Mi è piaciuto molto quello che ha scritto Mara in Tradurre le serie, sulle scelte di traduzione che rischiano di entrare in conflitto con situazioni future non prevedibili.
È un problema che si può presentare anche nella localizzazione del software, ad es. quando nella lingua di arrivo non esiste un termine equivalente oppure c’è ma è improponibile perché ha connotazioni indesiderate o non è adatto al registro o al contesto. In questi casi si ricorre a soluzioni ad hoc (un esempio qui) e si spera sempre che nelle versioni successive non vengano introdotti nuovi concetti per i quali sarebbe più appropriato il termine già “preso”. È infatti sempre difficile cambiare la terminologia consolidata: risulterebbe costoso e soprattutto creerebbe confusione agli utenti.
Un esempio tipico è il termine Wizard nei prodotti Microsoft (1991). Varie lingue europee avevano deciso di optare per l’equivalente di “assistente” perché una traduzione letterale sarebbe stata fuori luogo. Non avevano però potuto prevedere che qualche anno più tardi Office 97 avrebbe introdotto il concetto di Assistant (un personaggio animato interattivo che proponeva argomenti della Guida) e sarebbero state costrette a usare soluzioni alternative, ad es. per lo spagnolo Wizard=Asistente ma Assistant=Ayudante e per il francese Wizard=Assistant ma Assistant=Compagnon, oppure per il tedesco lo stesso termine, Assistent, per entrambi i concetti.
Una potenziale complicazione si era aggiunta in seguito, specialmente per il francese, con l’arrivo del termine Search Companion, l’interfaccia di ricerca di Windows XP in cui un cagnolino guidava gli utenti con alcune domande. Interessante notare come la strategia di localizzazione più comune in questo caso non era stata quella di cercare un nuovo termine distintivo ma di associare la nuova funzionalità a un concetto già esistente con cui gli utenti avessero già familiarità.
Nella tabella qui sotto sono riassunte alcune di queste scelte e si può vedere che alcune lingue avevano pensato a Search Companion come a una specie di “Assistant” e altre invece come a un “Wizard”, tra cui l’italiano che aveva optato per Ricerca guidata:
In conclusione: a volte servirebbe davvero la sfera di cristallo per capire se certe scelte terminologiche potrebbero dare problemi in futuro. Si riesce comunque a trovare soluzioni adeguate, anche se, con il senno di poi, in alcuni casi non sono forse perfette al 100%.
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PS Grazie a Riccardo che con un commento mi ha dato l’idea per questi esempi.
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Luigi Muzii:
Ecco la dimostrazione che tecnici e markettari non consultano localizzatori e terminologi prima di introdurre qualche novità. Dovrebbero? Dovrebbero, e se non lo fanno una ragione c’è: la mia esperienza è che li considerano degli onanisti, inutili se non dannosi.
Come si cambia questa visione? Non lo so, certo non “educandoli” come pretenderebbero alcuni, visto che accetterebbero di essere “educati” solo da qualcuno che dimostrasse di saperne più di loro.
Licia:
@Luigi Muzii, dal 1991 (Wizard) ad oggi la localizzazione è cambiata moltissimo. Non so quale sia la sua esperienza in proposito, la mia e quella di colleghi che collaborano con i maggiori produttori di software è che di norma ora si ricorre ad analisi di localizzabilità prima di finalizzare i nomi delle funzionalità più importanti: ne avevo parlato nel paragrafo Competenze nelle valutazioni di localizzabilità qui (ma anche qui e, con riferimento alla globalizzazione, qui e qui). [Aggiornamento 2010: altri dettagli in Competenze culturali nel ciclo di vita del prodotto]
In ogni caso il mio discorso voleva essere un po’ diverso: la valutazione di localizzabilità può decidere che un termine è localizzabile e consentire che, in base a tutte le informazioni esistenti IN QUEL MOMENTO, le soluzioni adottate nelle varie lingue siano del tutto adeguate e coerenti con il sistema concettuale in cui appaiono (esempio di nudge ma anche di Wizard=Assistente). Impossibile però prevedere cosa succederà IN FUTURO e impedire che vengano introdotti altri termini che costringeranno a ridisegnare il sistema concettuale, specialmente in un campo come quello dell’innovazione tecnologica dove i concetti si evolvono molto rapidamente. Come in molti ieri, cito anch’io Wittgenstein:
«Da qualche tempo le cose avvengono in modi imprevisti, soprattutto per quanto riguarda l’innovazione tecnologica, e se a volte alcune di queste sembrano svilupparsi in modi che qualcuno aveva preso in considerazione, questo avviene a fronte di altre dieci previsioni sbagliate per ognuna che somigli alla realtà. Immaginiamo di esserci trovati qui solo cinque anni fa, e chiediamoci se avremmo assistito a una serie di interventi che illustravano il prossimo boom di Twitter, di Facebook, delle applicazioni per iPhone. Non c’era nemmeno YouTube, né l’iPhone stesso, cinque anni fa. Per non parlare di Obama.»
