione davvero efficace del trick or treat* che tanto appassiona i bambini americani. Sarei curiosa di sapere chi ha avuto questa intuizione e come si è imposta su possibili alternative.
Dubito lo scoprirò mai. Avevo pensato alle strisce dei Peanuts, che immagino abbiano fatto conoscere Halloween a molti italiani, però I Peanuts: analisi di aspetti culturali e strategie traduttive nei fumetti di Schulz di Francesca Andolfo identifica anche la variante “la borsa o il malocchio”. Probabilmente all’epoca era accettabile, visto che in pochi sapevano cosa fosse Halloween e non si era ancora affermata una traduzione di riferimento, ma ora non suonerebbe per nulla idiomatica (come d’altronde lascia perplessi la traduzione Grande cocomero per Great Pumpkin):
Raccontavo dell’episodio di Halloween ad alcuni amici spagnoli da cui ho saputo che la frase spagnola, truco o trato (“o uno scherzo o [facciamo] un patto”), quasi un calco omonimico di trick or treat, viene riconosciuta come espressione idiomatica solo dai giovani o da chi ha familiarità con la cultura americana. A quanto pare anche in Spagna ultimamente ci sono adolescenti che vanno di casa in casa aggiungendo a truco o trato caramelos o te mato (“ti ammazzo”), però quello che ricevono sono soprattutto occhiate perplesse e, anziché dolciumi, al massimo qualche spicciolo.
La frase tedesca è quasi uno scioglilingua, Süßes, sonst gibt’s Saures, più o meno “i dolci, o [per te] si mette male” (con un gioco di parole tra dolce e acido). Non parlo francese ma mi hanno detto che in mancanza di una frase standard si può ricorrere a un bonbon ou un coup de batôn (“o una bastonata”) oppure a friandises ou bêtises (“o le caramelle o [farò qualche] stupidaggine”).
Di solito tendiamo ad adottare i prodotti culturali americani abbastanza pedissequamente, quindi trovo curioso che, non solo in Italia, il trick or treat stia facendo presa soprattutto sui ragazzi, mentre negli Stati Uniti è un’usanza riservata ai bambini (ad Halloween adolescenti e adulti fanno feste mascherati ma non girano il vicinato alla ricerca di dolcetti).
Forse però questo aiuta a capire le “minacce” che in alcune lingue vengono aggiunte alla richiesta di dolciumi (in America le parole sono molto più blande: smell my feet, give me something good to eat): sarebbero fuori luogo se pronunciate da dei bambini ma sono più che accettabili se dette scherzosamente da dei ragazzi. Queste differenze sono comunque una conferma che la traduzione italiana dolcetto o scherzetto, riferita al contesto americano, è decisamente azzeccata.
* Come spiega Trick or Treat!, pare che la frase sia nata negli anni ‘20 del secolo scorso, ma era nota solo in alcune regioni degli Stati Uniti; è stata adottata in tutto il paese negli anni ‘50 grazie anche a un cartone animato con protagonista Paperino che l’ha resa popolare.
Una curiosità: nelle strisce dei Peanuts inizialmente Schulz preferiva la frase al plurale, Tricks or Treats, ed era passato solo in seguito alla formulazione standard (si può notare questa differenza anche nei due esempi più sopra).
Vedi anche: Dubbi sul Grande cocomero (ottobre 2013) e Dolcetto o scherzetto “social” (ottobre 2015). Altri dettagli e vignette qui sotto.
Licia:
Anche quest’anno la conferma che ormai in Italia è impossibile ignorare Halloween: zucche, streghe, fantasmi e pipistrelli un po’ ovunque, e non mancano le solite polemiche. Non mi sarei però aspettata di vedere l’immagine di un cappello conico nero da strega apparire come decorazione in una schermata di un distributore di biglietti self-service di Trenitalia.
E anche quest’anno una striscia di Stone Soup ci ricorda che il negli Stati Uniti il trick or treat(ing) è un’usanza riservata soprattutto ai bambini:
Aggiungo anche che in inglese la frase tipica per chiedere a qualcuno da cosa è vestito se non se ne riconosce il costume è What/who are you supposed to be? (invece per sapere in anticipo come qualcuno si vestirà, gli si può chiedere What will you be dressing as?
Vedi anche: La parola ai fantasmi!
Aggiornamento 2015 – Ho apprezzato l’umorismo di Stephen Collins in The Guardian su alcune “differenze culturali” tra Stati Uniti e Gran Bretagna:
Rennie: pasticche digestive; Celebrations: versioni mini dei dolciumi prodotti da Mars.
Altre vignette in Argh, Halloween! (2015).