Un calco molto diffuso negli ultimi anni, specialmente in ambito software, è metriche, dall’inglese metrics, un esempio di transcategorizzazione (passaggio di una parola da una categoria grammaticale a un’altra: qui da aggettivo a sostantivo). Descrive un insieme di indicatori che consentono di misurare quantitativamente qualcosa che invece di solito è valutato qualitativamente, come ad esempio l’efficienza di un processo, la produttività di persone o la qualità di un servizio.
Anche se inizialmente poteva trattarsi di un falso amico, direi che ora metriche vada considerato come un neologismo tecnico perché è ormai molto diffuso. I dizionari italiani, anche le versioni più recenti, non registrano però questa accezione: per il sostantivo metrica sono riportati solo il significato linguistico e quelli matematico e tipografico, molto specifici. Esempio: Vocabolario Treccani.
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Luigi Muzii:
Mi sembra qualcosa di più, e di meno, di un semplice calco, visto che “metrics” non risulta attestato nell’OED e nel Webster, mentre il singolare porta la stessa accezione dell’italiano, almeno stando al Treccani. Certo, ci vorrebbe qualche ricerca in più…
L’uso tipicamente ingegneristico al plurale credo si possa considerare un neologismo anche in inglese, ma io non sono un esperto.
.mau.:
Guarda, piuttosto che sentire “cruscotto” va benissimo metrica 🙂
Licia:
@ Luigi Muzii: recentemente una lessicografa di un importante dizionario italiano mi ha confermato che i neologismi semantici a volte “sfuggono” e non sempre vengono registrati con la prontezza con cui invece vengono recepiti i neologismi lessicali. Immagino sia la stessa cosa per l’inglese (a questo proposito, interessante The Corpus and the dictionary per alcuni dettagli su come viene usato l’Oxford English Corpus per “uncover facts about the language which are not new, but which have simply not been noticed before”, pur tenendo conto dei limiti dell’uso dei corpora).
Per tornare a metrics, WordNet ha questa definizione per il sostantivo metric (sinonimo di system of measurement): “a system of related measures that facilitates the quantification of some particular characteristic”. Molto efficace la rappresentazione grafica in Visuwords.
Interessante anche dare un’occhiata a wordnik: gli esempi riportati per metrics fanno riferimento proprio al concetto descritto in questo post; le statistiche confermano che è un termine abbastanza recente.
Sia in inglese che in italiano il sostantivo nella sua nuova accezione viene usato principalmente al plurale, cfr. ad esempio Oxford English Dictionaries alla voce metric (noun):
@ .mau., qualcuno ha usato la traduzione metrics = cruscotto oltre al famigerato dashboard = cruscotto??!!
Luigi Muzii:
La lessicografa di cui sopra doveva riferirsi, evidentemente, solo al caso italiano e alle sue pubblicazioni sui neologismi, dal momento che l’OED ha annunciato, più di un anno fa, l’abbandono della pratica tradizionale, a favore di una maggiormente volta alla dinamica delle lingue. Peraltro il corpus citato è piuttosto ristretto per essere generalista e decisamente ampio per essere specialistico. Che abbia ragione David Crystal?
L’uso specifico andrebbe riconosciuto come tale, piaccia o meno e documentato: è quello, almeno così mi hanno insegnato, il compito del terminografo, non quello di normalizzatore. Questo, di solito, è riservato ad altri ambiti che, a causa delle complesse procedure, sono e saranno sempre sicuramente in ritardo, malgrado gli sforzi, basti pensare alle norme sulla terminologia della terminologia.
Metrics si può intendere, quindi, come un collettivo, declinato, insolitamente, al plurale a indicare proprio un insieme di sistemi di misura e di strumenti di misurazione.
Per dashboard vale lo stesso: l’uso originale determina l’uso nella lingua di destinazione e la scelta e l’affermazione di un equivalente invece di un altro. Quel che conta, anche qui secondo le oramai lontane reminiscenze di Felber, è la permanenza delle altre due corrispondenze, oltre quella linguistica, funzionale e concettuale.
Il resto, è questione di mode, come queste destinato a passare, spesso senza lasciare traccia.
Torno sempre sul “click” e “incorrect” come esempio perfetto: “fare clic” non l’ha di fatto mai usato nessuno, liberamente; il cliccare si è imposto come era naturale che fosse; “incorretto” è attestato, ma suona scorretto a tutti quelli che usano “piuttosto che” al posto di “oppure”, “ovvero” come “cioè” ecc.
Su una cosa non si può contraddire De Benedetti: Giovanni Nencioni sosteneva che il dinamismo di una lingua viva sconfiggerà sempre quelli che vogliono imbrigliarla.
Licia:
@Luigi Muzii: temo di non essere riuscita a cogliere il senso del suo intervento.
A proposito, questo blog viene seguito anche da chi non opera in ambito linguistico e quindi sarebbe cortese evitare riferimenti che possono risultare oscuri penso anche agli addetti ai lavori (David Crystal, ad esempio, ha al suo attivo centinaia di pubblicazioni: impossibile capire su cosa gli si debba dare ragione).
diego visinoni:
la semantica e’ in continua evoluzione-spesso e volentieri quando andavo a scuola , usavamo questo concetto per significare:analisi delle dimensioni cognitive/percettive etc.di una comunita’-stato e via discorrendo rispetto ad altre oppure nel campo sistemico della cultura(socio-economica-giurisprudenziale etc.).Dimensioni sia quantitative che qualitative).Ma anche di peggio-roba da manicomio.Penso che il concetto meriti meno limitazioni sui vocabolari semmai ve ne fossero.