Isabella Massardo:
@Licia,
io avrei una domanda specifica (forse non troppo collegata a questo post) che qualche cliente olandese mi ha fatto e io non sapevo che rispondere. Riguarda il verbo “klikken” ovvero cliccare/to click. Io ho sempre tradotto, brava brava, “fare clic” (come da terminologia MS), ma in Italia lo hanno sempre corretto con “cliccare”. Oppure se io metto “cliccare”, c’è sempre qualcuno che mi fa notare che, appunto, la terminologia MS prevede “fare clic”. E io che faccio in questo caso. Mi daresti un suggerimento? Grazie in anticipo.
Licia:
@Isabella, immagino ci sia lo stesso problema anche per link/collegamento, e-mail/posta elettronica, ecc.
Prima di iniziare a tradurre chiederei al cliente di specificare se preferisce la coerenza terminologica con Microsoft o con l’uso comune, magari inviandogli una tabellina pronta all’uso con gli esempi più significativi (i termini più “suscettibili” e davvero molto visibili non credo siano più di una decina).
Isabella Massardo:
Licia, grazie della rapidissima risposta, che, allora, fa sorgere la seguente domanda: perché c’è differenza fra terminologia MS e quella di uso più comune? Grazie, Isabella
Luigi Muzii:
La mia esperienza nel settore della localizzazione data 1990, ed è cominciata in ambiente IBM MVS/IMS. Dal 1980 al 1985 sono stato a pieno titolo un dilettante: traducevo per guadagnarmi quanto bastava a non pesare troppo sul bilancio familiare. Tra il 1990 e il 1992 ho lavorato prevalentemente su driver per periferiche DOS e Windows a 16 bit. Dopo il 1992 sono passato a occuparmi di Web, e ho lavorato per un po’ su applicazioni per piattaforme Unix, per poi dedicarmi alla progettazion e allo sviluppo di siti Web. Tra il 2000 e il 2002 ho “giocato” un po’ con la localizzazione di applicazioni cross-platform, dedicandomi prevalentemente alla formazione. Dopo il 2002 sono passato a occuparmi di didattica della localizzazione. Negli anni, la mia esperienza si è estesa anche al trattamento della terminologia e della documentazione. Mi rammarico di non aver approfondito la conoscenza dell’ambiente Apple, ma non posso certo dire di essere a digiuno, anche se resto con pochi studi e modeste conoscenze.
Dal 1991 la localizzazione è cambiata a tal punto da aver reso disponibili strumenti che allora erano fantascientifici, a cominciare dal Translation Manager e sono stati pubblicati diversi volumi sull’internazionalizzazione del software, ma io continuo a vedere, e veder segnalati, ancora gli stessi problemi.
Licia:
@Isabella, nel caso di software destinato al grande pubblico, ci si trova spesso a dover fare scelte terminologiche quando il concetto che si sta introducendo non è ancora conosciuto in Italia o lo è solo tra i cosiddetti early adopter o tra utenti molto tecnici che non sempre rappresentano l’utente tipico (immagino che quando Microsoft ha scelto come tradurre “click“, negli anni ’80, fossero pochi quelli che in Italia avevano preso in mano un mouse!).
In questi casi si esaminano le scelte possibili e a volte si deve cercare di indovinare quale sarà il termine che prenderà effettivamente piede, basandosi su terminologia simile, scelte precedenti, coerenza con la terminologia già esistente, ecc. La maggior parte delle volte ci si azzecca e il termine proposto diventa lo standard, altre invece un termine alternativo si impone attraverso altre vie e in questi casi ci vorrebbe proprio la sfera di cristallo ;-).
Per quel che riguarda l’italiano, comunque, a parte qualche eccezione si può notare che per il momento la terminologia Microsoft è di fatto lo standard del mercato, a differenza di altri paesi dove ci sono invece le differenze sono molte e vistose.