Tutti abbiamo familiarità con il concetto di rima, basta pensare alle filastrocche. Forse meno noto è il significato di rima come termine linguistico.
In fonetica la sillaba è formata da un elemento obbligatorio, il nucleo, che in italiano costituisce la sillaba minima e contiene una singola vocale (o un dittongo), ad es. a in ape. Il nucleo può essere preceduto da un attacco (una o più consonanti, ad es. sar e stra) e può essere seguito da una coda (una sola consonante, ad es. sar, ma in altre lingue come l’inglese anche più di una, ad es. send). In italiano le combinazioni di vocali (V) e consonanti (C) secondo questo schema possono essere -V-, -VC, CV-, CVC. Nucleo e coda a loro volta formano la rima.
In inglese si parla di nucleus, onset, coda e di rhyme o rime, quest’ultima una grafia meno comune ma usata soprattutto in testi dove va fatta una distinzione tra il significato generico di rima (la parola rhyme) e quello linguistico specializzato (il termine rime): “cat, sat and fat rhyme because they share a rime”.
Se la terminologia non viene identificata come tale durante la traduzione ed è trattata invece come lessico generico, possono risultare contenuti poco comprensibili per chi non ha accesso al testo originale, come mostrano questi due esempi. Sono tratti da un libro della neuroscienziata americana Maryanne Wolf sull’apprendimento della lettura* e si può notare che nella traduzione italiana viene fatta confusione tra il significato linguistico “costituire la rima di una sillaba” (rime) e quello generico “fare rima” (rhyme):
Traduzione italiana | Testo originale |
[…] Il bambino che ha cominciato a discriminare i suoni abbinati (You’re a funny bunny, honey! Sei un buffo coniglietto, zuccherino!) ha anche cominciato a segmentare le parti interne delle parole in componenti più piccole. I bambini di quattro o cinque anni imparano a distinguere le parti iniziali di una parola (la S di Sam) e quelle che entrano in rima (am in Sam). È l’inizio del lungo e importante processo che permette di distinguere ciascun fonema, facilitando l’apprendimento della lettura. | The child who has begun to discriminate paired sounds (You’re a funny bunny, honey!) has also begun to segment the internal parts of words into smaller components. Children four and five years old are learning to discern the onset or first sounds of a word (“S” in “Sam”) and the rime (“am” in “Sam”). This is the beginning of the long important process of being able to hear each individual phoneme in a word, which facilitates learning to read. |
[…] I bambini fanno spesso molta fatica capire come combinare i suoni per formare parole come cat e sat (sedevo, sedevi…; seduto). Conoscere il principio linguistico che un fonema continuo come s può essere mantenuto per il tempo necessario al bambino per trovare una rima (con at in questo caso) facilita molto l’insegnamento del concetto di assemblaggio dei suoni sia al bambino sia all’insegnante. Perciò, volendo insegnare a combinare i suoni verbali, sat e rat (ratto) rendono le prime combinazioni più fattibili che non il proverbiale cat. | Children often have a very hard time figuring out how to blend sounds together to make words like “cat” and “sat”, Knowing the linguistic principle that a “continuant” phoneme like “s” can be held on to as long as it takes for the child to add the rime (such as “at”) makes teaching the concept of blending a lot easier for child and teacher. Thus, if you want to teach blending, “sat” and “rat” make early blending more manageable than the proverbial “cat”. |
Ci sono altri aspetti di questa traduzione che potevano essere resi più accuratamente, ad esempio blending è un concetto specifico che indica il processo in cui i suoni rappresentati da singole lettere vengono combinati assieme generando una parola; in italiano si parla di fusione fonemica / di fonemi, ad es. t+o+p+o = topo.
Continuant phoneme nell’esempio di Wolf indica una consonante fricativa, come /s/ e /r/, il cui suono può essere prolungato a piacere, a differenza di quello delle consonanti occlusive, come la /k/, che sono quindi meno utili per fare esercitare i bambini con la fusione dei fonemi.
Gli esempi nel testo originale americano (Sam e poi cat, sat e rat) risultano familiari a chi ha imparato a leggere in inglese perché le prime parole che vengono insegnate sono proprio quelle di tipo CVC, in cui vocali e consonanti hanno una pronuncia regolare (parole monosillabiche come bat, fat, hat, mat, pat hanno la stessa rima ma si differenziano nell’attacco) e quindi è più facile riuscire a capire la corrispondenza tra fonemi e grafemi. In questo contesto, la traduzione in italiano dei singoli esempi è poco rilevante mentre sarebbe stato più utile spiegare a chi si presume digiuno di inglese perché sono stati scelti, ad esempio facendo notare che anche honey fa rima (!) con bunny e funny.
Nuovo post: La rumorosità dell’italiano, lingua isosillabica, su una differenza importante ma poco nota tra inglese e italiano che riguarda sillabe e prosodia.
* Esempi tratti da Proust and the Squid: The Story and Science of the Reading Brain e traduzione italiana Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge.
Vedi anche: "Alphabet Song" e alcune differenze culturali per alcuni esempi di difficoltà a imparare a leggere e scrivere in inglese e hard-wired per un altro esempio di errore di traduzione dallo stesso libro.
Mauro:
Un minimo appunto: continuant phoneme non vuol dire consonante fricativa ma consonante continua. La differenza è che si chiama continua qualsiasi consonante che non sia un’occlusiva, quindi sono continue le nasali, le laterali, le vibranti, le approssimanti e anche le fricative.
Tra i fonemi addotti ad esempio (ma per quale lingua? un fonema è tale solo in riferimento a una dato sistema linguistico, altrimenti si parla genericamente di foni), /r/ non è una fricativa in inglese, dov’è realizzato generalmente come approssimante (o come vibrante in varietà come lo scozzese), né in italiano, dove rappresenta una (poli)vibrante.
Invece ti ringrazio perché mi hai fatto scoprire che honey, e anche money, rimano con funny, bunny e sunny! Il che spiega la grafia nonstandard ‘hunny’.
Licia:
@Mauro, grazie per le precisazioni. Nelle spiegazioni avevo riportato gli esempi dell’autrice del libro, che è americana, quindi i riferimenti sono tutti al sistema linguistico dell’inglese americano. Mi sono resa conto che non era del tutto chiaro e ho aggiornato il post specificandolo in un paio di punti.
Ne approfitto per aggiungere un esempio di nomi che in inglese fanno rima, anzi, coincidono, ma che gli italiani ritengono diversi perché si fanno influenzare dall’ortografia: Leonard e Lennard si pronunciano entrambi /ˈlɛnəd/ in Europa e /ˈlɛnərd/ in America.
Mauro:
Per Leonard, basta guardare una puntata di Big Bang Theory per accorgersene. 😉
Per il resto, continua però la questione della terminologia linguistica, probabilmente un’errore dell’autrice americana: /r/ non ha mai realizzazione fricativa in inglese, è generalmente un’approssimante alveolare, o al massimo una vibrante in scozzese.
https://en.wikipedia.org/wiki/English_phonology#Consonants
Licia:
@Mauro, pensavo proprio a The Big Bang Theory e al nome italianizzato nella versione doppiata (e anche a Leonard Cohen). 😉
Pronuncia descritta in Leonard