striscia: Ed Allison
Trovo molto efficace il termine inglese obscenicon, proposto dal linguista e lessicografo Benjamin Zimmer per descrivere le sequenze di caratteri come #$&%?! usate in fumetti e vignette al posto di imprecazioni o volgarità. Un termine alternativo per lo stesso concetto è grawlix, coniato dal fumettista Mort Walker.
Già nel XIX secolo esisteva la convenzione tipografica di sostituire le lettere di parole volgari con trattini e asterischi, mentre nei fumetti apparivano delle stelle per comunicare il dolore, a cui si sono aggiunti in seguito altri simboli, ad esempio vari tipi di spirale per indicare linguaggio censurabile. Con l’introduzione delle macchine da scrivere, i vignettisti hanno iniziato a usare i caratteri #$&%?!, facilmente accessibili perché sugli stessi tasti dei numeri, e da qui la pratica è passata ai fumetti (centinaia di esempi in Grawlixes Past and Present).
In genere la sequenza dei caratteri è casuale e questo rende gli/le obscenicon una convenzione internazionale subito riconoscibile e usata in molte lingue. Ci sono però alcune eccezioni, ad esempio in inglese $#!+ fa subito venire in mente SHIT.
Lo spunto per un post in tema obscenicon è questa striscia di Dilbert che mi ha fatto pensare che non vorrei essere al posto di un eventuale traduttore italiano:
In questo contesto i caratteri non sono casuali ma scelti per costruire la battuta con ship*/shit, e si possono notare tratti in comune con il leet speak, una forma di grafia alternativa in cui alcune lettere vengono sostituite con caratteri non alfabetici dall’aspetto simile, ad es. L33T per leet.
Aggiornamenti
How #$@!% became shorthand for cursing di Phil Edwards mostra come è nata si è sviluppata questa convenzione di scrittura (via The birth of obscenicons):
Un elenco di interventi di Language Log sull’argomento e la striscia di Zits che l’ha ispirato:
Vedi anche: animoticon (un neologismo tutto italiano), alcune differenze tra emoticon occidentali e orientali, e l’evoluzione Da emoticon a emoji.
* A proposito del verbo ship, in italiano non ha un equivalente e di solito è reso con locuzioni come “mettere in commercio”. È un verbo ben noto a chi lavora nella localizzazione, soprattutto per il concetto di simship, il rilascio simultaneo della versione originale di un prodotto e delle versioni localizzate in altre lingue, rese disponibili contemporaneamente nei diversi mercati. Come prevedibile, in questo ambito si mantiene il termine inglese simship e gergalmente si dice “scippare” (o forse dovrei scrivere shippare, che però ha anche tutt’altro significato!).