A inizio ottobre non immaginavo che avrei avuto un “argomento del mese” invece è stato così e oggi vi suggerisco di leggere Più font per tutti (Il Post), un articolo davvero interessante sulla storia della parola font e relative questioni linguistiche.
Per concludere l’argomento, come preannunciato, aggiungo alcune considerazioni abbastanza tipiche per chi si occupa di localizzazione. Sono suggerite dalle differenze di terminologia tra Adobe e Microsoft riassunte in questa tabella:
Adobe – inglese | Microsoft – inglese | Adobe – italiano | Microsoft – italiano | |
1 | typeface, font family |
. font family |
tipo di carattere, famiglia di caratteri, carattere tipografico, font |
. famiglia di caratteri |
2 | . [individual] font |
typeface, font |
. [singolo] font |
carattere tipografico, tipo di carattere |
3 | font | font | font | tipo di carattere |
Nella localizzazione di un prodotto, l’adeguatezza delle scelte terminologiche per la lingua di arrivo può essere influenzate da diversi fattori e modalità di gestione della terminologia:
- Nella lingua di partenza, non sempre è determinante fare riferimento all’etimologia o al significato standard dei termini di un settore specializzato perché quando sono adottati in ambito informatico possono subire uno slittamento di significato, come dimostra la sovrapposizione di font e typeface in inglese.
Altro esempio: Tasti di scelta (rapida). - Come evidenziavo nel post precedente, a concetti facilmente identificabili non sempre corrispondono segni linguistici univoci e quindi nella gestione della terminologia è di fondamentale importanza disporre di definizioni accurate che eliminino ogni ambiguità e chiariscano le relazioni tra concetti (e termini associati).
Esempi: Che relazione c’è tra obsoleto, disapprovato e deprecato? e border / boundary / edge / perimeter network. - È sempre preferibile un approccio onomasiologico: si analizza il concetto, gli elementi che lo contraddistinguono e il contesto di utilizzo della lingua di partenza e quindi si cerca un’equivalenza* nella lingua di arrivo, evitando la tentazione di “tradurre” letteralmente il termine.
Esempi: nudge e Ribbon/Elements Gallery. - Nella scelta della terminologia possono intervenire fattori extralinguistici. Chi introduce un prodotto nuovo in un settore dove c’è già un leader di mercato, ad esempio, potrebbe dover scegliere tra congruenza terminologica con i propri prodotti, con il prodotto leader (per facilitare l’adozione da parte degli utenti esistenti riducendo l’impatto sulla curva di apprendimento) o con il sistema operativo più diffuso in quell’ambito: nel caso di font, typeface ecc., la scelta potrebbe essere tra terminologia Microsoft e terminologia Adobe, in altri contesti tra terminologia Microsoft e terminologia Apple.
- Credo sia ovvio che nessun termine dovrebbe essere gestito individualmente ma sempre all’interno del sistema concettuale a cui appartiene e in base alla destinazione del prodotto. Ho quindi qualche perplessità su alcuni progetti di terminologia in crowdsourcing o aperti alle community e soprattutto su certi forum dove chi traduce sottopone un termine all’attenzione dei colleghi, spesso senza identificare concetto, termini correlati e tipo di utente finale, per poi scegliere la “traduzione” che ha ottenuto più voti.
Esempio: Effetto mouseover: la “serrandina”.…
In conclusione, per quanto le incongruenze terminologiche di Microsoft e Adobe possano apparire ovvie, non si può dire a priori quale sia la terminologia più adeguata: ciascuna va valutata all’interno del proprio sistema concettuale.
Altri post sull’argomento font e caratteri:
► Caratteri, font e simboli scientifici
► Font è maschile o femminile?
► Font, typeface, famiglie e tipi di carattere – 1
► A lesson on typography (tipografia cinetica)
► Caratteri maschili e femminili…
* Come postilla aggiungo un esempio di equivalenza di materiale nella lingua di arrivo per un ipotetico terminologo che, una ventina di anni fa, si fosse trovato a dover scegliere la terminologia italiana per i tre concetti che hanno ispirato questo post. È il Manuale del grafico di Giorgio Fioravanti in un’edizione del 1987, quando, presumibilmente, la terminologia tipografica italiana non era ancora stata influenzata né da software localizzato né da calchi o prestiti dall’inglese (grassetti miei):
I caratteri vengono generalmente indicati con il nome del disegnatore, con quello della casa produttrice o con nomi di fantasia. Al nome, e in alcuni casi al numero della serie, si accompagna l’indicazione della forma (tondo o corsivo) o della sua proporzione (largo o stretto) e della grossezza delle aste (chiarissimo, chiaro, neretto, nero o nerissimo). Solo alcune serie di caratteri dispongono di molte varianti. I caratteri utilizzati per i testi comprendono generalmente il tondo e il corsivo, nelle varianti chiare e nere.
[come esempi vengono elencate le varianti della serie di caratteri Univers, ad es. Univers 65 Medium, Univers 39 Ultra Light Extra Condensed ecc.]