Linguista non ha ancora commentato i risultati del concorso di cui ho parlato nel post precedente ma le traduzioni vincenti sono state anticipate da Osservatorio della lingua italiana:
“A imporsi, fra le proposte di traduzione di blog, chat, newsletter, provider, spamming, i fervidi frutti della notoria fantasia italica. Digidiario, blabele, infolettera, telefornitore, digiluvio postale: queste, a nostro giudizio, le cinque migliori soluzioni prodotte dagli oltre seicento partecipanti” |
Sono curiosa di vedere quali saranno le motivazioni e i commenti alle proposte dei partecipanti [aggiornamento: i risultati in "La parola giusta", i vincitori. Tutta questione di ciberciarle], intanto torno sull’argomento perché tra i moltissimi contributi interessanti e creativi si potevano notare anche alcuni problemi tipici dei progetti terminologici in crowdsourcing o in altri formati aperti alle community (ad es. per raccogliere commenti e suggerimenti degli utenti sulla terminologia di software localizzato, come l’iniziativa Microsoft Terminology Community Forum, ora non più consultabile).
Una caratteristica comune di questi progetti è l’entusiasmo e la disponibilità dei partecipanti e quindi spiace che, specialmente per questioni linguistiche che richiederebbero conoscenze specifiche che non tutti hanno, certe proposte non possano essere prese in considerazione. Conoscendo i potenziali problemi si può però cercare di prevenirli e supplire alla mancanza di competenze terminologiche, riducendo così i commenti non validi.
Prendo spunto da alcuni contributi al concorso di Linguista per fare qualche esempio e proporre alcuni suggerimenti ():
▄ | Non sempre viene colta l’importanza del valore monosemico del termine e vengono proposte parole comuni già associate a concetti diversi da quello che si dovrebbe identificare in maniera univoca, senza considerare che in genere la terminologizzazione ha successo solo se viene subito associata a un nuovo concetto ma difficilmente potrebbe imporsi anche in seguito. Alcuni esempi dal concorso: ricordino, novità, gazzella, lampo (newsletter); grasso, inquinante (spamming); ponte, porto (provider); discussione, campo, piazzale, salotto, linguaggio virtuale (chat); anima, posto, pozzo, piazza, deposito, foro, giornale, dizionario, globo, lavagna, bolla (blog), ecc. Se il progetto include concetti già entrati nel mercato, può essere utile includere brevi istruzioni che indichino esplicitamente di evitare parole comuni. . |
▄ | Vari contributi mostrano che il concetto espresso dal termine inglese non è stato recepito correttamente o addirittura travisato del tutto, come si può vedere da permesso, dominio, pusher virtuale, cervellone addetto allo smistamento della posta, provvigione (provider); pettegolezzo, abbonamento di posta elettronica (newsletter); egocentrismo, (spamming), foro internautico (chat); autarchivio internautico, eternauta, webamici (blog). In alcuni casi i concetti non appaiano sufficientemente differenziati tra loro, come per la persona che ha proposto digispettegolezzo per blog e digichiacchiera per chat. Nei progetti in cui si parte dal termine originale inglese possono esserci problemi di comprensione (esempio: split button) e va quindi prevista una definizione che descriva il concetto escludendo ambiguità, meglio se scritta nella lingua di arrivo; se il caso, si possono aggiungere riferimenti a concetti potenzialmente confondibili (ad es. si potrebbe chiarire cosa distingue un blog da una chat) o a termini già esistenti che verrebbero automaticamente scartati se proposti, ad es. forum come alternativa a chat (altri esempi in Domande sulle risposte). . |
▄ | Ho notato che provider è stato interpretato da una parte dei partecipanti in base al significato generico che ha in inglese (“fornitore) e dall’altra al significato più specifico che in inglese è associato al concetto subordinato Internet Service Provider, con notevole confusione nei contributi. Anche in questo caso, essenziale una buona definizione; per evitare ambiguità, si può rendere esplicita la relazione gerarchica tra concetti includendo alcuni esempi di concetti subordinati, ad es. facendo riferimento a diversi tipi di provider. . |
▄ | Il concorso prevedeva solo sostantivi ma si trovano varie proposte che hanno una diversa funzione grammaticale, ad es. aggettivi come iperpersonale, opinionato (blog) e sgradito, nonvoluti, cestinabile, infestante, inquinante (spamming); verbi e forme verbali come te lo dico (blog), chiacchieriamo, blaterare, ci sei? (chat), pattumare, occhio è posta spazzatura, non aprirmi, vade retro, butto via (spamming), sai-mica-chi (newsletter). Si può associare la categoria grammaticale a ciascuna voce inglese; dovrebbe essere sufficiente perché venga riprodotta correttamente nei contributi (a differenza di molti americani, gli italiani di solito conoscono la grammatica di base!). . |
▄ | In alcuni casi anziché termini vengono proposte unità polirematiche o descrizioni: quello di cui hai bisogno (provider); parlando di me, dibattito fra utenti di un gruppo (blog); conversazione in tempo reale fra utenti (chat); messaggi pubblicitari sgraditi su posta (spamming). Anche qui, è utile fornire delle brevi istruzioni con esempi di cosa evitare (vedi anche: “Kluge” ed errori nei database terminologici). . |
▄ | Capita di notare incongruenze di registro, spesso nei contributi di una stessa persona (ad es. scrivoparlo, provvedente e postaccia per chat, provider e spamming). Una breve indicazione del tipo di utente a cui è destinata la terminologia, ad es. indicando esplicitamente se lo “stile” debba essere formale o informale, spesso è sufficiente per ridurre questo tipo di problema. |
Si potrebbero fare altre considerazioni sul formato e gli accorgimenti da adottare nella definizione di un progetto terminologico aperto a una community, come pure sul ruolo dell’eventuale moderatore, ma per oggi mi sono dilungata fin troppo!
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Aggiornamento 2014 – Altre considerazioni sui progetti di localizzazione in crowdsourcing in “charm” in Windows 8, telefonini e calendari e Crowdsourcing e community translation.
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